Plan S per un accesso aperto – equo e sostenibile – alla conoscenza
Istituto nazionale di fisica nucleare, stefano.bianco@Inf.infn.it
Istituto nazionale di fisica nucleare, laura.patrizii@bo.infn.it
Stefano Bianco è membro dell’Expert Group di cOAlition S, Laura Patrizii è membro del Working Group on Open Access to Research Publications. Questo lavoro nasce nell’ambito del gruppo di lavoro oa@lists.infn.it sull’Open Access dell’INFN, in collaborazione con Roberto Barbera, Marcello Maggi e Dario Menasce.
Per tutti i siti web l’ultima consultazione è stata effettuata il 6 novembre 2019.
Abstract
Nel settembre 2018 undici istituzioni membri di Science Europe – organizzazione formata da enti e agenzie di ricerca europee operanti sia nel settore scientifico, sia in quello umanistico/sociale – sostenute dalla Commissione europea e dal Consiglio europeo della ricerca, hanno creato la collaborazione cOAlition S e lanciato un progetto innovativo. Il progetto, chiamato Plan S, è una nuova iniziativa che si prefigge di realizzare la transizione definitiva all’accesso aperto – Open Access – alle pubblicazioni scientifiche e accademiche derivanti da ricerche finanziate con fondi pubblici. I finanziatori della ricerca aderenti a cOAlition S si impegnano, per i nuovi progetti approvati dopo il 1 gennaio 2021, a non finanziare i costi di pubblicazione su riviste che chiedono sia il pagamento degli abbonamenti sia il pagamento dei diritti di pubblicazione. Riconoscendo che la soluzione del problema dell’accesso è connessa con la valutazione della ricerca, si impegnano inoltre a non utilizzare l’indice impact factor come parametro per determinare la qualità di una pubblicazione scientifica. L’Istituto nazionale di fisica nucleare ha aderito a Plan S e sta svolgendo un lavoro di comunicazione e informazione diretto al mondo accademico, con particolare riferimento ai giovani precari, alle società scientifiche e agli editori nazionali, in stretto contatto con la Conferenza dei rettori delle università italiane e il Consiglio nazionale delle ricerche. Vengono discusse le modalità di implementazione di Plan S e le importanti sfide, ma anche le opportunità, che esso propone.
English abstract
In September 2018, eleven institutions members of Science Europe – association of major public research funding or performing organizations in Europe operating in both the scientific and the social sciences – with the support of the European Commission and the European Research Council, have created the cOAlition S collaboration and launched Plan S. Plan S is an innovative action with the goal of attain the Open Access to scientific publications realised via public research funding. The funders members of cOAlition S will not pay publication fees, as per the new projects approved after January 1st 2021, for article submitted to journals exploiting the “double dipping” commercial model. Because of the awareness of the limitations of the bibliometrics index called “impact factor”, the cOAlition S funders also commit not to use it in the research evaluation procedures for careers and funding as a valid parameter to assess the quality of a scientific work. The Italian Institute for Nuclear Physics (INFN) has signed Plan S and, in close relationship with the Universities, the Conference of Rectors (CRUI), and the National Research Council (CNR), is outreaching the academic communities to discuss strengths, weaknesses, opportunities and threats. The implementation experience of Plan S in the INFN will be discussed.
Nel settembre 2018 undici istituzioni membri di Science Europe – organizzazione formata da enti e agenzie di ricerca europee operanti sia nel settore scientifico, sia in quello umanistico/sociale – sostenute dalla Commissione europea e dal Consiglio europeo della ricerca, hanno creato cOAlition S e lanciato Plan S, una nuova iniziativa per realizzare la transizione definitiva all’accesso aperto – Open Access – ovvero gratuito e immediato alle pubblicazioni scientifiche e accademiche.
Plan S è stato concepito da Robert-Jan Smits, all’epoca delegato della Commissione europea per l’Open Access, e ulteriormente sviluppata da Marc Schiltz, presidente di Science Europe. Il Commissario europeo per la ricerca, la scienza e l’innovazione, Carlos Moedas, aveva così commentato il lancio dell’iniziativa: «La conoscenza è potere e […] il libero accesso a tutte le pubblicazioni scientifiche dalla ricerca finanziata con fondi pubblici è un diritto morale dei cittadini».
Il principio base di Plan S è che, a partire dal 1 gennaio 2021, le pubblicazioni scientifiche derivanti da progetti di ricerca finanziati dai membri di cOAlition S devono essere pubblicate su riviste o piattaforme open access che soddisfino ben definite condizioni. Gli aderenti a cOAlition S – oggi una ventina fra finanziatori nazionali della ricerca, enti di beneficenza tra cui Wellcome Trust e la fondazione Bill e Melinda Gates – condividono il principio che la conoscenza derivata dalle ricerche finanziate con soldi pubblici debba essere accessibile a tutti coloro che sono interessati e che la sua diffusione non debba essere limitata dai costi di accesso.
L’accesso all’informazione è un bene primario, chiave dello sviluppo culturale ed economico dei paesi e presupposto fondante del principio della libertà di pensiero.
Sul frontespizio del più antico libro a stampa conosciuto, il Diamond Sutra, scoperto a Dunhuang in Cina nel 1900 e oggi conservato alla British Library, si legge che esso è stato composto, nell’868 d.C., su volere del committente «per distribuzione libera e universale».
Galileo Galilei pone i principi della scienza moderna e inaugura la comunicazione della scienza, pubblicando nel 1632 a Firenze presso Giovan Battista Landini il Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo, poi pubblicato di nuovo nel 1635 a Leyden, nei Paesi Bassi a cura dell’editore Abraham Elzevir.
L’editoria commerciale si rende immediatamente conto del valore della comunicazione scientifica, ma la comunità accademica ne mantiene comunque il controllo. La rivista «Philosophical transactions» viene fondata nel 1665 dalla Royal Society e rappresenta l’ingresso delle società accademiche nel mondo dell’editoria scientifica.
Oggi l’accesso alle pubblicazioni scientifiche finanziate attraverso fondi pubblici è ostacolato da un sistema editoriale in mano a un oligopolio internazionale. Dalla fine degli anni Novanta i costi degli abbonamenti sono cresciuti al di sopra di ogni indice inflattivo. Paradossalmente, innovazioni tecnologiche quali l’introduzione del World Wide Web e di arXiv hanno semplificato le modalità di diffusione dell’informazione riducendone i costi e moltiplicando i profitti delle grandi case editrici. Questo in parte è possibile perché gli editori non corrispondono alcuna royalty agli autori per il contenuto commercializzato, contenuto che peraltro deriva da ricerche sostenute con finanziamenti pubblici. In aggiunta, la revisione paritaria (peer-review), il vero servizio fornito dagli editori, è svolto dalla stessa comunità scientifica senza alcun compenso. Ultima, ma non meno importante situazione paradossale, è quella della valutazione della ricerca nazionale che utilizza, in Italia, le base dati a pagamento Web of science e Scopus, quest’ultima di proprietà di uno dei grandi editori internazionali.
Trent’anni fa l’avvento di internet aveva creato una condizione unica alla condivisione globale e immediata della conoscenza. Da questa opportunità aveva preso le mosse il movimento dell’Open Access, espressione introdotta per la prima volta nel 2002 con The Budapest Open Access Initiative, nel cui prologo si legge «una vecchia tradizione e una nuova tecnologia oggi convergono rendendo possibile un bene pubblico senza precedenti». Nel 2003, la Dichiarazione di Berlino, manifesto del movimento Open Access, afferma: «La nostra missione di disseminazione della conoscenza è incompleta se l’informazione non è resa largamente e prontamente disponibile alla società». L’Open Access mira quindi a rendere i risultati della ricerca disponibili a tutti e a eliminare la maggior parte degli ostacoli al loro uso e riutilizzo, migliorando in tal modo l’efficacia della ricerca, e il suo potenziale impatto sulla società, sulla politica e l’economia.
Durante il primo decennio del XXI secolo la consapevolezza della comunità scientifica si allarga, ma il livello di azione rimane limitato a dichiarazioni e prese di posizione, con ben poche azioni concrete. Un’analisi delle pubblicazioni scientifiche a livello mondiale (Fig. 1) riportava che nel 2016 la frazione di riviste che pubblicavano articoli immediatamente ad accesso aperto era solo il 15% circa.
È nel secondo decennio di questo secolo che maturano le condizioni che porteranno alle prime due azioni pionieristiche efficaci ponendosi aldilà delle dichiarazioni di principio. Il CERN di Ginevra lancia nel 2014 il progetto SCOAP3 per la conversione dei fondi di abbonamento in quote di associazione a un consorzio che negozia la pubblicazione in open access. In Italia SCOAP3 è coordinato dall’Istituto nazionale di fisica nucleare (INFN) in collaborazione con la Conferenza dei rettori delle università italiane (CRUI) e le università partecipanti. INFN e CRUI nel 2018 aderiscono all’iniziativa OA2020 promossa dal Max Planck Institüt tedesco, per la conversione dei fondi degli abbonamenti in un modello economico publish and read. Anche nell’opinione pubblica e nella stampa generalista si diffonde l’idea dell’Open Access come strumento irrinunciabile per la libertà di pensiero. Movimenti come il Gruppo Laser accomunano l’OA all’uso indiscriminato della brevettazione:
Come spiegare le migliaia di dollari ricavate dagli editori scientifici per ciascun articolo? In fin dei conti, il solo servizio garantito dagli editori scientifici è il controllo della qualità, attraverso la peer review, ovvero la revisione da parte di esperti di un articolo per la pubblicazione.
E ancora:
L’accesso aperto attiene più al regime di copyright che a quello brevettuale. Tuttavia, la questione della pubblicazione delle ricerche è centrale per giustificare l’invadenza del brevetto nella scienza; secondo i suoi fautori, infatti, garantirebbe la comunicazione delle innovazioni, in cambio della loro privatizzazione. Lo sviluppo di un sistema d’informazione scientifica liberamente accessibile al pubblico farebbe decadere questa parziale “ragione sociale” del brevetto per quindi favorirne il superamento.
Negli ultimi anni, infine, la stampa generalista si interessa, preoccupata, del fenomeno della inaccessibilità all’informazione scientifica, con lavori che entrano nel dettaglio dei meccanismi economici alla base del mercato delle pubblicazioni scientifiche. Allo stesso tempo compaiono studi che affrontano il problema di affermare il principio della scienza aperta come democrazia e libertà (Maria Chiara Pievatolo) e che affrontano il problema della legislazione italiana sul diritto di autore, proponendone emendamenti e avanzamenti sul piano giuridico (Roberto Caso nell’ambito dell’AISA). In entrambi i casi, risulta sempre evidente la connessione strettissima dell’accesso aperto con la valutazione della ricerca.
Per comprendere a fondo la portata dell’iniziativa Plan S occorre analizzare il mercato editoriale e i relativi modelli. Esistono diverse forme di accesso aperto; le due principali sono il gold open access e il green open access. Nel primo caso la versione finale di un articolo è resa accessibile a tutti gratuitamente e permanentemente subito dopo la pubblicazione – che avviene dietro pagamento di article processing charge (APC) – il copyright sull’articolo resta agli autori e la maggior parte delle barriere sulla riproduzione viene rimossa. Con il green open access, noto anche come self-archiving, si intende il deposito gratuito dell’articolo pubblicato in un archivio digitale accessibile gratuitamente a tutti. Le condizioni sul self-archiving, ad esempio la versione da depositare e la durata dell’embargo, ovvero il tempo minimo di attesa dopo la pubblicazione sulla rivista, variano da editore a editore.
In tempi recenti alle riviste su abbonamento (“paga per leggere”) e a quelle ad accesso aperto (“paga per pubblicare”) si sono aggiunte le riviste ibride ovvero riviste tradizionali che offrono la possibilità di pubblicare ad accesso aperto dietro pagamento degli APC. Questo modello editoriale è all’origine del cosiddetto fenomeno del double dipping: al costo degli abbonamenti si aggiungono quelli di pubblicazione.
Il mercato editoriale è inoltre fortemente anomalo perché controllato da pochi grandi editori. In un recente studio si legge
L’attuale mercato editoriale scientifico è dominato da sei editori. Elsevier, Springer-Nature, Wiley, Taylor & Francis, American Chemical Society e Sage pubblicano più del 50 per cento degli articoli scientifici […] la consultazione delle loro riviste è permessa principalmente solo a chi ha un abbonamento. Per garantirlo ai loro ricercatori e studenti, tra il 2017 e il 2018 in Europa le università hanno pagato 726 milioni di euro all’anno, il 65 per cento dei quali è andato ai cinque grandi editori.
All’origine di questa anomalia è il ruolo delle pubblicazioni nella vita scientifica e accademica. L’articolo pubblicato su una rivista costituisce un prodotto unico non sostituibile con un altro sullo stesso argomento pubblicato su una rivista diversa. Questo permette all’editore di agire come monopolista. A completare il circolo vizioso è l’utilizzo diffuso del journal impact factor (IF) nella valutazione dei risultati scientifici di individui e istituzioni. Le riviste ad alto IF sono quelle che studiosi e ricercatori chiedono siano incluse tra gli abbonamenti sottoscritti dalle biblioteche della loro istituzione (ignorando o comunque non tenendo in considerazione i costi di abbonamento). Per far fronte a costi degli abbonamenti, non più sostenibili, le biblioteche hanno ridotto il numero delle riviste mantenendo in generale quelle più prestigiose (e costose).
I dati pubblicati dalla Association of Research Libraries (ARL), un’organizzazione che include le biblioteche delle principali università e agenzie governative, in Canada e negli Stati Uniti, indicano che la spesa per gli abbonamenti è cresciuta del 166% dal 1998 al 2018 (Fig. 2).
Questo aumento, che supera di molto quello dell’indice dei prezzi al consumo (consumer price index, CPI in Fig. 2), è solo in parte attribuibile all’aumentato volume di articoli pubblicati (Fig. 3).
Diverse istituzioni in Europa e negli Stati Uniti hanno aperto trattative con le case editrici per stipulare contratti sostenibili. Alcune di esse si sono concluse con accordi importanti, in altri notevoli casi la posizione intransigente dei publisher ha portato alla rottura e alla cancellazione degli abbonamenti.
Plan S si inserisce in questo contesto come un’azione radicale e ambiziosa (secondo Robert-Jan Smits la “S” può essere intesa come “scienza”, “soluzione” o anche “shock”). Aumentare la pressione internazionale sulle grandi case editrici affinché modifichino il loro modello economico e rendano possibile l’accesso aperto all’intera gamma di riviste è l’obiettivo di cOAlition S. L’iniziativa si è sviluppata in modo naturale nell’ambito di Science Europe, da sempre impegnata a promuovere una transizione sostenibile e rapida all’accesso aperto con azioni molto concrete, come OA2020 e Science 2.0 Research Alliance.
Plan S individua nel modello ibrido con double dipping e nell’IF i due fattori negativi. Impegna le organizzazioni aderenti a depositare su archivi aperti il manoscritto finale prima della pubblicazione (green OA), a non pubblicare su riviste ibride salvo quelle oggetto di contratti di trasformazione. Viene inoltre chiesto di non utilizzare l’IF nella valutazione di programmi e ricercatori.
Il lancio di Plan S è stato accolto con enorme interesse, ricevendo molti commenti positivi, ma anche moltissime critiche. Al successivo sondaggio promosso da cOAlition S per evidenziare criticità e raccogliere suggerimenti, hanno risposto in oltre 600 tra ricercatori, bibliotecari, università, enti di ricerca, cittadini e altre organizzazioni, da oltre 40 paesi. L’analisi delle risposte ricevute ha portato nel 2019 a una versione aggiornata della guida all’implementazione di Plan S. Una via di pubblicazione indicata da Plan S è il deposito, in archivi conformi, del manoscritto finale prima della pubblicazione.
È stato di recente annunciato l’impegno sottoscritto da COAR (Confederation of Open Access Repository) e cOAlition S a lavorare insieme affinché i repository possano conformarsi a Plan S. Sono in corso contatti approfonditi con arXiv per agevolare la sua conformità con Plan S. Gli archivi istituzionali offrono un’opzione OA a basso costo e di alto valore e costituiscono un’efficiente meccanismo per introdurre innovazione nella comunicazione scientifica fungendo da veicoli per lo sviluppo di nuovi modelli di diffusione e fornendo accesso a una vasta gamma di contenuti accademici. L’INFN si è recentemente attivato verso la creazione di un archivio istituzionale basato su tecnologie di punta sviluppate dal CERN quali Zenodo e Invenio, pronto per la gestione di contenuti open data e predisposto per la conservazione di tali contenuti nel tempo.
Pur ritenendo che i principi di Plan S siano da estendere a ogni forma di pubblicazione, cOAlition S riconosce che per le monografie, e più in generale per i libri, sono necessari modi specifici e tempi più lunghi. Obiettivo dichiarato è di rilasciare entro il 2021 «una dichiarazione dei principi di Plan S applicati alle monografie e ai capitoli di libri, insieme alla relativa guida all’implementazione».
Plan S ha stimolato una discussione globale sulla cultura della condivisione, la cui promozione richiede la presa di coscienza e il coinvolgimento dell’intera comunità scientifica per esplorare nuovi modelli editoriali, rivedere i meccanismi di valutazione della ricerca, sensibilizzare e affrontare i possibili impatti su altri aspetti del processo di ricerca. È ancora troppo presto per poter dire se Plan S avrà successo o meno. Certamente però costituisce un’opportunità da cogliere.