Getting smarter together: esempi e buone pratiche di partecipazione in biblioteca
Sistema Bibliotecario Milano; emma.catiri@comune.milano.it
Per tutti i siti web l’ultima consultazione è stata effettuata il 9 maggio 2016.
Abstract
Viviamo nel tempo della sharing economy, dei social network e delle community online; immersi nella rete, utilizziamo e produciamo costantemente contenuti web. Quale ruolo si prospetta per la biblioteca pubblica e quali cambiamenti sono in atto per rispondere ai nuovi bisogni informativi e sociali degli utenti? Profilazione dell’utenza, analisi dei flussi di consumo, design thinking: concetti che stanno portando all’affermazione di una nuova corrente di pensiero che sposta l’attenzione dalle collezioni e dagli spazi fisici all’interazione biblioteca-utente e tra gli utenti stessi.
Con il termine user-centered library si intende l’approccio biblioteconomico che vede nell’utente non solo il destinatario di un servizio e il fruitore di risorse, bensì un vero e proprio nodo nella rete della creazione e condivisione di conoscenza. Si profila all’orizzonte la nascita di una nuova generazione di super user nelle cui mani la biblioteca deposita collezioni e spazi affinché siano utilizzati in maniera innovativa e la conoscenza creata sia condivisa nuovamente con altri utenti. Il super utente può mettere a disposizione tempo, competenze, un punto di vista esterno, connessioni.
Il contributo è frutto di un’esperienza di tirocinio in nord Europa nella quale l’autrice si è confrontata con realtà che hanno puntato alla creazione di biblioteche pubbliche proattive sulla base di concetti quali la partecipatory culture, la making culture e la playfulness con l’obiettivo di: comprendere maggiormente i bisogni informativi e le modalità di lettura e ricerca degli utenti; differenziare l’utilizzo delle collezioni, rafforzare la cooperazione e la co-creazione dei servizi. Le problematiche principali sono: la necessità di regole condivise, controllo di qualità sull’informazione, rischio di progetti temporanei senza memoria, cambiamento radicale dell’operatività interna, nell’interazione con l’utenza e nell’organizzazione dei servizi. Quale ruolo quindi per la biblioteca pubblica? Generare curiosità creando un contesto di ricerca e rappresentare un punto di accesso all’informazione su un doppio canale: fornendo conoscenza strutturata e favorendone la creazione e la condivisione.
English abstract
In the age of the sharing economy, social networks and online communities, we daily use web contents while creating and sharing new ones. What is the role of public libraries in this context? What kind of changes are taking place in order to answer to new information and social needs? Customers’ analysis, profiling activities, design thinking are central concepts in this new golden way for public libraries, based more on user’s experiences and interactions between library and its users than on books collections and physical spaces.
User-Centered Libraries focus on the user not only as target of a service, but also as a hub in the process of creating and sharing knowledge. A new kind of user, the super-user, could actually become in charge of using library’s spaces and collections in innovative ways. The idea of public libraries as places for participation and knowledge sharing is finally rising. This super-user can make available for its community: time, skills, an external point of view and networks. This article is an outcome of an internship in Northern Europe in which time the author studied proactive libraries where participatory culture, making culture, and playfulness are part of daily activities.
As librarians, we need to understand both citizens’ information needs and their reading and research practices; furthermore, we have to diversify their use of library’s collections and to facilitate their collaboration for new and better services. Some rules and specific tools should be set for these processes: the main risk dwells in getting start to many short-period projects not leading to specific new services. Besides, one of the main challenges could be the deep change required at the organizational level in public libraries and in what concern the librarians’ daily work.
In the end, we could say public libraries are walking on a new and unknown path, which will lead them toward a new role to play in the contemporary society: promote people’ curiosity and creativity by setting a research context; represent an access point to information, both to structured knowledge and to new and user-made one.
Qualcosa sta cambiando
Quando si parla di Internet una delle citazioni più note e diffuse è probabilmente quella con cui Mitchell Kapor, tra i primi imprenditori e pionieri dell’industria informatica, descrive ancora agli albori della sua carriera le potenzialità e al contempo le criticità della rete: «Getting information off the Internet is like taking a drink from a fire hydrant». Le parole di Kapor mettono in evidenza un paradosso dovuto ad una caratteristica intrinseca di Internet: l’enorme mole di informazioni disponibili è ciò che rende la rete così importante e potente, ma allo stesso tempo così difficile da utilizzare senza gli strumenti adeguati.
Nonostante questo paradosso sia verificabile nella maggioranza delle attività che svolgiamo quotidianamente sul web – in particolare se ci riferiamo alla ricerca di informazioni corrette, accurate e verificate – sempre di più la produzione e la ricerca di informazioni avvengono in rete e si può immaginare che questo fenomeno non possa che aumentare e rafforzarsi nel prossimo futuro. A tal proposito può essere significativo notare che, se da un lato le Nazioni Unite hanno dichiarato l’accesso alla rete uno dei diritti umani fondamentali, dall’altro ancora a oggi porzioni significanti della popolazione europea non hanno una connessione privata a Internet e rimangono dunque escluse dal flusso informativo online. Se poi ci spostiamo ad analizzare la quantità di informazioni pubblicate in formato analogico su scala mondiale, si noterà che anch’essa è in continuo aumento, come dimostra il monitoraggio che ne fa periodicamente l’Unesco, che tra l’altro individua nel numero e nella tipologia di libri pubblicati ogni anno un indice del livello di educazione, qualità di vita e sviluppo di un determinato paese. Questa crescita iperbolica della produzione e diffusione di informazioni e pubblicazioni e allo stesso tempo la non disponibilità per tutti degli strumenti di ricerca e consultazione è il contesto di riferimento in cui operano le biblioteche oggi. In linea generale esse offrono gratuitamente e per tutti servizi e strumenti di accesso all’informazione e per questo motivo oggi sono più importanti che mai: il loro ruolo è significativo e strategico nella società contemporanea.
In questo panorama le biblioteche sono allo stesso tempo a rischio, perché la pressione che ricevono per svolgere questo compito è in costante aumento, mentre le risorse a disposizione sono, tendenzialmente, in continuo calo. Come spiega John Palfrey nella sua ultima pubblicazione:
Libraries are at risk because we have forgotten how essential they are. In the era of Google and Amazon, those with means can access information with greater ease and speed than ever before. As a consequence, in cities and towns across the world the same debate rages each year when budget time rolls around: What’s the purpose of a library in a digital age? Put more harshly, why should we spend tax dollars, in tough economic times, on a library when our readers can instantly get so much of what they need and want from the Internet? As the bulk of funding for police, fire departments, and schools - all necessary services - has become the responsibility of state and local governments, municipal leaders have been forced to ask a question that library supporters aren’t prepared to answer: are libraries necessary?
Le biblioteche sono ancora necessarie? L’interrogativo posto da Palfrey è piuttosto ampio e ambizioso, ma può essere articolato in quesiti più specifici che aiutino a definire e comprendere il panorama in cui la biblioteca è portata ad operare oggi. Ad esempio: qual è il contesto informativo dell’utente oggi? Quale ruolo giocano le collezioni della biblioteca? Quale tipo di esperienza unica fornisce oggi la biblioteca? E in definitiva: a quali problemi della società contemporanea la biblioteca è ancora la risposta? Nonostante la riduzione generale di investimenti per il loro sviluppo e potenziamento, le biblioteche non stanno certamente scomparendo. Ciò è dimostrato dai nuovi edifici costruiti ogni anno a questo scopo in tutto il mondo e dagli investimenti in termini di risorse economiche posti in atto a salvaguardia, sostegno e sviluppo di questi istituti culturali nonostante il globale contesto di crisi. In aggiunta al compito di mediazione all’interno della moderna società dell’informazione, le biblioteche sono importanti luoghi e spazi di aggregazione sociale. Come notava già alcuni anni fa Ragnar Audunson del Journalism, Library and Information Studies Department dell’Università di Oslo all’interno di una ricerca sull’impatto sociale della biblioteca: «Libraries are low intensive meeting places and creators of social capital and trust». Il valore aggiunto operato dalle biblioteche e dai bibliotecari in questo panorama è proprio quello di facilitare la lettura e la comprensione del contesto in cui viviamo:
Perhaps it’s time to coin a new term to use in a seamless computing environment. Rather than “connect” or be “connected,” people will “context” or be “contexted.” In an infosphere that continues to get larger and more diverse, context will be ever more important. [...] the people and institutions that acted as guides to content disappeared into a virtual world and have not been replaced in any meaningful way. Librarians have always excelled at providing context.
È importante che la biblioteca sia il luogo di accesso alla conoscenza, ma anche e soprattutto il luogo dove la conoscenza viene assorbita, trasformata, riutilizzata; la lettura e l’apprendimento sono infatti una competenza cruciale nella crescita e nell’affermazione dell’individuo nella società. Le biblioteche dunque rispondono ancora alle necessità di apprendimento delle persone, ma poiché i bisogni e il contesto cambiano anche le biblioteche devono trovare nuove soluzioni e nuove strategie. Ogni cambiamento porta con sé in ugual modo sfide e opportunità; seppur in modi diversi entrambe hanno la caratteristica intrinseca di non accumularsi e per questo motivo devono essere affrontate e colte nel momento in cui si propongono. Il nuovo contesto è fatto di infinite nuove opportunità, ma al contempo di carenza di risorse, costante e imprevedibile evoluzione dei media, crescita e differenziazione di nuovi e inaspettati bisogni.
I comportamenti e le abitudini delle persone evolvono insieme al contesto sociale e tecnologico in cui esse sono immerse e una direzione che le biblioteche possono intraprendere per continuare ad esserne parte è quella di riconfigurarsi attraverso una migliore comprensione dei bisogni informativi e un maggiore coinvolgimento degli utenti. Reinventare la biblioteca oggi significa ripensarne i servizi e le modalità di erogazione, le professionalità coinvolte, entrare in contatto con nuovi partner e instaurare nuove alleanze e al contempo mettersi alla ricerca di metodi alternativi di finanziamento rispetto ai canali più tradizionali o istituzionali.
Fondamentale all’interno di questa analisi il totale ribaltamento di prospettiva proposto dal vice presidente di OCLC Lorcan Dempsey in una delle sue più note affermazioni in merito al processo di ripensamento della biblioteca, secondo cui è importante rivedere i servizi bibliotecari all’interno dei flussi della vita quotidiana degli utenti. Uno dei primissimi esperimenti in tale direzione fu quello realizzato a Londra con gli Idea Store, posizionati in luoghi strategici della zona di Tower Hamlets (vicino a scuole, mercati, supermercati, fermate della metropolitana), studiati per permettere l’accesso gratuito a Internet per le fasce più deboli dei residenti e divenuti poi indispensabili grazie ad attività di forte impatto sulle necessità dei cittadini quali corsi di lingua e di informatica.
In parallelo e più di recente si sviluppa e si afferma in ambito commerciale e manageriale l’approccio usercentered, adottato per disegnare prodotti e ripensare servizi tenendo il punto di vista e i bisogni del cliente/utente come punto di partenza e di riferimento. Mettersi nei panni di qualcun altro è probabilmente una delle operazioni più difficili che si possano tentare, ma una volta superate le difficoltà e abbandonati i pregiudizi può rivelarsi estremamente utile e anche divertente. Per vedere le cose da una diversa prospettiva è necessario spostarsi, abbandonare il terreno noto su cui abbiamo costruito le nostre certezze e trovare nuovi strumenti per guardare la realtà. Ascoltare la voce di chi utilizza quotidianamente un servizio non è facile perché significa per chi lo offre mettersi sotto una lente di ingrandimento e sottoporsi a valutazione, con il rischio di ricevere critiche e osservazioni scomode. L’altra faccia della medaglia è invece fatta di consigli e suggerimenti da cui trarre ispirazione per migliorare il servizio in modo che sia maggiormente orientato all’utente. Applicare un modello user-centered prevede di considerare le abitudini e i bisogni dell’utente per organizzare il servizio in modo più funzionale e più semplice per chi lo utilizza, a partire dallo sforzo di comprendere chi è l’utente e cosa sta cercando di realizzare. D’altra parte non si può parlare di innovazione se il servizio non viene cambiato in meglio e se viene cambiato per chi lo eroga e non per chi lo utilizza.
Declinato al mondo delle biblioteche questo approccio conduce alla vera e propria sfida di cambiare modalità di osservazione e valutazione degli spazi e dei servizi e dunque di ripensare l’intero sistema biblioteca – le sue collezioni, il suo funzionamento, le sue attività – in collaborazione con chi la utilizza. L’utente e le sue possibilità di accedere all’informazione rimangono l’obiettivo principale, ma possono diventare a loro volta una risorsa per la biblioteca.
La biblioteca dei sogni
Per quanto riguarda il panorama bibliotecario l’utilizzo di pratiche di coinvolgimento degli utenti viene sperimentato originariamente in area statunitense, ma le esperienze di quella che è oramai nota come biblioteca partecipata si stanno moltiplicando anche in Europa e qui prevalentemente in area scandinava. Volendo dare un quadro di sintesi da cui sviluppare il tema, si può innanzitutto osservare come la progettazione partecipata di spazi e servizi venga realizzata principalmente in due direzioni: da un lato in funzione di individuare i bisogni della comunità di riferimento con l’obiettivo di implementare e migliorare il servizio, dall’altro per sperimentare processi di co-creazione con i cittadini del servizio e delle biblioteche. Oggi infatti le biblioteche pubbliche hanno la possibilità di creare nuove e dinamiche relazioni con soggetti esterni al fine di:
- stabilire fondamenta solide di credibilità per il servizio bibliotecario adattandosi ai cambiamenti dei bisogni e delle aspettative degli utenti;
- creare innovazione e qualità nei servizi della biblioteca, nella loro comunicazione e nella progettazione degli spazi dove il servizio viene erogato;
- attirare nuovi utenti e dunque allargare la rete e aumentare le connessioni all’interno della comunità di riferimento.
Per ognuno di questi ambiti possono essere utilizzati strumenti diversi e si possono sviluppare differenti tecniche e livelli di partecipazione. Partendo dal presupposto di voler avviare esperienze di coinvolgimento e partecipazione, in una fase preliminare gli elementi da prendere in considerazione saranno il contesto, gli obiettivi generali, i partner coinvolti e le risorse a disposizione. Ciascuno di questi elementi è determinante e le sue caratteristiche partecipano alla definizione della base su cui sviluppare le azioni partecipative. Come ben sappiamo non tutte le biblioteche sono uguali, non tutte si indirizzano alla stessa tipologia di utenti, anzi possono divergere sostanzialmente in quanto a risorse a disposizione e comunità di riferimento. Se il concetto generale di operare in un’ottica partecipativa può essere applicato a qualunque tipologia di biblioteca, necessariamente verrà scelta a seconda del caso specifico una strada differente per realizzarlo. Si tratta in altri termini di cucire un vestito su misura.
In linea generale con il termine user involvement si intendono tutte le azioni messe in atto dalla biblioteca al fine di coinvolgere gli utenti nel processo di definizione di funzioni che la caratterizzano; funzioni che possono spaziare dalla valutazione allo sviluppo dell’offerta documentaria e informativa, all’organizzazione delle attività collaterali come eventi e manifestazioni, alla disposizione interna degli spazi e degli arredi. L’ampio ventaglio di possibilità di sperimentazione mantiene al suo interno almeno tre obiettivi strategici: l’introduzione di un cambiamento organizzativo in biblioteca, l’attivazione della comunità di utenti, la stimolazione di processi di condivisione della conoscenza.
Per quanto concerne gli attrezzi del mestiere, una grande varietà di strumenti sono usati per raccogliere informazioni in merito alle abitudini degli utenti e alle loro aspettative. Tra i più rilevanti si posizionano le touchpoints interview: interviste brevi, semplici e orientate a specifici problemi, nelle quali si lascia che l’utente racconti la propria storia riguardo l’utilizzo della biblioteca, magari con il supporto di testi e fotografie. Altri strumenti più orientati al dialogo sono i workshop noti come village square o world café, attraverso i quali gli utenti e i bibliotecari si incontrano per discutere idee e progetti di sviluppo della biblioteca. La user-driven innovation rappresenta invece un utilizzo più radicale dell’esperienza dell’utente. In questo caso infatti a utenti selezionati viene data l’opportunità di sviluppare nella pratica un nuovo prodotto o servizio. Questa esperienza può essere realizzata ad esempio grazie al coinvolgimento in contemporanea di utenti forti e nuovi utenti in merito a determinate problematiche o specifici segmenti delle collezioni, dove gli utenti stessi possono ricoprire il ruolo di esperti ed innovatori.
Si parla invece di user takeover quando la biblioteca mette nelle mani degli utenti un’attività o uno spazio e avviene sulla base di un accordo a priori in merito agli obiettivi specifici del progetto e alle responsabilità ad esso connesse. Esempi realizzati con ottimi risultati sono gli homework café, in cui volontari aiutano bambini e ragazzi con i compiti o adulti che seguono corsi di lingua, o lezioni di internet technology da parte di utenti esperti verso altri cittadini con difficoltà nel campo delle nuove tecnologie. Altre soluzioni prevedono ad esempio di far spazio ad associazioni o gruppi locali per la realizzazione di attività completamente gestite dagli utenti negli spazi della biblioteca: può trattarsi di eventi estemporanei come riunioni o esposizioni, ma può anche darsi il caso di spazi lasciati in gestione per tempi più lunghi per progetti specifici. Un caso interessante di commistione tra servizio pubblico e imprenditorialità si vede nei casi in cui viene data la possibilità a giovani imprenditori di presentare i loro prodotti al pubblico prima del lancio ufficiale sul mercato. In questo modo le connessioni all’interno della comunità vengono rinforzate e nuovi gruppi di utenti vengono coinvolti. Se il dato di partenza secondo cui il contesto di riferimento è caratterizzato da una società dell’informazione in forte e continua espansione è vero, il ruolo giocato dalla biblioteca nel fornire strumenti di connessione con la conoscenza creata a livello locale diventa strategico. È importante notare infatti come la dimensione globale non sia l’unica a essere vissuta nel quotidiano, ma anzi come i contatti diretti svolgano un ruolo fondamentale nell’accesso alle informazioni. Per questo motivo la biblioteca non solo è nodo di connessione e orientamento nella massa di informazioni prodotte su scala mondiale, ma è anche e soprattutto luogo di scambio e condivisione di esperienze e conoscenza. A tale scopo è necessario che la comunità si senta responsabile e partecipe.
Alla base delle azioni sopra descritte risiede un modello di progettazione noto come design thinking, affermatosi alla fine del secolo scorso per lo sviluppo di prodotti innovativi in ambito commerciale ed educativo, ma che ha avuto nell’ultimo decennio anche frequenti utilizzi nel campo dell’innovazione dei servizi al pubblico. Tim Brown, presidente e CEO di IDEO – società leader mondiale di progettazione – lo definisce «a human-centered approach to innovation that draws from the designer’s toolkit to integrate the needs of people, the possibilities of technology, and the requirements for business success». Il design thinking è un approccio creativo, un insieme di passaggi che aiutano nella definizione di soluzioni significative nella creazione di un prodotto o un servizio alla cui base l’innovazione è pensata come l’intersezione tra il bisogno dal punto di vista umano, la fattibilità economica e la realizzabilità tecnologica. L’intero processo parte dallo stabilire i bisogni delle persone coinvolte e si snoda poi su tre assi principali: l’ideazione, l’ispirazione e l’iterazione. È pensato come un ciclo, che una volta concluso riparta nuovamente dalla sua valutazione. Si tratta di un approccio altamente sperimentale che punta a sviluppare in chi lo utilizza un buon livello di confidenza con la creatività e l’orientamento al problem-solving. A partire da precedenti esperienze e con il supporto e grazie all’esperienza delle biblioteche di Aarhus in Danimarca e di Chicago negli Stati Uniti è stato pubblicato e diffuso nel 2015 il Design thinking for libraries toolkit, uno strumento di lavoro espressamente pensato per l’introduzione in biblioteca di processi di innovazione e progettazione a partire dal punto di vista degli utenti.
Uno sguardo a nord
Nel panorama europeo le realtà che maggiormente si sono spinte nell’utilizzo di questa metodologia si posizionano in area scandinava. In riferimento a progetti su grande scala, due realtà in cui sono stati sperimentati processi di partecipazione con i cittadini per la definizione di nuovi spazi per la biblioteca pubblica e nuovi servizi al loro interno sono ad esempio la Helsinki Central Library in Finlandia e la Main Library di Aarhus in Danimarca, altrimenti nota come Dokk1, nonostante con questo termine si intenda più propriamente l’edificio in cui si trova la biblioteca, in una struttura che ospita anche servizi al cittadino, servizi per turisti e uffici per l’imprenditoria privata.
Per quanto riguarda la nuova biblioteca centrale di Helsinki i lavori di costruzione sono partiti a settembre 2015 e ne è prevista la conclusione per il 2017, anno in cui il paese celebrerà il centenario della sua indipendenza. Innanzitutto va sottolineato che la nuova biblioteca non intende sostituire la biblioteca centrale della città, ma è stata pensata come una grande branch library, in modo da creare un grande spazio pubblico a disposizione delle persone piuttosto che della collezione di libri. Si tratta ad esempio di uno dei temi emersi dalla consultazione pubblica avviata nel 2013 e rivolta, data la portata del progetto, a tutta la cittadinanza. La biblioteca sarà uno spazio multidimensionale e multifunzionale, che ospiterà sotto lo stesso tetto spazi di relax e lettura, spazi per imparare ed utilizzare le nuove tecnologie, spazi per workshop e interazione di gruppo, spazi per l’esibizione di musica e spettacoli, bar e ristorante, attrattive turistiche, oltre alle collezioni fisiche e agli strumenti di accesso alle collezioni digitali. La definizione di questi spazi si basa sugli esiti della campagna di cooperazione tra bibliotecari, utenti e partner a partire dal presupposto che i bisogni e i desideri dei cittadini siano più forti e rilevanti della penna degli architetti nel pensare e progettare uno spazio pubblico.
There are two sides to interaction with the city residents. On one hand, this is about a new kind of development work: user-oriented innovation and co-creation. On the other hand, there is a desire to improve participatory democracy and the opportunities of the city residents to participate and make a difference, and to open up the decision-making processes.
La campagna di coinvolgimento dei cittadini si è sviluppata sull’arco di un anno, sia online che on-site e ciò è stato possibile anche grazie alla partecipazione di tutti i settori dell’amministrazione pubblica e alla creazione di partnership con soggetti privati interessati alla costruzione e all’utilizzo di un nuovo e innovativo spazio pubblico. Helsinki è famosa per essere la città delle start-up, per questo motivo ad esempio è stata una scelta quasi obbligata quella di sollecitare la partecipazione di menti indirizzate all’innovazione e tendenzialmente giovani nella definizione del livello di tecnologia desiderato all’interno del nuovo edificio pubblico. Il processo si è snodato su tre fasi principali (analysis, concept, implementation) e la campagna di raccolta delle idee è stata modulata su diversi progetti. Innanzitutto la Dream! Campaign, con la quale i cittadini sono stati invitati a condividere i loro sogni riguardo la nuova biblioteca, raggiungendo un totale di circa 2.300 sogni condivisi, ancora oggi leggibili sul web. In parallelo è stato attivato un processo di budget partecipativo, sono stati avviati tavoli di discussione con target specifici, è stato possibile vedere e votare i progetti architettonici in gara, sono stati realizzati momenti di confronto con gli utenti di tutte le biblioteche della città in merito al funzionamento e all’organizzazione generale del servizio e, infine, il progetto è stato portato all’attenzione generale grazie a eventi interattivi aperti a tutti in diversi luoghi, sia centrali che periferici. Il lavoro a livello manageriale è stato quello di pensare e attivare i diversi canali di raccolta delle idee, di dedurne una visione unica e degli obiettivi specifici, di confrontarli con il contesto tradizionale del servizio bibliotecario e con le suggestioni raccolte invece tra il personale. Due scelte strategiche hanno permesso la buona riuscita del progetto: da un lato la costante comunicazione di ciò che stava accadendo, dall’altro l’individuazione di tre sogni dei cittadini tra quelli più piaciuti e più ricorrenti che sono stati testati come progetti pilota nell’attuale biblioteca centrale della città. Si tratta in particolare della possibilità di organizzare compleanni per bambini sul tema del libro e della lettura in biblioteca, di avere una zona di tranquillità – cosiddetta suvanto, dal termine finlandese usato per descrivere quei luoghi in cui la corrente marina si calma prima di giungere a riva – e di avere spazi adibiti a makerspace e personale a disposizione per chiunque voglia imparare ad utilizzare macchinari per la programmazione e l’autoproduzione. La realizzazione di questi progetti pilota, tutt’oggi in corso, sta permettendo al personale di confrontarsi con nuove realtà e nuovi servizi a disposizione dell’utente e allo stesso tempo di testarne l’effettiva validità prima che vengano riproposti su grande scala all’interno del nuovo edificio. Sulla stessa linea d’onda si posiziona anche la scelta operata dalla biblioteca centrale di Aarhus di mettere a disposizione dei cittadini, delle associazioni, dei partner con cui sono attivate collaborazioni uno spazio adibito all’innovazione, in modo da mantenere costante l’attenzione sui cambiamenti in atto e in modo da rendere gli utenti partecipi del processo. Nella nuova sede all’interno del Dokk1 questo spazio, già presente in quanto prototipo nell’edificio precedente, è stato chiamato Transformation Lab ed è in carico direttamente al team che si occupa del coinvolgimento degli utenti e della creazione di partnership con soggetti privati, pubblici e no profit della comunità. L’idea che sta alla base è quella che la biblioteca è un organismo in continua evoluzione proprio grazie alle diverse connessioni e interazioni che avvengono al suo interno e chiunque voglia farne parte è invitato a condividere la propria conoscenza e la propria idea di biblioteca con gli altri utenti.
Un modello, diverse realizzazioni
Un esempio di progettazione partecipata su scala decisamente più ridotta è quello realizzato dalle biblioteche pubbliche del Vesthimmerland, provincia della Danimarca nord-occidentale. Si tratta di quattro biblioteche distribuite su quattro diversi comuni che servono nel totale una comunità di circa 50.000 abitanti. Dopo la pubblicazione nel 2010 del modello danese cosiddetto ”dei quattro spazi” per la biblioteca pubblica, il responsabile delle quattro biblioteche ha deciso di ispirarsi ad esso per rivedere il ruolo delle biblioteche all’interno dei servizi al cittadino forniti su base provinciale. La prima fase è durata circa due anni e ha interessato l’aspetto tecnologico delle quattro sedi, puntando al raggiungimento di un alto livello di automazione e di offerta di servizi self-service, che ha significato maggiore facilità di accesso e di utilizzo delle strutture e delle collezioni da parte degli utenti. Questo investimento iniziale si è rivelato strategico, in quanto ha permesso una decisa riduzione del carico di lavoro degli staff nella gestione dei flussi di lavoro legati ai documenti fisici e alle operazioni di prestito e restituzione, in direzione invece di più tempo a disposizione per la fase successiva. Il secondo passo è stato infatti stabilire quale direzione intraprendere per il rinnovamento e con quali strumenti, sempre traendo ispirazione dal modello dei quattro spazi e tenendo come riferimento il programma nazionale per le biblioteche pubbliche. La decisione di fondo è stata quella di scegliere una biblioteca come progetto pilota (la scelta è ricaduta sulla biblioteca di Aars) e di dare vita a un processo di tipo bottom-up, grazie al quale tutto il personale fosse coinvolto in ogni fase del processo. Al termine di un anno di riunioni e workshop – durante i quali sono stati analizzati gli spazi, il loro utilizzo e la loro funzionalità – e si è giunti alla stesura di una lista di circa 300 nuove idee, tra cui sono state scelte collegialmente le più rilevanti e condivise, creando un obiettivo comune a partire dal quale operare: «We want to make a locally based library, where we in co-creation with the citizens make space for them to let their imagination run free». In parallelo al lavoro fatto sulle idee dei bibliotecari è stata portata avanti un’azione di coinvolgimento degli utenti della biblioteca, ma anche di quei cittadini che per motivi diversi non avevano mai messo piede in biblioteca. Sono stati istituiti in tutte le sedi e in alcuni luoghi pubblici dei momenti di confronto aperto tra utenti e bibliotecari, basati sull’individuazione delle criticità presenti e sui desideri di innovazione e miglioramento. Attraverso questionari, interviste individuali, riunioni con gruppi omogenei ed eterogenei di utenti, momenti di dialogo informale con le famiglie, laboratori con le classi delle scuole e un momento conclusivo di condivisione sono state raccolte le opinioni degli utenti e a tutti i cittadini è stata data la possibilità di esporre il proprio parere o commentare le idee proposte da altri. È importante notare che non si tratta di una votazione per un’elezione o di un concorso a premi: lo spirito con cui viene fatta la consultazione è quello di massima apertura agli stimoli provenienti dai cittadini, nell’ottica per la quale ogni punto di vista, se motivato, ha un suo valore. Per questo è fondamentale strutturare un percorso di coinvolgimento con dei contorni delineati in quanto a durata, risorse impegnate, strumenti da utilizzare, in modo da avere la possibilità di raccogliere opinioni da soggetti diversi e con modalità diverse, ma sempre tenendo una direzione generale del processo. Una fase che può risultare delicata è quella del confronto tra le idee emerse dal lavoro interno al personale e i bisogni che invece emergono dai cittadini: si tratta di individuare dei trend generali, delle necessità comuni e di farne una sintesi. Altro elemento forte dell’esempio della biblioteca di Aars la scelta di documentare l’intero processo e renderlo visibile al pubblico sia online e utilizzando i canali social istituzionali, sia con uno spazio fisico appositamente adibito in biblioteca, a cui chiunque avesse accesso per partecipare anche in modo estemporaneo e autonomo.
Il rinnovamento si è poi sviluppato in due direzioni: in prima battuta è stato operato un cambiamento organizzativo dei flussi di lavoro interni, successivamente si è lavorato per realizzare nel concreto le idee di rinnovamento emerse dalla fase di consultazione. Per la biblioteca di Aars il 2015 è stato l’anno del progetto Hack your library, in cui la sfida principale è stata rendere reali le aspettative degli utenti e i propositi del personale pur non avendo a disposizione un budget milionario. Si è rivelato fondamentale il finanziamento dell’agenzia nazionale per la cultura, che ha garantito un appoggio economico per l’avvio del progetto, permettendo di mantenere dei buoni livelli qualitativi seppure con un budget ridotto. Questo presupposto, che a prima vista potrebbe sembrare solo un ostacolo, si è invece rivelato un’opportunità in quanto ha reso necessario un ragionamento su quali possibilità esistessero sul territorio per mantenere questo equilibrio tre qualità e prezzo e quali collaborazioni potessero essere messe in atto per realizzarlo.
I nuovi obiettivi sono diventati il riciclo, il riutilizzo, il riadattamento funzionale in co-creazione con partner competenti al di fuori della biblioteca. Sono state necessarie le competenze progettuali di una designer e dei docenti di un istituto tecnico, in aggiunta alle risorse manuali degli studenti di corsi di fabbricazione tessile e di arredi. È stato aggiunto inoltre un aspetto sociale grazie al coinvolgimento di cittadini inoccupati, che in Danimarca percepiscono un reddito a fronte dello svolgimento di lavori socialmente utili. Si può ben vedere come il progetto sia a questo punto sorretto da una rete di relazioni che si diramano a partire dalla biblioteca, ma che connettono inoltre gli utenti tra loro. Il processo di rinnovamento della biblioteca è durato circa un anno, durante il quale i servizi non sono stati interrotti e i cittadini hanno potuto osservare e commentare quotidianamente l’avanzamento dei lavori.
Il modello di riferimento è stato realizzato in locale attraverso la creazione di cinque spazi chiave all’interno della biblioteca: l’ingresso, le collezioni e gli spazi di lettura, la piazza comune, la zona delle famiglie, lo spazio per i giovani e per le attività di laboratorio, l’area di studio e di accesso a Internet tramite postazioni fisse, la zona dedicata al gioco. Per la progettazione di ognuno sono state utilizzate le idee e i desideri degli utenti in aggiunta alla riflessioni del personale, realizzandone una sintesi e un adattamento alle reali possibilità. In fase di valutazione del progetto è emerso come la scalabilità, la riproducibilità in futuro e la creazione di reti locali sul territorio siano stati dei grandi punti di forza, mentre la gestione di tanti soggetti in contemporanea e il conseguente caos e sensazione di non avere il processo sotto controllo hanno rappresentato le principali difficoltà. Ciononostante il processo si è concluso e a circa sei mesi dalla chiusura dei lavori il numero dei visitatori è aumentato circa dell’8% – di cui una parte sono nuovi utenti – che in linea generale si fermano per più tempo all’interno della biblioteca e il grado di soddisfazione dell’utenza a un primo giro di riscontri è molto alto. Ciò che è maggiormente apprezzato è il nuovo senso di comunità offerto dalla biblioteca, sia grazie agli spazi rinnovati, sia grazie alla possibilità che questi spazi danno di svolgere attività prima difficilmente realizzabili.
Criticità e opportunità di sviluppo
A marzo 2015 si è svolto a Helsinki un incontro internazionale sul tema della progettazione delle biblioteche, cui hanno preso parte numerosi bibliotecari e architetti. Tra le conclusioni della conferenza si leggono alcuni commenti che mettono in luce come gli interrogativi relativi ai processi partecipativi e di co-creazione siano ancora molti e spesso ricorrenti tra le varie esperienze:
One question began to emerge more and more persistently towards the end of the conference: how to do all this? How to squeeze all these fine ideas, model examples from across the world and citizens’ wishes into a single library building? […] Helsinki residents have been key participants in brainstorming future activities. However, the final process is always unpleasant, Library Director Tuula Haavisto notes. Even some good ideas need to be discarded. According to Nousjoki, not focusing on absolutely everything is a good idea. “Introducing too many uses may not produce a serviceable outcome,” says Nousjoki. Åsa Kachan wonders how to choose the right partners and know when to say ‘no’ to some. […] Moreover, all changes are slow – both internal and external – so we do not need to rush. “The process will not end, and that is a good thing. Flexibility increases flexibility. When we cooperate flexibly and are prepared to share, we will move from dreams to an awakening and engage in practical implementation”.
Le problematiche che emergono si riferiscono alla difficoltà di avere una visione d’insieme del processo – che con troppo facilità diviene capillare, dispersivo e ridondante – e alla difficoltà di operare sintesi significative e valide contemporaneamente per tutti gli attori coinvolti. I bibliotecari rappresentano un anello importante in questo panorama di cambio di scenario per le biblioteche; l’avvio di processi di coinvolgimento dell’utenza in biblioteca sottende un coinvolgimento forte di tutto il personale e un passaggio ad una pratica di apprendimento all’interno degli staff di lavoro che poggi sul concetto dell’imparare facendo. Eppure non bisogna dimenticare la professionalità del bibliotecario e dunque bisogna evitare il rischio che si crei confusione in merito alla commistione di ruoli con l’utente così configurato come collaboratore, co-creatore e fornitore di conoscenza. Parallelamente un ruolo determinante risiede nel coinvolgimento dei partner nelle operazioni di progettazione partecipata; la creazione di partnership forti e durature permetterà di allargare la rete di connessioni, di aumentare e diversificare il servizio, di agevolare la condivisione di conoscenza tra pari all’interno della biblioteca, di introdurre nuove risorse e competenze. Un ulteriore risvolto positivo si avrà nella comunicazione capillare e non mediata in merito ai servizi offerti, in aggiunta a un supporto e una legittimazione della biblioteca più estesi e radicati nel territorio. Qualunque attività di coinvolgimento che metta in atto processi di interazione tra soggetti diversi per tipologia e finalità – come possono essere la biblioteca, i suoi utenti e altri soggetti esterni – porta con sé il rischio della mancata comprensione e del progressivo scollamento dagli obiettivi originari. La difficoltà principale risiede appunto nel mantenere l’equilibrio necessario affinché il processo sia flessibile e aperto a nuove contaminazioni pur garantendo il mantenimento della coesione tra gli attori e gli obiettivi di partenza.
Una direzione interessante verso cui si stanno indirizzando alcune biblioteche è infine quella di creare occasioni in cui venga favorita la condivisione di conoscenza tra pari all’interno della biblioteca. Qui nasce il concetto di super-user della biblioteca, termine con cui è possibile indicare quell’utente o gruppo di utenti che, grazie a interessi, capacità o competenze specifiche, possono fare da collante tra le collezioni e i servizi della biblioteca e altri utenti o cittadini. Come si legge nel documento strategico della rete delle biblioteche di Copenhagen per il quinquennio 2014-2019:
The third special action area is a new perspective on library service with the objective of involving citizens under the heading of active citizens. The citizen is the main player in his/her own information project, but the library provides the settings. All citizens should have competences and possibilities for creating new knowledge as well as a varied and critical approach to media and culture. In this context, citizens are not only users, but also to a greater extent contributors and creators. Copenhagen Libraries is to contribute to citizens gaining an active role in relation to media, debate and culture.
Se infatti il coinvolgimento degli utenti è strategico per avere uno sguardo differente sui propri spazi e servizi, è ancora più determinante attivare la partecipazione attiva dei cittadini nella condivisione delle loro conoscenze, che possono diventare vere e proprie risorse per la biblioteca. Il discorso si sposta dall’ascoltare i bisogni e le idee degli utenti al loro coinvolgimento diretto nella definizione della biblioteca. L’assunto di partenza in questo caso vuole che i cittadini diventino più intelligenti insieme piuttosto che individualmente, motivo per cui le attività proposte devono mirare al maggior livello di interazione possibile. Per una crescita positiva della società è fondamentale che ci sia un alto tasso di condivisione della conoscenza. Per fare questo c’è bisogno di spazi per attività organizzate in autonomia e c’è bisogno di fornire collegamenti tra le diverse tipologie di materiali: il contenuto è l’importante ed è ancora il cuore del servizio bibliotecario.
L’obiettivo della biblioteca pubblica infatti è promuovere informazione, educazione e attività culturali attraverso il mettere a disposizione le collezioni, al cui interno si potrà fare in modo di integrare la conoscenza generata dall’utente. Si tratta di un ulteriore passaggio dal consumo alla creazione, dalla logica do it yourself a quella do it together mutuata dalla sempre più emergente corrente dei fab lab e dei makerspace. Facilitando l’accesso e la manipolazione alle collezioni e configurando lo spazio intorno all’esperienza dell’utente e non delle collezioni fisiche si mette in atto un processo di innovazione che conduce a quella che potremmo chiamare la biblioteca proattiva: un luogo in cui l’accesso all’informazione è garantito da molteplici media e dove la circolazione della conoscenza viene stimolata in quanto risorsa fondamentale per lo sviluppo individuale e della comunità.
I processi fin qui delineati, per quanto flessibili e scalabili, richiedono per essere realizzati competenze specifiche, molto tempo a disposizione e lo stanziamento di budget dedicati in modo continuativo lungo l’intero processo. Inoltre, il ruolo giocato dagli investimenti sul piano tecnologico appare fondamentale: per essere davvero partecipativa la biblioteca ha anche bisogno di essere aperta e interoperabile e di dotarsi di regole e standard per la partecipazione, o quantomeno di un modello di riferimento. Non va dimenticato infine l’aspetto socio-culturale e le problematiche ad esso connesse: il noto sistema di welfare dei paesi del nord Europa cui si fa riferimento nel presente contributo determina una base favorevole all’impianto e allo sviluppo della cultura partecipativa, a un livello generale quanto in campo bibliotecario.
In riferimento alla possibilità di riproporre e riprodurre il concetto di biblioteca partecipativa fin qui delineato, un aspetto critico risiede nel bisogno di modellarlo a realtà dal punto di vista organizzativo molto differenti e soprattutto multiformi, come ad esempio quelle delle biblioteche pubbliche italiane. Rimane inoltre difficile immaginare in Italia la definizione di una strategia e di un modello nazionali per lo sviluppo della biblioteca pubblica – quantomeno in termini così dettagliati come avviene ad esempio in Finlandia e in Danimarca – ed è evidente come rimanga in capo alle singole biblioteche o reti bibliotecarie l’avvio di progetti di coinvolgimento degli utenti e dei cittadini a livello locale. D’altro canto è pur vero che in Italia le biblioteche sono da sempre un elemento di caratterizzazione forte delle comunità in cui operano, in particolar modo se si pensa al ruolo di aggregazione che svolgono nei comuni di piccole e medie dimensioni e alla figura del bibliotecario come mediatore nella creazione e nel mantenimento di reti e connessioni. Infine, molto utile per avere una base su cui costruire processi partecipativi risulterebbe la disponibilità di dati emergenti da analisi sia quantitative sia qualitative sull’utilizzo delle biblioteche, non semplicemente in termini di prestiti e iscrizioni, ma in termini di presenze, di accessi, di uso e apprezzamento dei servizi.