Valutazione dei costi delle attività delle biblioteche di un sistema bibliotecario di ateneo: metodologia e possibili sviluppi
Sistema bibliotecario di ateneo, Università degli studi di Padova; maurizio.vedaldi@unipd.it
Sistema bibliotecario di ateneo, Università degli studi di Padova; beatrice.catinella@unipd.it
Per tutti i siti web l’ultima consultazione è stata effettuata il 12 maggio 2019.
Abstract
Scorrendo il tema della valutazione nella letteratura professionale italiana si può osservare che ci si è concentrati soprattutto sulla definizione di indicatori di performance, sulla soddisfazione degli utenti, sui costi per uso delle risorse elettroniche; meno attenzione vi è stata sulle metodologie per rilevare i costi gestionali “interni” delle singole attività/servizi (costi del prestito, del document delivery ecc.) e su come valutare gli impatti degli interventi realizzati.
Da tempo la valutazione delle attività amministrative, gestionali e dei servizi è al centro del confronto tra le università italiane. A questo scopo una delle esperienze significative più strutturate è il progetto Good Practice coordinato dal Politecnico di Milano (MIP) che dal 2004 raccoglie i dati di numerosi atenei e li confronta. Il progetto si focalizza sulle rilevazioni di costi e di efficienza da un lato e di efficacia percepita dall’altro e riguarda diverse aree degli atenei: didattica, personale, infrastrutture, ricerca e biblioteche.
Il Sistema bibliotecario dell’Università di Padova utilizza queste metodologie per rilevare i costi di gestione delle proprie biblioteche confrontando l’efficienza dei processi in rapporto alla soddisfazione dell’utenza. I risultati vengono utilizzati per valutare le azioni organizzative messe in atto nelle varie biblioteche nella gestione dei servizi e per avere un quadro complessivo delle competenze e delle attività che vengono svolte localmente.
English abstract
Browsing the topic of “assessment” in Italian professional literature, there is a clear focus, above all, on the definition of performance indicators, user satisfaction and costs/use of electronic resources, with less attention being dedicated to methodologies to record “internal” running costs of single activities/services (loan costs, DD costs, etc.) and how to assess the impacts of measures taken.
For some time now, assessing administrative and management activities and services has been at the centre of the comparison between Italian universities. For this purpose, one of the more well-structured, significant initiatives is the Good Practice project coordinated by the Politecnico of Milan, which collects and compares since 2004 data from several universities. This project focuses on recording costs and efficiency on the one hand, and perceived efficiency on the other, and covers a number of different areas within university life: teaching, staff, infrastructure, research and libraries. The University of Padova’s Library System use these methods to record how much it costs to run their libraries, comparing the efficiency of the processes in relation to users’ satisfaction. The results are used to assess the organisational measures taken in the various libraries to manage services and to get an overall picture of local skills and the activities that are carried out.
In via preliminare è opportuno chiarire che in questo contesto per “valutazione” si intende una procedura organica e sistematica diretta ad assicurare periodicamente un giudizio su una specifica attività organizzativa o individuale realizzata secondo criteri omogenei.
I processi di valutazione in questo momento sono uno dei temi cruciali per tutta la Pubblica amministrazione che, a fronte di risorse finanziarie sempre più limitate, è chiamata a dimostrare fattivamente ai cittadini sia la propria efficienza che la qualità dei servizi erogati.
Nel caso delle università, il sistema di valutazione della performance, una serie di organismi indipendenti di valutazione come i nuclei di valutazione di ateneo e le commissioni di esperti della valutazione (CEV) dell’Anvur, costituiscono gli strumenti istituzionali e tecnici che hanno il compito di sostenere e certificare i cambiamenti e la qualità degli atenei.
Tuttavia tali valutazioni sono sicuramente strumenti macro-informativi importanti per la definizione degli obiettivi strategici degli atenei ma non sostituiscono la necessità di effettuare delle analisi più dettagliate e puntuali dei costi e dei benefici a livello di singoli servizi.
Scorrendo il tema della valutazione nella letteratura biblioteconomica professionale italiana si può osservare che in questi anni la discussione si è focalizzata soprattutto su tematiche molto settoriali e specifiche come quelle relative alla definizione di indicatori di performance, alla soddisfazione degli utenti, sui costi per uso delle risorse elettroniche, sullo sviluppo delle collezioni, sugli indicatori bibliometrici. Meno attenzione invece è stata posta sulle metodologie per valutare l’organizzazione dei processi di lavoro rilevando i costi gestionali “interni” relativi alle singole attività/servizi, sia per quanto riguarda le attività più tradizionali come ad esempio i costi del prestito, del document delivery, della gestione della sala, dell’accoglienza, sia per le attività connesse alla gestione della biblioteca digitale e su come valutare gli impatti degli interventi realizzati.
In altri termini nella letteratura professionale sembra mancare un approccio sistemico che accompagni i processi decisionali ovvero:
- permetta di misurarsi con le migliori pratiche e soprattutto di apprendere da queste per migliorare;
- consenta di allocare le persone nelle biblioteche del sistema mirando all’efficienza;
- supporti la valutazione delle performance delle singole strutture;
- favorisca la comunicazione e il processo di accountability sia all’interno verso gli organi dell’ateneo che all’esterno verso gli utenti.
Da tempo la valutazione delle attività amministrative, gestionali e dei servizi è al centro del confronto tra le università italiane. A questo scopo una delle esperienze più significative, strutturate e interessanti è il progetto Good Practice coordinato dal Politecnico di Milano (MIP) che attualmente raccoglie i dati di 31 atenei. Il progetto riguarda le diverse aree degli atenei: didattica, personale, infrastrutture, ricerca e biblioteche ed è articolato su due piani:
- la rilevazione dell’efficienza di gestione, focalizzata su costi del personale;
- l’efficacia percepita, in termini di soddisfazione dell’utenza, rilevata tramite questionari.
Good Practice utilizza una logica mutuata dall’activity based costing (ABC): un metodo di studio delle imprese, ideato in alcune facoltà universitarie di economia degli USA e poi sviluppato in Europa, che fornisce indicazioni sull’effettiva incidenza dei costi di gestione associati a ciascun prodotto e a ciascun servizio di un’impresa. Il vantaggio del metodo è quello di permettere di confrontare l’efficienza anche di strutture organizzative diverse.
In pratica il progetto Good Practice richiede la ripartizione percentuale dei tempi di lavoro di ciascun dipendente tecnico-amministrativo secondo uno schema definito di attività suddivise per aree e condiviso tra tutti gli atenei partecipanti al progetto.
I tempi di lavoro di tutte le persone impiegate in una o più delle attività indicate nello schema si traducono in costi che poi complessivamente vengono sommati per ciascuna attività. Il costo complessivo di ciascuna attività viene diviso per l’output prodotto che funge da driver, ricavando un costo unitario che è quindi confrontabile tra le diverse università.
Lo schema di rilevazione previsto per i sistemi bibliotecari degli atenei, che di anno in anno viene aggiornato, si compone oggi di 17 attività che comprendono i principali ambiti nei quali può essere suddiviso il lavoro bibliotecario, sia le tradizionali attività di back office (nuove acquisizioni di monografie, gestione patrimonio ecc.), che quelle di front office (accoglienza, prestito ecc.).
Per fare un esempio: il costo delle nuove acquisizioni di un sistema bibliotecario si ottiene sommando i costi relativi alle persone che nell’anno se ne sono occupati, per una percentuale dichiarata del loro tempo di lavoro. Il costo complessivo viene poi diviso per il numero di nuove acquisizioni gestite nell’anno (output prodotto) ottenendo quindi un costo unitario che risulta a questo punto confrontabile con quello degli altri atenei.
L’efficienza complessiva di ogni sistema bibliotecario è rappresentata dai costi di tutto il personale bibliotecario, tecnico e amministrativo strutturato o meno, comprese le spese per eventuali cooperative impiegate per la gestione dei servizi.
L’indice di efficienza complessivo così ricavato non viene preso come unico parametro per la valutazione della gestione dell’attività, ma viene poi confrontato con il giudizio espresso direttamente dagli utenti istituzionali (docenti, ricercatori e studenti) di ciascun ateneo tramite un questionario di soddisfazione.
Tutto sommato, a livello “macro” il confronto tra le diverse aree degli atenei (didattica, biblioteche, ricerca, infrastrutture ecc.) funziona abbastanza bene ma per certi versi corre il rischio di restare fine a se stesso. Una volta capito che un settore del proprio ateneo è meno efficiente del medesimo settore di un altro, la metodologia suggerirebbe di analizzare i processi organizzativi maggiormente virtuosi per valutare se sono applicabili al proprio contesto anche se questa operazione spesso può essere piuttosto complicata e onerosa.
Il Sistema bibliotecario dell’ateneo di Padova riconoscendo le potenzialità di miglioramento dell’efficienza dei servizi mediante il confronto sistematico, ha deciso di utilizzare questa metodologia anche per confrontare i costi di gestione delle diverse strutture bibliotecarie al proprio interno.
L’obiettivo è quindi quello di avere uno strumento che permetta di paragonare le modalità con le quali i servizi e le attività sono organizzate all’interno delle diverse biblioteche per evidenziare flussi virtuosi che possano essere eventualmente riprodotti e standardizzati.
Per poter raggiungere questo obiettivo si è scelto di procedere alla rilevazione dei tempi percentuali che impiegano le persone per svolgere le diverse attività, con un metodo per certi versi più analitico rispetto a quanto indicato dal protocollo di Good Practice.
Per l’utilizzo interno le difficoltà principali da superare erano infatti dovute a due fattori. Il primo è collegato alla specificità del lavoro di biblioteca, in cui molto spesso le persone nell’arco della medesima giornata svolgono più attività (ad esempio: dalla gestione delle risorse elettroniche, all’accoglienza, alla ricerca bibliografica). Il secondo nodo critico era determinato dal fatto che in un primo tempo la rilevazione passava per le dichiarazioni dei responsabili di biblioteca che, alla fine dell’anno e per ciascuna delle persone da loro gestite, indicavano le percentuali delle attività svolte.
Le nostre esigenze di un maggior dettaglio di analisi avevano bisogno però di una stima più precisa di quanto non fosse necessario a livello di ateneo.
Pertanto a partire dal 2013 nel Sistema bibliotecario dell’Università di Padova le percentuali di attività vengono rilevate chiedendo direttamente alle persone le attività svolte in settimane campione scelte durante l’anno. Ancora oggi a ciascun dipendente, per una settimana al mese, viene chiesto di collaborare specificando in un modulo online quali attività ha svolto e per quanto tempo.
Si tratta di un’autodichiarazione che non dipende dalle indicazioni del responsabile ed essendo contestuale riduce possibili imprecisioni. Naturalmente il metodo si basa sulla collaborazione diretta di tutte le persone che lavorano nelle biblioteche dell’ateneo e sulla loro precisione al momento della compilazione.
Le attività utilizzate, di seguito riportate nella Fig. 1 sono maggiormente dettagliate rispetto al protocollo voluto dal progetto Good Practice ma rimangono perfettamente riaggregabili e coerenti con esso.
Nuove acquisizioni di monografie e altro materiale documentario su qualsiasi supporto fisico (acquisti, doni, scambi e depositi legali) e tesi |
Nuove acquisizioni periodici cartacei (acquisti, doni e scambi) |
Gestione patrimonio |
Gestione amministrativa |
Gestione del sistema di automazione Aleph e relativo help desk |
Gestione progetti di innovazione |
Gestione risorse elettroniche |
Collezioni digitali Phaidra |
Gestione archivio istituzionale delle tesi e dati |
Accoglienza, presidio e gestione della sala, prestito utenti |
Reference strutturato |
Inter library loan (ILL) attivo e passivo |
Document delivery (DD) attivo e passivo |
Formazione utente |
Comunicazione esterna |
Servizio “Aiuto SBA” |
Sicurezza e manutenzione sede |
Formazione e gestione studenti 200 ore e volontari |
Attività per terza missione |
Riunione di coordinamento SBA e uffici |
Segreteria |
Appalti e approvvigionamenti |
Configurazione e gestione della rete |
Installazione, gestione hardware e software |
Realizzazione e gestione applicazioni |
Supporto alla ricerca |
Attività per strutture non bibliotecarie |
Altre attività |
Fig. 1: Attività utilizzate all’interno del Sistema bibliotecario dell’Università di Padova per la rilevazione di efficienza
Alla fine dell’anno dai dati raccolti si calcola la ripartizione percentuale dei tempi dedicati a ciascuna attività per dipendente. Tali dati riaggregati sono inviati al controllo di gestione che ha il compito di determinare i “costi di produzione” di tutte le aree dell’università e di rispondere alla richiesta del Politecnico.
Elaborando i dati in modo appropriato è possibile inoltre fare confronti interni tra l’efficienza delle diverse biblioteche sia in modo complessivo che per specifica attività. In nessun modo vengono fatti confronti di efficienza tra le singole persone in quanto da un lato non è possibile disporre di driver individuali che permettano di calcolare i singoli rapporti di efficienza; d’altro canto la produttività individuale non è di interesse ai fini dell’individuazione delle migliori pratiche.
Attraverso i dati rilevati con questa metodologia è stato anche possibile individuare alcuni ambiti di miglioramento organizzativo. Ad esempio, rilevando per le sole attività amministrativo contabili l’impiego di ben 23 persone distribuite in varie strutture, è stato possibile riorganizzare tali processi diminuendo il numero delle persone impiegate e aumentando l’efficienza.
Sempre rifacendosi alla metodologia di Good Practice è possibile confrontare il grado di efficienza dei poli bibliotecari dell’ateneo nel loro complesso in relazione alla soddisfazione degli utenti.
Il grafico della Fig. 2 è diviso in quattro quadranti: in alto a sinistra la situazione ottimale, bassi costi e gradimento dell’utenza elevato; nel quadrante opposto al contrario la situazione peggiore, alti costi e basso gradimento. Negli altri due quadranti si posizionano strutture con caratteristiche “miste”, strutture con alti costi e alto gradimento o bassi costi e basso gradimento.
Mentre il confronto complessivo tra poli bibliotecari in cui è organizzato il Sistema bibliotecario di Padova consente riflessioni di carattere generale sulle strutture, il medesimo confronto per singola attività o servizio permette di individuare le strategie organizzative specifiche più virtuose. Negli anni l’analisi dei dati raccolti ha dimostrato come il modello organizzativo a forte livello di accentramento del polo bibliotecario di ingegneria presenta una maggiore efficienza per molte delle attività rilevate. Il personale ha sempre garantito con turni la copertura del front office in tutte le biblioteche del polo ruotando in caso di necessità e l’organizzazione centralizzata delle principali attività di back office ha permesso di avere livelli di efficienza più elevati.
Occorre tenere presente che, come in molti altri ambiti, il lavoro nelle biblioteche è in continua evoluzione e pertanto anche le attività mappate e descritte con questa metodologia vanno adeguate ai mutamenti in atto e soprattutto allineate ai cambiamenti dei processi gestionali determinati dallo sviluppo delle attività collegate alla biblioteca digitale, come ad esempio il supporto all’Open Access e all’Open Data.
A questo fine sarebbe auspicabile riuscire a rinnovare lo sforzo di elaborazione progettuale condivisa messo in campo qualche anno fa da molti sistemi bibliotecari che aveva caratterizzato l’attività di GIM (Gruppo interateneo per il monitoraggio). Il limite di tale esperienza è stato probabilmente quello di rimanere troppo esclusivamente focalizzata sulle biblioteche.
Questo limite oggi deve e può essere superato anche perché la prossima sfida è rappresentata soprattutto dalla definizione condivisa e dalla rilevazione sistematica delle attività che le biblioteche delle università svolgono nell’ambito della Terza missione, che oramai costituisce uno degli impegni strategici di tutti gli atenei.
Tale impegno viene formalizzato da ciascun ateneo con la compilazione della Scheda unica annuale - Terza missione e impatto sociale (SUA-TM/IS) e valutato dall’Anvur. Purtroppo per quanto riguarda le biblioteche i dati richiesti dall’Anvur per la valutazione nazionale della terza missione sono limitatati alle sole biblioteche/emeroteche storiche e prendono in considerazione esclusivamente il patrimonio antico. È una visione tradizionale dichiaratamente basata sul Codice dei beni culturali e allineata con l’orientamento culturale del Mibac che privilegia gli investimenti sui musei e sugli scavi perché hanno una maggiore possibilità di attrarre i turisti e quindi costituiscono un fattore di potenziale sviluppo economico.
Questo indirizzo non tiene conto della realtà delle attuali biblioteche accademiche spesso caratterizzate da una forte complessità e una notevole dinamicità. In molti casi l’organizzazione in sistemi bibliotecari di ateneo ha permesso di operare su nuovi fronti come ad esempio la gestione di archivi istituzionali ad accesso aperto. Per ora l’Open Access rappresenta una dimensione che risulta completamente assente dalla rilevazione nazionale.
In realtà il sistema delle biblioteche accademiche in questi anni ha ampliato le proprie attività tradizionali essenzialmente in tre direzioni: lo sviluppo e la valorizzazione del patrimonio culturale; il supporto all’Open Science; l’impegno pubblico.
La rilevazione dei costi di queste attività costituisce un passaggio assolutamente necessario per valorizzare il contributo che le biblioteche forniscono anche sul versante della terza missione che va ben al di là della valorizzazione del patrimonio librario antico e di pregio.
In primo luogo occorre capire se è possibile individuare delle attività di social engagment peculiari e caratterizzanti svolte direttamente dalle biblioteche visto che attualmente non sono rilevate né in Good Practice né tantomeno nella SUA-TM/IS. In secondo luogo è necessario chiedersi se siano misurabili e con quale metodologia.
A questo scopo un primo passo operativo potrebbe venire dalla revisione dell’elenco delle attività delle biblioteche censite nel progetto Good Practice coordinato dal Politecnico. Operare in questa cornice, riconosciuta dalla maggior parte degli atenei, consente di superare il limite di autoreferenzialità riscontrato in precedenti esperienze.
Senza nessuna pretesa di esaustività, la Fig. 3 indica le attività più diffuse nelle biblioteche delle università.
Alternanza scuola lavoro |
Catalogazione documenti antichi e di pregio |
Servizio civile |
Gestione archivi istituzionali open access |
Organizzazione eventi e conferenze |
Mostre fisiche |
Presentazioni autori e libri |
Mostre virtuali |
Laboratori bambini |
Progetti di digitalizzazione |
Inclusione |
Supporto Open Access e Open data |
Accesso dei cittadini ai servizi di consultazione e prestito |
Prestiti documentazione di pregio per esposizioni o mostre a istituzioni esterne |
Fig. 3: Attività iscrivibili nella cornice della terza missione
La messa a punto di una metodologia per rilevare in modo sistematico i costi dell’impegno delle biblioteche nell’ambito della terza missione permette di avere un quadro di riferimento comune, consente di distinguere il ruolo svolto dalle biblioteche rispetto a quello di altri servizi dell’ateneo e/o dei dipartimenti superando le diversità organizzative strutturali dei diversi atenei, facilita l’analisi e l’ottimizzazione degli investimenti sulle attività e l’impiego delle persone.
Una delle ragioni dell’approccio conservativo scelto da Anvur su questo fronte è dovuto alla volontà di alleggerire il carico di compilazione delle schede di rilevazione da parte degli atenei. Possedere i dati e quindi gli indicatori di sintesi relativi alle attività è una delle condizioni necessarie, anche se non sufficienti, per poter proporre il loro inserimento nella scheda SUA-TM/IS.
L’analisi dei costi delle attività e la loro valutazione è un tema sicuramente delicato e per certi versi urticante e impegnativo ma, a nostro avviso, ineludibile dato che quello che non può essere misurato e rappresentato corre il rischio di non solo di essere poco considerato ma anche di non esistere.
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