N.2 2016 - L'ambiente digitale e le biblioteche

Navigazione dei contenuti del fascicolo

Il ruolo sociale della biblioteca digitale

Karen Calhoun

Cornell University Library; ksc10@cornell.edu

Questo articolo è la traduzione di un ampio estratto del pre-print del capitolo “Social role of digital libraries” pubblicato in Karen Calhoun, Exploring digital libraries: foundations, practice, prospects, London, Facet Publishing; Chicago, ALA Neal-Schuman, 2014, <https://ecommons.cornell.edu/handle/1813/39198>. La traduzione è a cura di Anna Maria Tammaro. Si ringrazia la Facet Publishing per l’autorizzazione.

Per tutti i siti web l’ultima consultazione è stata effettuata il 13 novembre 2016.

Abstract

L’articolo indaga il valore sociale delle biblioteche digitali. Inizia esplorando le concezioni passate e presenti del valore delle biblioteche per le loro comunità. Prendendo come punto di partenza la cornice concettuale ben nota che delinea il ruolo sociale delle biblioteche, l’articolo propone un possibile nuovo quadro concettuale per descrivere quello delle biblioteche digitali. Il resto dell’articolo descrive questo potenziale ruolo sociale delle biblioteche digitali, esplorandone i singoli aspetti. Ricorrendo ad esempi specifici, il testo prende in considerazione benefici e sfide e fa riferimento a letture chiave di studiosi e professionisti della biblioteca digitale.

English abstract

This paper examines the social value of digital libraries. It begins by exploring past and present understandings of the value of libraries to their communities. Taking a well-known framework that lays out libraries’ social roles as a starting point, the essay suggests a possible new framework to describe the social roles of digital libraries. The remainder of the paper explicates this potential framework, exploring aspects of each social role. It offers examples, considers benefits and challenges, and draws attention to key readings from digital library researchers and practitioners.

Introduzione

Per molti anni il concetto tradizionale di biblioteca ha avuto la tendenza a considerare le collezioni più che il ruolo sociale della biblioteca basato sulle comunità. I più percepiscono la biblioteca come collezione di ma­nufatti (soprattutto libri) o tendono a porre al centro del concetto di biblioteca le procedure di gestione dell’in­formazione (selezione, raccolta, catalogazione, orga­nizzazione, conservazione, accesso). Eppure quando David Lankes e altri studiosi descrivono la biblioteca come “facilitatore di conversazioni” stanno portando avanti – e stanno ricontestualizzando nell’era digitale – le ipotesi altrettanto importanti alla base della percezio­ne della biblioteca come istituzione sociale affidabile di vitale importanza per la democrazia, per l’accesso aperto e il progresso della conoscenza e della cultura. In un precedente lavoro sul ruolo sociale della biblio­teca, McClure e altri stabiliscono un quadro di riferi­mento, aggiornato più volte alla luce dell’impatto di Internet, che descrive il ruolo sociale delle biblioteche pubbliche negli Stati Uniti come:

  • centri per attività, accesso all’informazione, ricerca, reference e apprendimento indipendente;
  • servizi di sostegno alla formazione;
  • raccolte di risorse mirate a specifici gruppi di età o interessi.

I risultati della ricerca di Usherwood nel Regno Unito suggeriscono che le biblioteche pubbliche hanno un impatto positivo su individui e comunità in termini di:

  • sviluppo personale ed educazione;
  • coesione sociale;
  • rafforzamento della comunità;
  • cultura e identità locale;
  • immaginazione e creatività;
  • salute e benessere.

Nell’ambito del quadro concettuale di McClure e dei ri­sultati di Usherwood, il ruolo della biblioteca è definito nei termini di impegno sociale diretto alla comunità di riferimento. Entrambi indicano quello che una biblio­teca può realizzare, per chi e con quali benefici per la comunità. L’approccio basato sui risultati esemplifica­to dal lavoro di McClure e Usherwood è estremamente utile e liberatorio, nel senso che sposta l’attenzione dal trattamento dell’informazione o dalla definizione di biblioteca centrata sulle collezioni verso la definizione di biblioteca centrata sulla comunità. Questo sposta­mento consente un nuovo modo di pensare ai servizi, allo spazio, alle aspettative e alle potenzialità non solo della biblioteca, ma anche della biblioteca digitale in un ambito di rete.

Prendendo come punto di partenza il quadro concet­tuale di McClure, ho analizzato gli articoli di studiosi e professionisti delle biblioteche digitali per tirar fuo­ri idee ed esperienze su come le biblioteche digitali contribuiscano, hanno contribuito, o potrebbero con­tribuire dando valore alla comunità in cui operano. Il risultato è stato la realizzazione di un possibile quadro concettuale del ruolo sociale della biblioteca digitale. In questo articolo analizzo questo quadro concettuale e come la biblioteca digitale potrebbe:

  • sostenere la libera circolazione delle idee e l’accesso all’informazione;
  • potenziare e informare gli individui;
  • dare supporto all’insegnamento, all’apprendimento e all’avanzamento delle conoscenze;
  • fornire benefici economici;
  • conservare le risorse scientifiche e culturali per le ge­nerazioni future.

Fondamenti della biblioteca digitale

Il primo bando pubblicato negli Stati Uniti per la pre­sentazione di proposte di biblioteca digitale (DLI-1) si è concentrato principalmente sul raggiungimento di obiettivi tecnologici, estendendo i sistemi di informa­tion retrieval esistenti e raccogliendo contenuti digitali, con meno attenzione agli aspetti sociali, comporta­mentali ed economici delle biblioteche digitali. Nono­stante il bando si concentrasse sugli aspetti tecnici, i documenti preparatori che portarono al DLI-1 evidenziano molte discussioni ricche di problematiche e ri­flessioni intorno al potenziale ruolo sociale della biblio­teca digitale. Ho consultato attentamente e analizzato il white paper originale, diverse sintesi del workshop e molte osservazioni dei partecipanti nelle 441 pagine del source book sulle biblioteche digitali, che contiene diversi documenti di lavoro delle attività finanziate dalla National Science Foundation (NSF) che hanno portato alla realizzazione dell’invito a presentare proposte del DLI-1.

L’impegno del DLI-1 ha rivelato una convergenza sull’idea che le biblioteche digitali potrebbero far pro­gredire la scienza, la tecnologia e l’educazione con la creazione di una “infrastruttura intellettuale” per:

  • sostenere la disseminazione e lo scambio rapido di nuovi risultati della ricerca e le innovazioni (in altre parole istituisce un “mercato delle idee” accademi­che sulla rete);
  • contribuire a dare senso al crescente volume di in­formazioni;
  • migliorare significativamente la produttività di scien­ziati, ingegneri, educatori, studenti e di coloro che lavorano nel settore commerciale;
  • favorire il riconoscimento dei risultati della ricerca e il riutilizzo dei dati (riducendo così la duplicazione di ricerche);
  • facilitare ulteriori scoperte e innovazioni;
  • accelerare il trasferimento tecnologico;
  • stimolare lo sviluppo della formazione basata sul computer e quella a distanza;
  • sostenere l’auto-formazione;
  • migliorare l’insegnamento scientifico e tecnico e l’ap­prendimento in generale;
  • promuovere e migliorare la collaborazione e nuove partnership tra individui, istituzioni, gruppi e settori (come ad esempio istruzione, ricerca, commercio);
  • estendere l’accesso all’informazione di alta qualità per tutti.

Alla luce di queste promesse sul ruolo che la biblioteca digitale potrebbe giocare e la loro risonanza con molti elementi del quadro definito da McClure per il ruolo sociale delle biblioteche, forse non è sorprendente che la conclusione di Fox per il source book metta insieme l’obiettivo di una biblioteca digitale nazionale degli Stati Uniti con il riferimento agli ideali di Thomas Jefferson:

Obiettivo: far progredire gli sforzi della scienza e dell’ingegneria negli Stati Uniti, in particolare la ricer­ca, l’educazione e il trasferimento tecnologico, mi­gliorando la disponibilità e la tecnologia di supporto per l’accesso all’informazione di qualità.

Nota: Lanciamo questo bando nel 1993, il 250° an­niversario della nascita di Thomas Jefferson, che ha insistito sul fatto che la ricerca libera e vigorosa della conoscenza è essenziale per una democrazia.

Aspetti sociali delle biblioteche digitali (workshop 1996)

Gli elementi proposti nell’agenda sociale delle bibliote­che digitali sono stati ripresi nel 1996, quando la NSF ha finanziato un invito al workshop “Social aspects of digital libraries” (Bethesda, 20-23 marzo 1996).

Il workshop ha cercato di sintetizzare le conoscenze esistenti e di proporre un programma di ricerca per sviluppare una nuova comprensione di come le biblio­teche digitali possano sostenere le attività professio­nali, educative e ricreative di diverse comunità.

Christine Borgman, organizzatrice chiave e collabora­trice del workshop del 1996, osserva che la sfida per l’era dell’informazione non è una scelta tra le bibliote­che e Internet, ma tra «quale sia il modo migliore per fornire l’accesso all’informazione e il modo migliore per sostenere il mercato delle idee» e una cittadinan­za informata nelle società democratiche. Borgman scrive con sicurezza delle potenzialità delle biblioteche digitali per migliorare l’accesso, sostenere l’apprendi­mento e promuovere il progresso della conoscenza e con preoccupazione su come bilanciare il più ampio accesso possibile con i diritti degli autori.

Digital divide

Ai fini di questo articolo, il digital divide è definito come il divario nell’accesso all’informazione digitale e agli strumenti ICT (Information and Communication Technologies). Anaraki e Heidari esaminano le dimen­sioni del digital divide nei paesi in via di sviluppo e il potenziale ruolo delle biblioteche digitali nel diminuirlo. Savenije sottolinea che il divario digitale non esiste solo nei paesi in via di sviluppo, ma all’interno dei paesi in cui solo alcune organizzazioni privilegiate hanno acces­so immediato a contenuti accademici. Lungo queste linee, Creaser e altri commentano le difficoltà di fornire l’accesso ai risultati accademici a utenti esterni alle bi­blioteche di ricerca.

Molti autori hanno evidenziato come le biblioteche di­gitali di tutti i tipi ad accesso aperto possano essere il mezzo per colmare il digital divide. Craven si concen­tra sui temi della parità di accesso alle informazioni per tutti e sottolinea che la Commissione europea ha dato massima priorità alla e-inclusion nel suo i2010. In un certo senso, la priorità alla e-inclusion sta guidando gli investimenti della Commissione europea per la digita­lizzazione, l’accesso aperto e la conservazione digitale. Notando che “la biblioteca mobile” del futuro potrebbe in realtà essere il servizio di biblioteca accessibile da un telefono cellulare, Harle e Tarrant stimolano i biblio­tecari a impegnarsi e contribuire con il loro know-how allo sviluppo di nuovi ambienti informativi mobili e onli­ne per le persone svantaggiate. Liew identifica i passi da fare per biblioteche digitali maggiormente integrate nella e-inclusion che possano arricchire e rendere auto­nomi persone e comunità, ma sottolinea che le bibliote­che digitali non possono realizzare questo obiettivo «di per sé stesse» e «la sola digitalizzazione [...] non porta necessariamente all’inclusione sociale». L’articolo di Liew, che merita di essere consultato, delinea i requisiti specifici per condurre fuori più persone possibili dal di­gital divide ed elenca un certo numero di modi in cui la comunità della biblioteca digitale può o ha contribuito a progredire verso questo obiettivo.

Possibile quadro concettuale del ruolo sociale della biblioteca digitale

Non sono molte le fonti che esplicitamente e diretta­mente contestualizzano le biblioteche digitali in termi­ni di ruolo sociale. Gli autori che lo hanno preso in considerazione spesso lo hanno fatto nel contesto del disegno della biblioteca digitale centrata sugli utenti, in studi delle pratiche di lavoro, del web sociale e di altri argomenti relativi a progetti o programmi speci­fici. Come ha sottolineato Van House la base teori­ca o concettuale sugli aspetti sociali delle biblioteche digitali è ancora carente. Lavoie, Henry e Dempsey hanno notato la mancanza di una visione condivisa in biblioteconomia e l’assenza di un quadro concettua­le unificante per riunire i singoli progetti di biblioteche digitali in un insieme significativo. Fanno eccezione Tanner e Deegan e il loro rapporto del 2010 per lo Joint Information Systems Committee (JISC) sul valore delle risorse digitalizzate. Il rapporto include un caso di studio ben argomentato sul lavoro di digitalizzazione, con ricchezza di esempi pratici e un modello in cinque parti per la valutazione dell’impatto della digitalizzazio­ne, tra cui un’utile sezione sui metodi per avvicinarsi alla valutazione dei beni immateriali quali sono i con­tenuti culturali digitalizzati (ad esempio, la balanced scorecard).

Poiché la disciplina e la pratica delle biblioteche digi­tali sono ancora giovani, è comprensibile che relativa­mente poca letteratura affronti il tema del valore delle biblioteche digitali per la società. Semplicemente non c’è stato tempo di sviluppare un’idea condivisa per una comprensione o una teoria delle biblioteche digi­tali come sistemi socio-tecnologici.

Questo articolo propone un possibile quadro concet­tuale del ruolo sociale delle biblioteche digitali sulla base di un’analisi di quella parte della letteratura sul valore sociale della biblioteca digitale. Lo scopo è quello di dare un senso a temi molti diversi e appa­rentemente scollegati presenti in letteratura. Il qua­dro concettuale include biblioteche digitali di due tipi: quelle di istituzioni culturali e quelle a supporto della comunicazione scientifica.

È importante chiarire fin da subito che questo quadro concettuale non pretende che le biblioteche digitali di tutto il mondo, nel loro complesso, esprimano sin da ora questo valore sociale; ciò che viene proposto è un possibile quadro concettuale per esaminarne il ruolo sociale. Tale quadro potrà essere utilizzato: per stimolare un’ulteriore discussione sul ruolo sociale della biblioteca digitale; per lo sviluppo di un quadro di riferimento migliore; per fornire uno strumento di valutazione; per orientare su una varietà di attività di pianificazione della biblioteca digitale – come l’analisi delle scelte strategiche – tenendo conto delle priorità; per la preparazione di comunicazioni mirate.

Gli elementi del quadro concettuale sono disposti in relazione tra loro e in una sorta di flusso/processo di feedback: questa disposizione ha lo scopo di illustrare come un elemento possa costruirne o rinforzarne un altro.

Non ci sono altre letture possibili di questa disposizione delle funzioni sociali; altri analisti potrebbero volerle di­sporre in maniera diversa, senza per questo modificarle.

Figura 1 Ruolo sociale della biblioteca digitale, quadro concettuale

Sostenere la libera circolazione delle idee e l’accesso all’informazione

Coloro che dirigono o finanziano iniziative di bibliote­che digitali nazionali o comunque su grande scala ten­dono a parlare più direttamente di altri dei valori per cui le biblioteche digitali sono importanti per la società e delle ragioni per cui si dovrebbe investire su di esse. Lynn Brindley della British Library, ad esempio, ha scritto del ruolo delle biblioteche digitali nel facilitare la ricerca, l’educazione formale e informale e la libe­ra circolazione delle idee. Brindley sottolinea le sfide chiave nel sostenere la conservazione a lungo termine e il riutilizzo delle risorse intellettuali di una nazione; nel permettere la collaborazione; nel promuovere l’infor­mation literacy e lo sviluppo del pensiero critico; nel fa­vorire la piena partecipazione di tutti in una società di­gitale democratica; nel bilanciare il valore dell’accesso aperto con la tutela dei diritti di proprietà intellettuale. La National Library of Australia (NLA) è nota per il successo del suo programma nazionale unitario a sostegno dell’educazione pubblica, della cultura e del­la conservazione del patrimonio culturale. Warwick Cathro vede la biblioteca digitale della NLA come una componente chiave dell’infrastruttura informativa na­zionale, di vitale importanza per il ruolo guida svolto dalla biblioteca nazionale. L’autore ha lavorato per affrontare una serie di sfide importanti delle bibliote­che digitali: per esempio, programmare l’archiviazione web di siti australiani selezionati; digitalizzare e con­servare il patrimonio culturale nazionale, in particolare i quotidiani; estendere il deposito legale alle pubbli­cazioni digitali e stabilirne condizioni di accesso ra­gionevoli. Bas Savenije della Koninklijke Bibliotheek ha sostenuto instancabilmente l’accesso aperto, non solo alle risorse del patrimonio culturale di pubblico dominio, ma anche a tutti i tipi di contenuti, tra cui le pubblicazioni scientifiche, con lo scopo di abbattere ogni barriera all’accesso. Egli ritiene che l’accesso aperto a biblioteche digitali di contenuti culturali e accademici sia una buona politica economica e sociale per l’odierna società della conoscenza, consentendo la piena partecipazione culturale e fornendo il suppor­to indispensabile a infrastrutture nazionali e internazio­nali per la ricerca e l’istruzione.

Potenziare e informare gli individui

Simon Tanner sottolinea la possibilità per le biblioteche digitali di potenziare gli individui, informare i cittadini e ridurre il digital divide. Egli sostiene che una delle principali funzioni delle biblioteche digitali sia quella di migliorare l’apprezzamento e il contatto con la cultu­ra e la società dell’informazione in generale. Notando che sempre più persone sono connesse senza fili e che i dispositivi di accesso stanno diventando sempre più mobili, ritiene che chi disegna e sviluppa biblio­teche digitali debba concentrare nuovi sforzi su una maggiore interazione con gli utenti nell’ambiente intel­ligente di Internet che sta emergendo.

Le biblioteche digitali hanno dimostrato il loro valore nel potenziamento degli individui in differenti modi. L’evidenza presentata da Davis suggerisce che le pubblicazioni ad accesso aperto possano raggiun­gere più lettori, soprattutto quelli al di fuori della co­munità di ricerca, aumentando così la diffusione delle conoscenze scientifiche al pubblico. Le biblioteche digitali possono sostenere non solo l’apprendimento indipendente, ma anche la creazione, la condivisione e l’aggregazione di contenuti intellettuali aperti da parte delle comunità stesse degli utenti. Aaron Krowne, co­fondatore di PlanetMath, si riferisce alle biblioteche digitali come collezioni di conoscenza operativa, co­struite da e per una comunità spontanea di utenti (un “bene comune”).

Wikipedia e PlanetMath sono simili in quanto sono ri­sorse comunitarie aperte, spazi di conoscenza social­mente condivisi, ma PlanetMath è diverso in quanto è stato costruito seguendo l’approccio della biblioteca digitale (e per un pubblico particolare, ossia tutti colo­ro che sono interessati alla matematica, indipendente­mente dall’età e dalla formazione). Biblioteche digitali di successo basate su una base di conoscenza co­mune come PlanetMath diventano ancora più visibili quando sono raccolte da aggregatori basati sul proto­collo OAI, individuate dai motori di ricerca o attraverso dati aperti messi a disposizione del web semantico. In tutti questi modi le biblioteche digitali diventano più vi­sibili e accessibili sia da semplici cittadini sia da gruppi di specialisti.

Neil Beagrie è stato uno dei primi nel settore delle bi­blioteche digitali a scrivere in dettaglio sulla tendenza a un «approccio più informale e sempre più indirizzato a costruire collezioni personali» sul web, con un pas­saggio da un consumo passivo di informazioni digitali a uno più attivo con la creazione, la personalizzazione e la condivisione di contenuti digitali. Le biblioteche digitali personali contenenti oggetti digitali di singoli in­dividui nonché contenuti esterni non sono rare e pos­sono costituire parte dell’immagine pubblica di un indi­viduo nel web. In parallelo con questa tendenza, sono emersi una serie di servizi online e di collaborazioni che forniscono ulteriori possibilità ai singoli nel creare, inte­ragire, gestire e condividere contenuti digitali, a volte per motivi puramente personali e a volte per contribuire a discussioni e iniziative di citizen science.

I creatori o gestori di biblioteche digitali sono sempre più reattivi nei confronti della tendenza alla personaliz­zazione, tramite l’integrazione di contenuti con stru­menti che consentono facilmente di utilizzare, con­dividere, riutilizzare e migliorare i contenuti stessi da parte dei singoli utenti: The Commons di Flickr è uno di questi.

Supportare l’insegnamento, l’apprendimento e l’avanzamento delle conoscenze

Il progresso dell’educazione formale è un obiettivo as­sociato fin dall’inizio alle biblioteche digitali. Le biblio­teche digitali a pagamento di articoli e riviste pubblicati dai ben noti editori accademici sono state rapidamen­te utilizzate dalla comunità accademica sin dagli anni Novanta, quando hanno cominciato a essere dispo­nibili. Le biblioteche digitali del patrimonio culturale promosse dalle biblioteche nazionali, come American Memory, Gallica e altre, sono ben integrate nell’insegnamento e nell’apprendimento a tutti i livelli di istruzione. Alcune biblioteche digitali specializzate per materia, tipologia o formato sono ora centrali nella for­mazione universitaria di specifiche discipline. Alcune biblioteche digitali generaliste (ad esempio la Internet Public Library) sono frequentemente utilizzate sia da insegnanti della scuola primaria e secondaria sia da studenti. Come notato da Tanner e Deegan, dato che una grande quantità del patrimonio culturale del Regno Unito è stato digitalizzato, i corsi possono essere arricchiti con risorse digitali e in questo modo interi nuovi argomenti possono essere studiati.

L’adozione di altre biblioteche digitali per la didattica è stata meno semplice. Una volta avviate le iniziative per la costruzione di biblioteche digitali per la didattica di specifiche discipline o in particolari comunità di ap­prendimento, è risultato evidente che il loro successo non dipenda solamente dalla semplice costituzione di collezioni digitali appropriate e rese ricercabili (per quanto anche questo comporti una serie di difficoltà). Alcuni dei primi progetti hanno mostrato che il prin­cipio del «costruisci [una collezione] e [gli utenti] ver­ranno» non è un percorso che può avere successo. Un riconoscimento importante è stato quello che una biblioteca digitale per la didattica debba essere socia­le, un luogo di incontro o un laboratorio virtuale per la collaborazione, superando l’isolamento e coinvolgen­do altri; essa deve poi essere progettata in linea con pratiche e comportamenti di lavoro e studio di inse­gnanti e studenti.

Comunicazione scientifica, collaborazione, creazione di conoscenza

Nancy Van House scrive dell’importanza delle bibliote­che digitali per il lavoro cognitivo e per la creazione di conoscenza. Le biblioteche digitali non solo metto­no a disposizione o aggregano contenuti ampiamente dispersi, aspetto fondamentale in questo senso; of­frono inoltre nuove strutture a favore degli aspetti so­ciali legati alla creazione e alla certificazione di nuova conoscenza. Le biblioteche digitali sono strutture che consentono la condivisione e l’apprendimento colla­borativo attraverso il tempo e lo spazio, facilitando al contempo la valutazione sull’affidabilità delle informa­zioni, delle persone e delle organizzazioni.

Sostenendo che le biblioteche digitali sono boundary object (entità che collegano diverse comunità insie­me), Van House vede la biblioteca digitale come «un luogo di lavoro condiviso» in cui offrire contenuti, usarli e partecipare alla creazione e alla gestione della biblioteca digitale. L’autrice definisce la biblioteca di­gitale come «una rete eterogenea di utenti, ricercatori, finanziatori, operatori e altre persone; di documenti, immagini, banche dati, thesauri e altri manufatti informativi; di pratiche e conoscenze condivise; di tecnologia». Lungo queste linee, il DELOS Digital Library Manifesto esprime una visione collettiva di biblioteca digitale come «uno strumento al centro dell’attività intellettuale».

La complessità dello scenario della creazione di cono­scenza è ben documentata da Harley e altri coi risultati di un’indagine con 160 interviste a studiosi provenienti da sette discipline diverse. L’indagine evidenzia che le attuali strutture sociali ed economiche nonché i sistemi di riconoscimento alla base della comunicazione scien­tifica sono saldamente radicati e rappresentano un forte ostacolo all’innovazione. Tuttavia, i risultati di Harley sug­geriscono che i repository a libero accesso (sia tematici, sia istituzionali) stanno avendo nel complesso effetti po­sitivi. Tra i loro vantaggi, i repository ad accesso aperto possono consentire un rapido riconoscimento (e accre­ditamento) per le nuove scoperte e offrire un luogo per depositare e costruire consapevolezza per presentazioni congressuali o working paper. Inoltre, attraverso la libera disponibilità di pre-print e post-print, i repository amplia­no notevolmente l’accesso ai documenti accademici di alta qualità per un pubblico interdisciplinare allargato.

Benefici economici, innovazione e trasferimento tecnologico

La disciplina delle biblioteche digitali ha prodotto poca letteratura che affronta direttamente il valore economi­co della biblioteca digitale nel suo complesso. Molto è stato scritto sulla sostenibilità. Ci sono inoltre una serie di analisi costi-benefici di vari tipi di biblioteche digitali; molti articoli sui modelli di business, con parti­colare riguardo per l’accesso aperto; articoli sull’eco­nomia della conservazione digitale. Questo paragrafo affronta brevemente la problematica del valore econo­mico delle biblioteche digitali per la società. Si avvale di alcune prospettive di microeconomia in quanto toc­ca temi come le fonti del benessere economico, l’innovazione, la catena del valore e la natura dei mercati. È generalmente riconosciuto che l’economia globale è una “economia della conoscenza” o “economia ba­sata sulla conoscenza”. In breve, l’economia della conoscenza è guidata dai processi della conoscenza, ossia la sua esplorazione, il suo sfruttamento e la sua analisi. In un’economia di questo tipo, l’innovazione e il trasferimento tecnologico sono estremamente im­portanti: questi comportano il trasferimento efficiente ed efficace di nuove conoscenze, tecnologie o me­todi a coloro che possono sviluppare nuovi prodotti, processi o servizi, producendo così valore economico. Castells è ampiamente citato per il suo fondamentale lavoro su come la conoscenza in rete stimoli l’innova­zione e la crescita economica. All’interno della lette­ratura biblioteconomica, Tanner e Deegan sostengo­no che l’agenda digitale e le risorse digitali riducano i costi e accelerino il ritmo di innovazione, aumentando così la competitività economica di una nazione.

Il position paper di Raym Crow per la Scholarly Pu­blishing and Accademic Resources Coalition (SPARC) è importante per la sua analisi del funzionamento del mercato della conoscenza scientifica. Egli afferma che l’accesso aperto ai contenuti di carattere acca­demico (reso possibile dai repository) produrrà valore per l’economia della conoscenza interrompendo positivamente e riequilibrando il mercato attuale (studio­si, istituzioni accademiche e loro biblioteche, editori e lettori). Sostiene la necessità di un nuovo modello “di­saggregato” per la produzione di contenuti scientifici basato sull’esistenza di una rete globale di biblioteche digitali con materiali di ricerca distribuiti, indipendenti e aperti, che spacchetti (unbundles) le principali funzioni della comunicazione scientifica, presentando così la possibilità di realizzare efficienze di mercato.

Queste efficienze di mercato includono:

  • espansione significativa dei lettori e disponibilità del­la ricerca scientifica (non solo documenti, ma anche altri tipi di contenuti), riducendo così il digital divide;
  • miglioramento dei processi di ricerca e competizio­ne nella catena del valore accademico (registrazio­ne, certificazione, consapevolezza, archiviazione, riconoscimento), riducendo in tal modo il monopolio editoriale e aumentando l’innovazione;
  • aumento della probabilità di conservazione del mate­riale di ricerca digitale per le generazioni future.

Tanner e Deegan puntualizzano i benefici economici e sociali della digitalizzazione dei beni culturali. Carla De Laurentis propone una valutazione sorprendente e originale dei contenuti del patrimonio culturale digitale come un potenziale fattore di innovazione e di valore economico nelle economie della conoscenza in rete. Sostenendo che il contenuto digitale è tra i fondamen­ti delle economie della conoscenza di successo, De Laurentis va avanti ad argomentare il valore economi­co che può essere generato dai beni culturali digitali di istituzioni della memoria (biblioteche, archivi, musei) se fosse adeguatamente utilizzato come una risorsa in una “catena del valore digitale”.

Il concetto di catena di valore digitale viene general­mente applicato in un contesto di e-commerce, de­scrivendo come una risorsa digitale di qualche tipo sia confezionata e preparata per la distribuzione e per il consumo sul web. Nel contesto dell’articolo, De Laurentis definisce la catena del valore digitale come un processo che integra e sfrutta i contenuti culturali digi­tali e, attraverso il coinvolgimento di molte organizzazio­ni, crea nuovo valore in nuovi settori, come ad esempio l’e-learning, l’intrattenimento, i media e le applicazioni commerciali (ad esempio, in sostegno del turismo).

De Laurentis sostiene che per produrre questo nuovo valore economico le istituzioni della memoria debba­no passare da ruoli relativamente passivi di depositi della conoscenza a un ruolo di partecipanti attivi nella produzione di contenuti, collaborando creativamente con molti tipi di partner (emittenti e altri media, pubbli­citari, istituzioni educative ecc.). Le sue idee ricordano (e portano avanti) i tentativi delle istituzioni culturali di­scussi in passato per creare nuovo valore grazie all’in­tegrazione di contenuti digitali in nuove piattaforme sul web (ad esempio, il già citato The Commons di Flickr). Allo stesso modo, le sue idee sono interessanti da considerare alla luce dell’intenzione di Europeana di contribuire alla crescita economica nell’Unione eu­ropea attraverso gli effetti della long tail.

Conservare le risorse scientifiche e culturali per le generazioni future

«La conservazione e il riutilizzo di dati e informazioni digitali formano la pietra angolare della futura cresci­ta economica e dello sviluppo e le basi per il futuro della memoria»: così Seamus Ross, allora professo­re ed esperto di digital curation presso l’University of Glasgow, iniziava il suo appassionato contributo alla grande e importante letteratura sulla conservazione digitale. Eppure la quantità di contenuti presenti in rete (che Ross chiama “d-facts”) non solo è sbalorditiva ma pone anche più sfide della conservazione di contenuti registrati su supporto fisico (“artifacts”). I d-facts sono fragili, la conservazione richiede un intervento attivo e, a differenza degli artifacts, è improbabile che questo tipo di contenuti possa sopravvivere a periodi di trascura­tezza. È necessario un impegno per la conservazione digitale in modo che le nuove generazioni, come Isaac Newton nel suo tempo, possano continuare a stare “in piedi sulle spalle dei giganti”.

Una legislazione come quella che ha finanziato il Na­tional Digital Information Infrastructure and Preservation Program (NDIIPP) della Library of Congress nel 2000 è basata sulla consapevolezza che un’efficace conserva­zione digitale potrebbe proteggere miliardi di dollari di investimenti per il capitale di conoscenza della nazione. Le biblioteche digitali possono – e di fatto contri­buiscono a – garantire il futuro della memoria. Tuttavia, l’inserimento nella collezione di una biblioteca digitale di per sé non è sufficiente per conservarne il contenuto. La misura in cui le biblioteche digitali riescono a con­servare i contenuti digitali dipende da quanto le rispet­tive organizzazioni siano consapevoli di dover attribuire risorse per le pratiche correnti di conservazione digitale, come suggerito da Lavoie e Dempsey. I paragrafi che seguono offrono uno sguardo più dettagliato sui principali aspetti sociali della conservazione digitale del patrimonio intellettuale e culturale.

Dalla memorizzazione alla conservazione

La conservazione digitale è un sottoinsieme della funzio­ne conosciuta come digital curation, che il Digital Cura­tion Centre del Regno Unito descrive come la gestione attiva e la valutazione delle informazioni digitali nel corso del loro intero ciclo di vita, dalla creazione e uso attivo alla selezione, trasferimento e conservazione, all’acces­so e riutilizzo. Paul Conway chiarisce la distinzione fra memorizzazione di oggetti digitali e la conservazione: «la digitalizzazione per la conservazione crea preziosi nuovi prodotti digitali, mentre la conservazione digitale protegge il valore di tali prodotti, indipendentemente dal fatto che la risorsa originale sia un manufatto tangibile o dati che sono nati e vivono come digitali».

Nel caso di repository istituzionali e tematici, Hitchcock e altri hanno sottolineato che basarsi sul software dei repository per la conservazione è insufficiente in quan­to esso è finalizzato semplicemente alla memorizza­zione di contenuti (che possono diventare inutilizzabili con l’avanzamento tecnologico). Yakel e altri hanno preoccupazioni simili. Invece la pretesa di protegge­re i contenuti digitali dei repository nel lungo periodo deve essere sostenuta da programmi formali e da un quadro tecnologico di conservazione di qualità. A titolo di esempio, Shreeves e altri descrivono come il depo­sito IDEALS della University of Illinois sia pienamente impegnato nell’integrazione sia dei sistemi tecnologici sia delle pratiche della conservazione digitale.

Tipi di contenuti

Quella che segue è l’introduzione più breve possibile a un’imponente letteratura, cominciando da un accenno su alcuni tipi di contenuto che sono stati al centro degli sforzi di conservazione digitale come: pe­riodici elettronici, research data, e-book prodotti dalla di­gitalizzazione di massa, siti web. Ognuno di questi diversi tipi di contenuto ha un profilo di conservazione differente che richiede diverse attività e coinvolge diversi attori.

Il diritto di conservare. Tradizionalmente le biblioteche hanno avuto la responsabilità e il diritto di conservare quella parte del patrimonio intellettuale e culturale rap­presentato dalle proprie collezioni fisiche. Con la cre­scita di una massiccia informazione in rete e di un si­stema interconnesso, è diventato poco chiaro il diritto di conservare il patrimonio intellettuale (la produzione scientifica in linea) memorizzato in contenuti a cui si ac­cede con licenza degli editori, la responsabilità per la conservazione è diventata diffusa come anche il diritto di conservare. Evitare la perdita dei contenuti in rete per futuri utenti richiede ora una maggiore quantità di azioni e di collaborazione all’interno di un insieme diver­sificato di attori e parti interessate che creano, produco­no, selezionano, gestiscono, utilizzano e conservano il contenuto. Un certo numero di questi attori ha il diritto di conservare (come gli editori commerciali accademici che possiedono o controllano i contenuti), ma mancano gli incentivi a farlo.

Le soluzioni community-based

Don Waters analizza una serie di approcci per condi­videre il lavoro di conservazione tra le parti interessa­te e per fornire incentivi per conservare il patrimonio culturale e scientifico da cui dipendono il futuro della ricerca e la formazione. Occorre quindi comprendere le soluzioni community-based, che non solo realizza­no il bene pubblico della conservazione e producono risparmi, ma assicurano anche l’equilibrio tra accesso aperto e diritti degli autori e produttori.

Il rapporto finale della Blue Ribbon Task Force on Sustainable Digital Preservation and Access (BRTF) tratta questi temi in dettaglio e offre una serie di rac­comandazioni per le strategie di conservazione soste­nibili attraverso una serie diffusa di soggetti interessati. Il rapporto chiarisce la varietà di ruoli delle diverse parti e offre programmi di azione per ciascuna.

Ruoli di singole biblioteche

Per conto dell’Association of Research Libraries (ARL), Lars Meyer ha comple­tato l’analisi e il rapporto su come l’ambiente digitale in rete stia ridisegnando le funzioni di base di con­servazione delle biblioteche di ricerca, sia a livello di singole istituzioni sia a livello di azioni collettive. Di particolare interesse per i responsabili delle biblioteche digitali è l’illustrazione della potenziale gamma di atti­vità e responsabilità di conservazione di una bibliote­ca di ricerca, dal livello locale a quello collaborativo. Continuano a esserci i ruoli di conservazione digitale per singole biblioteche digitali: questi ruoli richiedono una maggior comprensione di buone pratiche per la digitalizzazione e per i contenuti nativi digitali, di ciò che altri stanno raccogliendo e conservando, del di­ritto alla conservazione e delle partnership all’interno e all’esterno delle organizzazioni di appartenenza. Ci sono inoltre molte più opportunità per l’azione collet­tiva volta a far avanzare l’agenda di conservazione di­gitale. Walters e altri discutono una serie di esempi di iniziative collettive, tra cui il molto citato MetaArchive Cooperative, la rete privata LOCKSS (Lots of Copies Keep Stuff Safe) e il già citato programma NDIIPP, che supporta i repository del patrimonio culturale di oltre 50 istituzioni.

Infrastruttura

I tentativi di stabilire un’infrastruttura per la conser­vazione digitale e buone pratiche sono in via di sviluppo. Il modello di riferimento OAIS (Open Archival Information System) sta guadagnando il riconosci­mento e l’utilizzo diffuso nel settore e su di esso si basa un numero crescente di importanti programmi di conservazione digitale. Per la certificazione di depo­siti digitali affidabili, il quadro di riferimento è il TRAC (Trustworthy Repository Audit & Certification), gestito dall’US Center for Research Libraries e OCLC. Gli specialisti di metadati hanno incrementato in modo si­gnificativo gli elementi necessari a registrare le risorse, i dati su come siano state create, su come aprirle e come leggerne il contenuto, i termini di accesso, la storia della migrazione e i collegamenti ad altri software e record.

Politiche pubbliche e quadro legislativo. Alcune bi­blioteche nazionali stanno realizzando o pianificando programmi ambiziosi per conservare le risorse digitali nazionali dei propri paesi. Parte di questi programmi consiste nello stimolare un insieme di politiche pubbli­che che facilitino la conservazione digitale e l’accesso a lungo termine. La conservazione digitale deve af­frontare significativi ostacoli giuridici a causa delle leg­gi vigenti sul copyright e delle limitazioni sul deposito legale dei contenuti digitali.

Un risultato chiave di uno studio del NDIIPP è stato che gli attuali contesti legislativi «scoraggiano le buone prati­che di conservazione o addirittura le rendono illegali». Besek e altri descrivono la situazione del diritto d’autore e della conservazione digitale in tutto il mondo, notando che molti contesti giuridici nazionali impediscono azioni di conservazione digitale, come la realizzazione di più co­pie e la migrazione di contenuti digitali su nuovi formati e media. Concludono con raccomandazioni che mettono insieme l’aggiornamento del copyright e le leggi sul de­posito legale per l’era digitale e nel pubblico interesse. Hanno inoltre puntualizzato il ruolo delle “istituzioni della memoria” (biblioteche, archivi e musei) che permetterà loro di mantenere il tradizionale ruolo nel conservare le risorse intellettuali e culturali nel futuro. Inoltre, alcuni au­tori si sono concentrati sulle modalità con cui il deposito legale di contenuti digitali sia in grado di garantire l’accesso a lungo termine al maggior numero di utenti rispettando le leggi sulla proprietà intellettuale.

Conclusioni

La definizione e il concetto di biblioteca digitale si concentrano spesso sulle collezioni. Sebbene esse siano impor­tanti, non sono l’unico modo in cui la biblioteca e la biblio­teca digitale portano valore alla comunità di riferimento. Questo articolo offre un possibile quadro concettuale per l’esame e l’articolazione del valore sociale della biblioteca digitale in una serie di elementi. Il quadro concettuale può aiutare i responsabili delle biblioteche digitali a:

  1. descrivere le biblioteche digitali al pubblico (per esem­pio, istituzioni di appartenenza o enti finanziatori) in modo che possano trovare il loro favore;
  2. selezionare le priorità strategiche e migliorare il ser­vizio alle comunità di riferimento;
  3. definire gli outcome desiderati e valutare le biblio­teche digitali in base all’impatto sulla loro comunità.

La pressione per una maggiore trasparenza sembra interessare tutte le istituzioni che contribuiscono al be­nessere pubblico; quelli che costruiscono o mantengo­no biblioteche o biblioteche digitali non fanno eccezio­ne. Fortunatamente, la ricerca e la pratica che utilizzano l’approccio alla valutazione basata sui risultati si stanno facendo strada nelle biblioteche. Una maggiore chia­rezza sul valore della biblioteca digitale per la comunità e sul suo impatto positivo può essere ottenuta anche cercando i fattori di successo delle biblioteche digita­li. Quali sono le caratteristiche di successo che distin­guono le biblioteche digitali sostenibili? Come fanno le biblioteche digitali ad attrarre, costruire e sostenere le comunità online? Questi sono argomenti che andreb­bero ulteriormente studiati.