Le biblioteche di ricerca tedesche e l’acquisizione delle risorse elettroniche: strategie, progetti e business model
Biblioteca civica “C. Battisti”, Bolzano; saradinotola@gmail.com
Per tutti i siti web l’ultima consultazione è stata effettuata il 17 ottobre 2017.
Abstract
In Germania le wissenschaftliche Bibliotheken sono impegnate, da diversi anni, nella ricerca e nell’applicazione di strategie e metodi che possano permettere di ottimizzare l’acquisizione delle risorse elettroniche, divenute ormai centrali nell’ambito della comunicazione scientifica. Il contributo illustra le principali linee direttrici di tale processo, che si concretizzano nel potenziamento dell’acquisizione coordinata, nella negoziazione delle licenze d’accesso a livello consortile e nazionale, nella complementarietà di diversi metodi (tra cui big deal, pay-per-view e patron-driven-acquisition) e infine nel sostegno all’Open Access, visto come possibile alternativa ai tradizionali business model. Tutto ciò sta portando a un ripensamento dello storico ruolo delle biblioteche di ricerca tedesche: si sta in parte rinunciando alla tipica Reservoir-Funktion (ossia la pretesa di assicurare l’esaustività delle collezioni in termini assoluti) e contemporaneamente si sta ponendo una maggiore attenzione nel garantire la tempestività e l’attualità dell’offerta, per rispondere in modo più adeguato ai bisogni informativi degli utenti.
English abstract
German research libraries are engaged, for several years, in implementing strategies and methods that can optimize the acquisition of electronic resources that have become central in the field of scientific communication. The article illustrates the main aspects of this process, which are the enhancement of coordinated acquisition, the negotiation of consortium and national access licenses, the complementarity of various acquisition methods (including big deal, pay-per-view and patron-driven-acquisition) and finally the support for open access, seen as a possible alternative to traditional business models. All this is leading to a rethinking of the traditional role of German research libraries: they are renouncing in part the typical Reservoir-Funktion (the claim to assure the exhaustiveness of the collections in absolute terms) while at the same time they are paying more attention to ensure the timeliness of the collections, in order to respond more appropriately to the informational needs of users.
Introduzione
A partire dalla metà degli anni Novanta del secolo scorso è iniziata a crescere, in termini quantitativi e qualitativi, la rilevanza delle pubblicazioni in formato elettronico nell’ambito dell’editoria e della comunicazione scientifica. Allo stesso tempo, le biblioteche di ricerca hanno cominciato a dedicare sempre più tempo, energie e risorse economiche alla loro acquisizione.
Basti notare, ad esempio, che le biblioteche facenti parte dell’Association of Research Libraries (ARL) tra il 2002 e il 2012 hanno aumentato in media del 20% all’anno la loro spesa per le pubblicazioni elettroniche, a fronte di una crescita dei fondi economici complessivi per gli acquisti pari soltanto al 4% annuo. Inoltre, nel 2015 le biblioteche accademiche del Nord America hanno utilizzato mediamente il 72% del loro budget per le risorse elettroniche, dato che si attestava invece al 60,8% in Europa. Focalizzandosi sulla Germania, da quanto emerso dalle ricerche condotte dalla Deutsche Bibliotheksstatistik (DBS), nel 2009 le biblioteche di ricerca hanno dedicato ai documenti elettronici in media il 29,6% del loro budget per gli acquisti, percentuale che è salita al 53,3% nel 2015 (al 64% nel caso delle sole biblioteche accademiche) e che si prevede in ascesa per gli anni futuri.
Nonostante questi dati dimostrino che gli e-journal, gli e-book e le banche dati rappresentano ormai una componente essenziale delle collezioni delle biblioteche di ricerca, non bisogna dimenticare che la loro acquisizione e la loro gestione hanno posto e pongono tuttora ai bibliotecari numerose sfide. Queste ultime derivano non solo dalla natura immateriale delle risorse elettroniche, ma anche dal modo in cui esse vengono acquisite e rese accessibili, sulla base di diversificati business model e contratti di licenza. Proprio a partire dalla consapevolezza delle notevoli diversità tra il workflow delle risorse cartacee – che appare lineare e fondato su solide e condivise basi – e quello delle risorse elettroniche – più complesso e meno standardizzato – la letteratura professionale, in primis quella anglo-americana, dai primi anni Duemila ha iniziato a dedicare una grande attenzione a un nuovo filone di studi, denominato electronic resource management (ERM), che continua ancora a suscitare un notevole interesse.
Tra i temi maggiormente dibattuti nell’ambito dell’ERM, si ricordano il concetto di biblioteca ibrida; il cambiamento del ruolo e delle competenze dei bibliotecari all’interno del nuovo scenario, così come la necessità di una nuova organizzazione interna del lavoro; le questioni più prettamente tecniche e gestionali, come quelle inerenti lo sviluppo di sistemi di gestione alternativi rispetto agli ormai tradizionali integrated library system (ILS). Infine non bisogna dimenticare le riflessioni relative a una fase specifica della gestione delle collezioni, ossia il cosiddetto collection development, che ha a che fare con la selezione, l’ordine e l’acquisizione delle risorse elettroniche ed è direttamente influenzato dall’evoluzione del mercato editoriale, dai modelli commerciali proposti dai fornitori e dal nuovo rapporto che si instaura tra questi ultimi e le biblioteche. Il presente contributo intende soffermarsi proprio sui business model, sui metodi per l’acquisizione delle e-resource e, in modo particolare, sulle soluzioni scelte in tal senso dalle biblioteche di ricerca tedesche.
Le biblioteche di ricerca in Germania
Prima di analizzare nel dettaglio la politica relativa allo sviluppo delle collezioni elettroniche condotta nel corso degli ultimi anni in Germania, vale la pena di ricordare brevemente le diverse tipologie bibliotecarie che compongono l’articolato sistema delle biblioteche di ricerca, identificate con l’espressione wissenschaftliche Bibliotheken.
Il primo gruppo è costituito dalle sei Bibliotheken mit nationaler Bedeutung, vale a dire le biblioteche di rilevanza nazionale. Tra queste spicca la Deutsche Nationalbibliothek, con sede a Francoforte e a Lipsia, che ha assunto come compito principale quello di raccogliere, catalogare, conservare e rendere disponibili tutte le opere (in ogni formato) pubblicate in Germania dal 1913 e ricevute tramite deposito legale, nonché quelle edite, sempre a partire dallo stesso anno, all’estero in lingua tedesca, le traduzioni di testi tedeschi in altre lingue e le opere straniere sulla Germania. La Deutsche Nationalbibliothek redige inoltre la bibliografia nazionale tedesca e cura dei fondi speciali, ovvero il Deutsches Exilarchiv 1933-1945, l’Anne-Frank-Shoah-Bibliothek e il Deutsches Buch und Schriftmuseum.
Altre due biblioteche con funzioni di livello nazionale sono la Staatsbibliothek zu Berlin-Preußischer Kulturbesitz e la Bayerische Staatsbibliothek München che raccolgono ampie e aggiornate collezioni di opere pubblicate non solo in Germania, ma anche all’estero, riguardanti i diversi rami del sapere. Proprio per l’assenza, almeno in linea teorica, di limiti cronologici, geografici e contenutistici delle rispettive raccolte, queste due istituzioni sono definite Universalbibliotheken; va ricordato inoltre che esse sono membri storici di due dei più importanti e antichi progetti tedeschi relativi allo sviluppo delle collezioni, ossia quello denominato Sammlung Deutscher Drucke e il Sondersammelgebietsplan (SSG), sul quale si tornerà più avanti.
Chiudono il quadro delle biblioteche con significato nazionale le tre Zentralen Fachbibliotheken, che si caratterizzano per le loro collezioni altamente specializzate nel campo delle scienze applicate. In particolare, la Technische Informationsbibliothek di Hannover si occupa di tecnica, architettura, chimica, informatica, matematica e fisica; la Deutsche Zentralbibliothek für Medizin si concentra sulla medicina (sede di Köln), nonché sull’alimentazione, sulle scienze ambientali e sull’agraria (sede di Bonn); infine la Deutsche Zentralbibliothek für Wirtschaftswissenschaften, ubicata a Kiel e a Hamburg, si distingue per essere la più grande biblioteca specialistica di economia al mondo.
Tra le wissenschaftliche Bibliotheken rientrano anche le Regionalbibliotheken, ossia una quarantina di istituzioni che acquisiscono – in molti casi per diritto di stampa – e conservano la letteratura pubblicata in uno specifico Land o in parte di esso (come una circoscrizione amministrativa o una città con il suo comprensorio). Spesso tali biblioteche presentano origini, dimensioni, collezioni, istituzioni di appartenenza diverse, ma sono chiamate a svolgere funzioni simili. Alla categoria delle Regionalbibliotheken appartengono le Landesbibliotheken, in alcuni casi identificate con l’espressione Staatsbibliotheken, e alcune Stadtbibliotheken con funzioni di livello regionale. Inoltre tra le wissenschaftliche Bibliotheken vanno menzionate le Universitätsbibliotheken, ovvero le biblioteche accademiche, e le Fachhochschulbibliotheken, che dipendono dagli istituti superiori di formazione professionale. Queste due tipologie bibliotecarie sono poste principalmente al servizio dei membri delle facoltà e degli studenti, ma spesso sono aperte anche agli utenti non istituzionali.
Infine pure le cosiddette Spezialbibliotheken sono annoverate tra le biblioteche di ricerca e rappresentano senza dubbio il gruppo più ampio ed eterogeneo. Infatti possono dipendere da enti pubblici, privati o religiosi e anche le dimensioni delle rispettive raccolte variano a seconda dei casi. Tutte però sono accomunate dalla specializzazione disciplinare e dal forte legame con l’organismo di appartenenza e sono dunque finalizzate a soddisfare i bisogni informativi e di ricerca della propria utenza istituzionale. Si possono citare, a tal proposito, le biblioteche parlamentari e quelle degli istituti di ricerca, degli archivi, dei musei, delle società scientifiche e delle associazioni.
Complessivamente le wissenschaftliche Bibliotheken rappresentano un’enorme infrastruttura che nel corso del tempo, per svolgere al meglio le proprie funzioni, ha dovuto più volte adattarsi ai molteplici mutamenti culturali, tecnologici, sociali ed economici. Come ricordato in precedenza, la fase più recente di cambiamento ha avuto inizio intorno alla metà degli anni Novanta del secolo scorso e si è resa necessaria in seguito alla crescita esponenziale del numero delle pubblicazioni scientifiche disponibili anche o solo in formato elettronico, caratterizzate da prezzi molto elevati e da condizioni di accesso spesso poco favorevoli. Le biblioteche di ricerca tedesche – così come quelle degli altri paesi – si sono quindi trovate ad affrontare le difficili sfide poste da tali tipologie documentarie in termini di selezione, acquisizione e gestione; inoltre bisogna ricordare che ai costi elevati generalmente non è corrisposto un adeguato aumento dei fondi economici a disposizione delle istituzioni. In Germania, ad esempio, le statistiche indicano che i fondi complessivi per le acquisizioni assegnati alle wissenschaftliche Bibliotheken sono cresciuti nel corso dell’ultimo quindicennio, passando dai 230 milioni di euro del 2000 ai 232 milioni del 2005 e dai 296 milioni del 2010 ai 327 milioni del 2015. Nonostante ciò, si può parlare di una sproporzione tra il costo delle pubblicazioni elettroniche, molto elevato, e le risorse economiche a disposizione delle biblioteche, che non permettono a queste ultime di seguire i ritmi incalzanti del mercato dell’editoria scientifica in generale e di quella elettronica in particolare.
Nelle pagine seguenti verrà illustrato come le wissenschaftliche Bibliotheken stanno affrontando questa situazione e, più nello specifico, si metteranno in evidenza gli sforzi che esse stanno compiendo al fine di ampliare la loro offerta di risorse elettroniche e allo stesso tempo di ottimizzarne e sostenerne dal punto di vista economico la selezione e l’acquisizione. In particolare, verranno analizzate le principali linee direttrici delle nuove strategie d’azione di tali istituzioni che si concretizzano nel potenziamento dell’acquisizione coordinata, nella negoziazione delle licenze d’accesso a livello consortile e nazionale, nella scelta di metodi che sembrano in grado di garantire sia un miglior rapporto costi-benefici sia un’offerta documentaria più aggiornata e, infine, nel sostegno all’Open Access, visto come possibile e utile alternativa ai tradizionali business model. Come si noterà, tutto ciò sta determinando non soltanto l’adozione di nuove modalità di lavoro e una diversa organizzazione interna, ma sta portando, tra consensi e critiche, anche a un ripensamento dello storico ruolo delle biblioteche di ricerca tedesche.
Dal Sondersammelgebietsplan ai Fachinformationsdienste für die Wissenschaft
Le biblioteche di ricerca tedesche per poter ampliare la loro offerta di media elettronici e soddisfare le esigenze informative degli utenti, hanno ritenuto necessario ricorrere a molteplici strategie. Una di queste è rappresentata dall’acquisizione coordinata, che, tuttavia, in Germania non rappresenta una novità, in quanto è stata a lungo attuata per lo sviluppo delle collezioni cartacee. Infatti risale al 1949 l’attivazione, a opera della Notgemeinschaft der Deutschen Wissenschaft (NDW), della prima ampia e sistematica sperimentazione dell’acquisizione coordinata, ovvero il Sondersammelgebietsplan (SSG). Nei propositi dei suoi ideatori, il programma avrebbe dovuto garantire che ogni opera scientifica rilevante, pubblicata in qualsiasi nazione del mondo, fosse presente in almeno una copia nella Germania occidentale. Inizialmente presero parte a quest’esperienza ventisei biblioteche di ricerca e ognuna di esse assunse il compito di raccogliere la produzione mondiale in una o in alcune delle settantacinque aree disciplinari da coprire. Nel 1951 fu istituita la Deutsche Forschungsgemeinschaft (DFG), cui passò la responsabilità di seguire e finanziare in parte il piano SSG; nel 1998, dopo uno dei tanti processi di riforma ed estensione del progetto, esso vedeva la partecipazione di trentanove biblioteche, ossia le tre Zentrale Fachbibliotheken, ventiquattro Universitätsbibliotheken e dodici Spezialbibliotheken. Negli stessi anni, vista la solidità di SSG, si riteneva che esso potesse essere uno strumento opportuno anche per l’acquisizione delle sempre più numerose risorse elettroniche, così alle istituzioni partecipanti fu affidato il compito di acquisire, accanto alle monografie e ai periodici a stampa, anche le risorse elettroniche locali e successivamente quelle ad accesso remoto.
In seguito ai rilevanti cambiamenti avvenuti all’interno della produzione e della diffusione della comunicazione scientifica e ai tentativi effettuati per permettere al programma SSG di adattarsi a essi, la DFG nel biennio 2010-2011 ha intrapreso una sua valutazione sistematica, i cui risultati sono stati pubblicati nel 2012. La DFG, ritenendo che le modifiche attuate non avessero determinato un’adeguata integrazione tra risorse cartacee ed elettroniche e giudicando il modello SSG ormai obsoleto e non più realizzabile, ha optato per la creazione e il finanziamento del progetto denominato Fachinformationsdienste für die Wissenschaft (FID), che ha sostituito in modo graduale il piano SSG nel corso del triennio 2013-2015.
Questo nuovo programma, pur conservando l’impostazione basata sulla suddivisione e sulla distribuzione degli acquisti tra più biblioteche di ricerca, si fonda su principi completamente diversi rispetto al predecessore. Il piano SSG prevedeva di garantire lo stesso approvvigionamento per le diverse discipline e l’acquisizione della produzione scientifica era indipendente dalla domanda effettiva: l’obiettivo consisteva nella costituzione di un serbatoio documentario per soddisfare i bisogni correnti e quelli futuri dei ricercatori tedeschi. I promotori del sistema FID, invece, hanno giudicato tale compito da un lato difficilmente perseguibile, soprattutto a causa della ristrettezza dei fondi economici, e dall’altro poco utile principalmente in riferimento a determinati settori disciplinari, come quelli tecnici e scientifici, in cui le pubblicazioni sono soggette a una maggiore e veloce obsolescenza. Dunque nell’ambito del FID alla logica del just in case si è preferita un’impostazione che segue maggiormente quella del just in time. Lo sviluppo delle raccolte deve essere selettivo e guidato dai bisogni espressi dagli studiosi: le singole biblioteche, dialogando con la comunità scientifica, stabiliscono così una struttura distribuita e demand-driven. Inoltre all’interno del FID è previsto di dedicare una maggiore percentuale dei fondi forniti dalla DFG all’acquisizione delle risorse elettroniche, superando in questo modo uno dei limiti di SSG e promuovendo la politica dell’e-only.
Un’altra caratteristica che contraddistingue il FID è la maggiore flessibilità: nel contesto di SSG la DFG sovvenzionava, per il 75%, l’acquisizione di monografie e periodici stranieri, mentre la spesa per l’acquisto delle pubblicazioni tedesche doveva essere sostenuta interamente dalle biblioteche; invece nel nuovo progetto non esiste più la restrizione relativa all’origine delle pubblicazioni. Tuttavia, si assiste a un adeguamento della percentuale della spesa che deve essere sostenuta dalle biblioteche, che passa dal 25% al 33% e di conseguenza diminuisce l’entità del sovvenzionamento da parte della DFG. I costi legati al personale e alle infrastrutture tecnologiche, analogamente a SSG, sono a carico delle biblioteche stesse.
I consorzi per l’acquisizione delle risorse elettroniche
La collaborazione tra le wissenschaftliche Bibliotheken nell’ambito dell’acquisizione delle e-resource viene posta in essere non solo grazie agli specifici progetti sostenuti dalla DFG e illustrati nel precedente paragrafo, ma anche tramite l’azione consortile.
In Germania l’acquisizione congiunta ha trovato ampia diffusione intorno alla metà degli anni Novanta del secolo scorso, quando furono costituiti diversi consorzi bibliotecari soprattutto per far fronte alla serial crisis relativa alle pubblicazioni scientifiche, sia in formato cartaceo che elettronico. All’inizio del nuovo millennio, tale sistema è stato potenziato in quanto giudicato utile per affrontare in modo condiviso le delicate questioni connesse con la selezione e con l’acquisizione di banche dati, e-journal ed e-book e soprattutto per l’ottenimento di migliori condizioni durante la stipulazione dei contratti di licenza; così ai consorzi esistenti se ne sono aggiunti altri di nuova formazione.
I consorzi di cui fanno parte le wissenschaftliche Bibliotheken presentano una varietà di forme organizzative e anche dimensioni differenti. Rispecchiando la struttura federale tedesca, la maggior parte di essi è sorta a livello regionale e si possono qui ricordare: il Konsortium Baden-Württemberg, che è stato istituito nel 1999 ed è formato attualmente da oltre cinquanta biblioteche di ricerca di varia tipologia con sede in questo Land; il Bayern-Konsortium, che comprende quarantuno membri, tra cui la Bayerische Staatsbibliothek; il Friedrich-Althoff-Konsortium per il Brandenburg; l’HeBis-Konsortium per l’Hessen e parte del Rheindald-Pflaz che svolge funzioni molto ampie inerenti non solo alla contrattazione delle licenze e comprende cinquantotto biblioteche; il Niedersachsen-Konsortium, composto da venticinque istituzioni; il Nordrhein-Westfalen-Konsortium; il Sachsen-Konsortium formato da quattordici membri e i consorzi istituiti nei seguenti Länder: Rheindald-Pflaz, Mecklenburg-Vorpommern, Saarland, Sachsen, Sachsen-Anhalt, Thüringen, Bremen.
Bisogna citare anche il consorzio sorto a livello interregionale, ovvero il Gemeinsamer Bibliotheksverbund (GBV) e quelli legati a singoli istituti di ricerca, quali la Fraunhofer-Gesellschaft, l’Helmholtz-Gemeinschaft Deutscher Forschungszentren, la Max-Planck-Gesellschaft e la Wissenschaftsgemeinschaft Gottfried Wilhelm Leibniz. A questi si aggiunge il consorzio nato nell’ambito del Bundesministerium für Ernährung, Landwirtschaft und Verbraucherschutz.
Tutti i consorzi appena menzionati sono membri della German, Austrian and Swiss Consortia Organisation (GASCO), istituita nel 2000, che riunisce i consorzi bibliotecari dei tre paesi di lingua tedesca con il primario obiettivo di rafforzare la posizione delle biblioteche nel mercato dell’editoria digitale in piena espansione. Le attività della GASCO sono guidate dai principi stabiliti da importati documenti a livello internazionale, come quelli stilati da LIBER e da ICOLC.
Le Nationallizenzen e le Allianzlizenzen
A un livello superiore rispetto all’azione condotta dai singoli consorzi si pone la contrattazione con gli editori svolta a livello nazionale, che è diventata un tema di grande interesse per molte biblioteche di ricerca tedesche a partire dai primi anni Duemila. Anche se le licenze stipulate su base nazionale sono state sperimentate in diversi paesi, la soluzione tedesca delle Nationallizenzen, grazie alle sue peculiarità, è vista all’estero come un modello. Ancora una volta è risultata fondamentale l’azione della DFG che ha ritenuto necessaria la profusione di uno sforzo nazionale al fine di ampliare l’offerta delle risorse elettroniche da parte delle biblioteche accademiche e di ricerca tedesche, finanziando dal 2004 il programma denominato Überregionale Literaturversogung und Nationallizenzen.
Le prime licenze, dette Nationallizenzen “Classics”, realizzate tra il 2004 e il 2010, permettono l’accesso alle abgeschlossene Publikationen: a otto biblioteche di ricerca con una pluriennale esperienza nella selezione di ingenti quantità di risorse documentarie è stato affidato il compito di negoziare, sulla base di criteri predefiniti, accordi di licenza con gli editori e con i fornitori. Grazie a un investimento di circa 100 milioni di euro sono state stipulate più di 140 licenze: possono accedere in modo permanente e gratuito a tali contenuti non solo le biblioteche, le università e gli istituti di ricerca, ma anche i privati cittadini residenti in Germania; proprio questo elemento è uno dei tratti distintivi del modello tedesco. Entrando più nel dettaglio, nel biennio 2004-2005 le licenze hanno contemplato banche dati chiuse molto ampie, relative soprattutto al settore umanistico e altrimenti difficilmente accessibili a livello locale a causa dei costi elevati. Nel 2005-2006 le licenze nazionali hanno riguardato anche una grande quantità di archivi di periodici, principalmente del settore delle scienze dure; nello stesso periodo sono stati sviluppati anche progetti pilota per l’accesso agli e-book.
Successivamente è stato intrapreso un altro progetto, detto Nationallizenzen für laufende Zeitschriften (NZL), finalizzato all’acquisizione di periodici correnti e la fase pilota si è estesa dal 2008 al 2010. Si è arrivati così alla stipulazione di dodici licenze, sulla base di due diversi modelli. Il primo, riprendendo l’impostazione delle Nationallizenzen, prevedeva il finanziamento completo a livello nazionale da parte della DFG ed era applicato a tre pacchetti di periodici poco diffusi sul mercato tedesco, ma molto richiesti. Il secondo, impiegato per nove gruppi di riviste, non implicava più un approvvigionamento capillare, ma un modello basato sulla partecipazione (detto Opt-in-Modell).
Il sistema delle licenze nazionali è stato ripreso nell’ambito dell’iniziativa Digitale Information promossa dall’Allianz der Deutschen Wissenschaftsorganisationen e finalizzata a migliorare la fornitura di risorse scientifiche per l’insegnamento e per la ricerca. Durante la prima fase di tale Allianz-Initiative, dal 2008 al 2012, sono stati definiti dei principi da seguire nella stipulazione delle licenze, riprendendo il modello delle Nationallizenzen della DFG, in quanto in grado di rispondere alle esigenze di tutti gli istituti di ricerca, garantendo allo stesso tempo l’autonomia dei rispettivi servizi informativi. Per tradurre nella pratica tali principi guida è stato istituito il gruppo di lavoro Nationale Lizenzierung der Allianz-Initiative, formato da rappresentanti della DFG, dei vari istituti di ricerca partecipanti al progetto e dai membri del consorzio GASCO. Sono state definite così le DFG-geförderte Allianzlizenzen, finalizzate a garantire l’accesso a prodotti dinamici, quali periodici correnti, banche dati ed e-book per le esigenze scientifiche di base, spesso di carattere interdisciplinare. A tal fine sono stati elaborati nel 2010 dei principi di acquisizione, i Grundsätze für den Erwerb DFG-geförderter überregionaler Lizenzen, e un modello standardizzato di licenza. Le Allianzlizenzen rispetto alle Nationallizenzen “Classics” si caratterizzano per un diverso modello di finanziamento: il contributo da parte della DFG si limita al 25% del costo totale e il restante 75% è coperto dalle biblioteche stesse. Esistono anche delle Allianzlizenzen, sempre per le risorse correnti, stipulate senza il contributo della DFG, ma in linea con gli standard. Tra il 2011 e il 2013 sono state stipulate complessivamente diciannove Allianzlizenzen, comprendenti una collezione di e-book, tre banche dati e diversi pacchetti di periodici che riguardano sia l’ambito delle scienze naturali, tecniche e mediche, sia quello umanistico.
La seconda fase dell’Allianz-Initiative, che copre il periodo tra il 2013 e il 2017, è ancora in corso e ha come obiettivo principale la revisione di standard e modelli per le licenze al fine di permettere uno sviluppo delle collezioni elettroniche orientato maggiormente alla domanda.
L’acquisizione degli e-journal: tra big deal e pay-per-view
L’acquisizione delle risorse elettroniche, che avvenga a livello consortile o della singola istituzione, si basa su determinati business model proposti da editori e fornitori. Accanto ai metodi utilizzati tradizionalmente per i documenti cartacei (come ordini diretti, ordini in continuazione o approval plan) e utilizzabili, con i dovuti adattamenti, anche per quelli in formato elettronico, se ne collocano altri ideati solo per la selezione e l’ordine delle risorse elettroniche. Come testimoniato da numerosi casi di studio, le biblioteche di ricerca tedesche utilizzano da diversi anni queste nuove metodologie e ciò ha permesso loro di accumulare una rilevante esperienza.
In riferimento agli e-journal, il modello contrattuale più diffuso dalla seconda metà degli anni Novanta è il cosiddetto big deal, in base al quale le singole biblioteche o i consorzi ottengono una licenza per accedere ad ampi pacchetti di periodici. Tuttavia, i bibliotecari tedeschi, sulla scia delle critiche e delle considerazioni sollevate inizialmente in ambito anglo-americano, giudicando insostenibile soprattutto dal punto di vista economico l’utilizzo esclusivo di questo metodo, hanno ritenuto necessario optare, in determinate situazioni, per uno strumento alternativo, ossia il pay-per-view. Già nel 2001, Alice Keller affermava che sarebbe stato utile individuare un nucleo ristretto di riviste più utilizzate, cui la biblioteca avrebbe dovuto garantire l’accesso, mentre per le altre si sarebbe dovuto adottare un modello basato sulla richiesta degli utenti. Anche Adalbert Kirchgäßner, analizzando qualche anno più tardi le stesse questioni, ha ribadito l’utilità di analizzare l’uso degli e-journal, al fine di capire se una determinata rivista sia redditizia per la biblioteca e conseguentemente di migliorare anche la fase di selezione e di acquisizione. Entrando più nello specifico, una rivista è definita redditizia se il numero delle richieste di accesso al full textmoltiplicato per il costo di ogni singolo accesso
tramite modalità pay-per-view è superiore al prezzo pagato per la sottoscrizione di un abbonamento; nel caso contrario, che si verifica frequentemente, gli abbonamenti alle riviste non redditizie dovrebbero essere cancellati, garantendo comunque agli utenti di potervi accedere all’occorrenza tramite il pay-per-view.
Nella pratica, i primi esperimenti in tal senso in Germania sono stati realizzati molto precocemente, infatti già tra il 1998 e il 2001, la Bayerische Staatsbibliothek München, la Technische Informationsbibliothek und Universitätsbibliothek Hannover e l’Universitäts-und Landesbibliothek Düsseldorf hanno implementato, con il finanziamento della DFG, il progetto pilota denominato Elektronische Zeitschriften in der überregionalen Literaturversorgung (EZUL), ricorrendo proprio al modello fondato sul pay-per-view. Tuttavia, poiché l’offerta sul mercato di riviste elettroniche era in quegli anni ancora limitata, non si è potuta raggiungere la necessaria massa critica. Il merito di questa esperienza è consistito soprattutto nella definizione delle condizioni tecnico-organizzative e relative alle licenze per l’accesso alle riviste elettroniche tramite il sistema del pay-per-view, allora ancora poco conosciuto. Proprio sullo stesso business model si fonda un’altra esperienza, realizzata a partire dal 2003 sempre con il sostegno della DFG e nuovamente presso la Bayerische Staatsbibliothek, finalizzata a garantire l’accesso a livello sovraregionale alle banche dati del settore umanistico e sociale. Dal 2005 presso la Technische Informationsbibliothek und Universitätsbibliothek Hannover è partito un altro progetto con l’ausilio finanziario della DFG, con obiettivi simili, ma riferito al settore delle scienze naturali. Da allora si sono susseguiti numerosi utilizzi di questo metodo.
Infine, bisogna ricordare che la sperimentazione tedesca del pay-per-view ha visto negli anni non solo il ricorso al modello più diffuso in altri contesti bibliotecari, come quello anglo-americano, ovvero il pay-per-view istituzionale – secondo il quale l’utente ottiene l’accesso a un contenuto dietro pagamento da parte della biblioteca –, ma anche l’utilizzo di un’altra tipologia di pay-per-view. Essa prevede che le biblioteche con compiti di fornitura di documenti a livello transregionale acquisiscano delle licenze base per una determinata risorsa elettronica; a tal punto ogni cittadino tedesco, che non deve necessariamente essere un utente di tali biblioteche, dopo una registrazione online può accedere all’apposita pay-per-use platform e ottenere l’accesso ai contenuti di questa risorsa a proprie spese. I costi dell’utilizzo, sostenuti dunque dall’utente, ma negoziati dalla biblioteca con l’editore, sono contenuti e variano a seconda del tipo di risorsa: nel caso dei periodici il prezzo è definito a livello di singolo articolo, mentre per le banche dati la tariffa è stabilita sulla base dell’intervallo di tempo in cui è resa accessibile la risorsa (6, 12 o 24 ore).
L’acquisizione degli e-book: la patron-driven- acquisition
Spostando l’attenzione sull’acquisizione degli e-book, il metodo più innovativo è rappresentato senza dubbio dalla patron-driven-acquisition (PDA). La fase preliminare per l’applicazione della PDA consiste nella definizione da parte dei bibliotecari, in collaborazione con un fornitore in precedenza selezionato, di un profilo sulla base di vari parametri, quali soggetti, classi disciplinari, livelli di approfondimento, lingua, data di pubblicazione, editori, prezzi. I record bibliografici degli e-book corrispondenti a tale profilo sono messi a disposizione della biblioteca gratuitamente da parte del fornitore e resi dunque visibili agli utenti tramite l’OPAC. Solo nel momento in cui un utente si dimostra interessato a un determinato e-book, quest’ultimo diventa accessibile – in seguito o meno alla mediazione del bibliotecario – per un periodo più o meno lungo, in quanto noleggiato o acquistato dalla biblioteca, e solo in questo secondo caso entra a far parte a tutti gli effetti delle sue collezioni.
In Germania le prime applicazioni del modello della PDA risalgono al biennio 2010-2011, quando sono stati sviluppati alcuni progetti pilota in diverse biblioteche accademiche. Esse hanno stipulato accordi con i principali fornitori di e-book a livello internazionale, tra cui EBSCO e ProQuest, e anche con fornitori che si dedicano esclusivamente al mercato editoriale di lingua tedesca, come Ciando. Le biblioteche hanno sperimentato anche dei modelli di PDA sviluppati da singoli editori, tra cui è opportuno menzionare il tedesco De Gruyter e l’olandese Elsevier.
La principale motivazione alla base delle sperimentazioni tedesche della PDA si individua nella diminuzione del budget per gli acquisti delle monografie (sia cartacee sia elettroniche) che ha indotto a ripensare e riorganizzare il collection development – soprattutto delle e-resource che, come più volte ricordato, sono caratterizzate da prezzi molto elevati – avendo come scopo primario da un lato l’ottimizzazione delle risorse economiche a disposizione e dall’altro lo sviluppo di raccolte centrate sull’utenza e in grado di soddisfarne i bisogni. Una delle wissenschaftliche Bibliotheken che ha dedicato un notevole investimento alla sperimentazione della PDA è la Sächsische Landesbibliothek-Staatsund Universitätsbibliothek (SLUB) Dresden. Al periodo di prova con il fornitore EBL, durato dal novembre 2011 al gennaio 2012, è seguita la decisione di rendere la PDA una modalità di routine, da affiancare alle altre pratiche di selezione. Il modello scelto non prevede la mediazione del bibliotecario nella fase di acquisizione: quando un utente visiona per un periodo compreso tra i cinque e i dieci minuti l’anteprima di un e-book, si procede automaticamente a un prestito automatico di breve durata; più prestiti brevi danno origine all’acquisto del titolo. Inoltre, dal 2012 è stato intrapreso un altro progetto pilota con ebrary. Per il futuro l’obiettivo non sarà solo quello di consolidare i progetti in corso, ma anche quello di espandere l’uso della PDA, stipulando nuovi accordi con i fornitori.
Un’altra esperienza da ricordare è quella portata avanti dall’Universitätsbibliothek Mannheim dal maggio 2010 all’ottobre 2011 in collaborazione con il fornitore Dawson. La PDA in questione prevede una mediazione da parte del bibliotecario, cui spetta la scelta di acquisire o meno un titolo richiesto da un utente. Al contrario, il modello offerto da ebrary e sperimentato sempre a Mannheim dal novembre 2011 per circa un anno non contempla la fase di moderazione. La stessa biblioteca, infine, ha portato avanti una sperimentazione della PDA con De Gruyter, il primo editore tedesco a proporre questo business model.
L’Universitätsbibliothek Bielefeld collabora, invece, con MyiLibrary, implementando un modello non moderato di PDA, infatti, subito dopo il secondo utilizzo di uno stesso e-book, si procede automaticamente al suo acquisto.
Negli ultimi anni sono stati sviluppati progetti per l’applicazione della PDA anche in altre biblioteche di ricerca tedesche, tra cui il Forschungzentrum Jülich, la Fernuniversität Hagen, l’Universitätsbibliothek Wuppertal, la Bayerische Staatsbibliothek München e l’Universitätsbibliothek Leipzig. Quest’ultima impiega dal giugno 2012 un modello non moderato di PDA con EBL: dalle analisi condotte, è emerso che dopo due anni di utilizzo di tale modalità di acquisizione è stato raggiunto l’obiettivo di sviluppare una collezione di monografie scientifiche in formato elettronico più ampia in termini quantitativi e migliore dal punto di vista qualitativo; inoltre l’utilizzo di tali risorse è cresciuto. La stessa biblioteca, dal giugno 2013, dopo un periodo di prova di un anno, utilizza stabilmente anche la PDA offerta da De Gruyter sia per gli e-book sia per i libri su carta, ampliando, dunque, il campo di applicazione di tale strumento.
Anche l’Universitätsbibliothek Erlangen-Nürnberg ha introdotto la PDA: essa è in gran parte automatizzata ed è basata su ventisette profili disciplinari elaborati dai Fachreferenten. Il bilancio fatto a due anni dall’introduzione della PDA ha mostrato che essa porta molteplici benefici, come confermato dai costi contenuti e dai tassi di utilizzo elevati (circa il 60% dei titoli selezionati dal fornitore in quanto pertinenti con i profili è stato utilizzato dagli utenti). Tuttavia a questi dati positivi fanno da contraltare l’assenza di una semplificazione gestionale e di rilevanti effetti in termini di razionalizzazione del processo di acquisizione; i motivi si rintracciano nella necessità di gestire i metadati, di controllare il budget assegnato ai diversi profili disciplinari e di informare gli utenti sulle possibilità offerte loro dalla PDA. Un’altra questione importante riguarda l’integrazione dell’acquisizione guidata dagli utenti all’interno delle tradizionali procedure per la gestione dell’acquisito delle monografie cartacee e degli e-book. In aggiunta è stata rilevata una scarsa accettazione della PDA da parte dei Fachreferenten, i quali ritengono che tale metodo svilisca la loro figura professionale e allo stesso tempo comporti compiti aggiuntivi. Proprio la possibilità di risolvere tali criticità sarà determinante per il successo o meno di questo metodo.
In termini più generali si può comunque affermare che le sperimentazioni tedesche hanno determinato risultati positivi per il collection building. In particolare, è emerso che le richieste degli utenti non contraddicono, bensì completano l’Erwerbungsprofil delineato dai bibliotecari, determinando un miglioramento generale delle raccolte. Tuttavia, nonostante gli innumerevoli vantaggi, gli esperti di ambito tedesco sostengono, in linea con quelli anglo-americani che da più tempo si stanno confrontando con tale strumento, che la PDA debba continuare a essere utilizzata in combinazione con altri metodi di acquisizione.
L’Open Access come business model alternativo
Nonostante la sperimentazione dei nuovi business model per l’acquisizione delle risorse elettroniche abbia portato, come visto, risultati interessanti, le wissenschaftliche Bibliotheken tedesche sono continuamente alla ricerca di modelli alternativi, che siano più sostenibili e vantaggiosi. A tal proposito, la Germania da circa quindici anni sta dedicando una grande attenzione al tema dell’Open Access, sviluppando una politica nazionale.
Il primo passo ufficiale verso la promozione dell’Open Access è rappresentato dalla sottoscrizione, nell’ottobre 2003, della Dichiarazione di Berlino da parte della DFG, che da quel momento ha iniziato a supportare concretamente i principi dell’accesso aperto per ottemperare al suo compito più generale, ovvero sostenere il progresso della scienza.
La DFG è impegnata a favore dell’Open Access, sia gold sia green, anche attraverso il finanziamento di diversi progetti a livello nazionale ed europeo, di cui è opportuno ricordarne alcuni. In riferimento alla via verde, la DFG intende promuovere lo sviluppo in termini quantitativi e qualitativi degli archivi digitali istituzionali: nel 2007 è stato intrapreso il programma Netzwerk von Open-Access-Repositories con il coordinamento della Deutsche Initiative für Netzwerkinformation (DINI e. V.) e con il finanziamento dalla stessa DFG. La finalità principale è la creazione di una rete di depositi istituzionali certificati secondo il sistema DNI, all’interno della quale le funzionalità di ricerca, di accesso al full text e i servizi aggiuntivi come il print on demand sono unificati; tale rete costituisce il nucleo tedesco all’interno dell’infrastruttura europea di repositories sviluppata nell’ambito del programma DRIVER (Digital Repository Infrastructure Vision for European Research).
Il sostegno alla green road trova realizzazione anche nelle già ricordate Allianzlizenzen, in quanto queste ultime prevedono al loro interno una componente Open Access: gli autori operanti all’interno delle istituzioni che hanno stipulato una licenza sono autorizzati a depositare gratuitamente in un archivio (istituzionale o disciplinare) i loro contributi pubblicati nelle riviste sottoscritte; lo stesso diritto appartiene anche alle istituzioni a cui tali autori sono affiliati. Inoltre è possibile concordare che l’editore stesso si occupi di inserire tali articoli in un deposito ad accesso aperto. Proprio su tali basi in Germania per la prima volta sono state inserite delle clausole relative all’Open Access negli accordi di licenza consortili per la sottoscrizione delle risorse elettroniche, in primo luogo dei periodici, anche se i vari editori possono porre diverse condizioni per quanto riguarda la versione archiviabile, il periodo di embargo e il tipo di deposito su cui vengono resi disponibili i contributi. In ogni caso, la concessione da parte del fornitore di questo diritto d’uso è considerato come un prerequisito essenziale per il finanziamento a opera della DFG delle Allianzlizenzen: tutto ciò è considerato come un esperimento di grande successo che ha permesso alla Germania di raggiungere risultati innovativi anche in un confronto internazionale.
Un altro passo a favore dell’accesso aperto, e soprattutto della green road, è stato realizzato grazie alla legge del 1 ottobre 2013, Gesetz zur Nutzung verwaister und vergriffener Werke und einer weiteren Änderung des Urheberrechtsgesetzes (1. Oktober 2013 BGBI. I S. 3714) che ha aggiunto un comma al paragrafo 38 della normativa sul diritto d’autore, Gesetz über Urheberrecht und verwandte Schutzrechte (Urheberrechtsgesetz - UrhG) (9. September 1965 BGBI. I S. 1273). Tale legge del 2013 stabilisce che l’autore di un contributo scientifico, prodotto nell’ambito di una ricerca finanziata con risorse pubbliche almeno per il 50% e pubblicato in una raccolta che esce periodicamente come minimo due volte all’anno, ha il diritto di rendere pubblicamente accessibile per scopi non commerciali tale contributo, nella versione accettata del manoscritto, dopo il termine di dodici mesi dalla prima pubblicazione; ciò è valido anche nel caso in cui l’autore abbia ceduto il diritto di sfruttamento esclusivo al curatore o all’editore della prima pubblicazione. Per quanto riguarda invece il gold open access, la DFG promuove la nascita e l’espansione di periodici ad accesso aperto in vari ambiti disciplinari, tramite il programma Wissenschaftliche Zeitschriften, confluito nel 2015 nel nuovo progetto dal titolo Infrastruktur für elektronische Publikationen und digitale Wissenschaftskommunikation.
Infine, nell’ambito dell’Open Access Publizieren, dal 2009 la DFG sovvenziona le università nella creazione dei Publikationsfonds finalizzati al pagamento delle somme che gli autori devono agli editori per la pubblicazione dei propri lavori su riviste ad accesso aperto. L’obiettivo è quello di aiutare le istituzioni a costituire delle solide strutture di finanziamento a favore dell’Open Access, anche quando saranno terminati i sovvenzionamenti da parte della DFG. Infatti questi ultimi sono fondi economici supplementari che nel breve periodo, a detta degli esperti, non saranno più necessari, in quanto verrà completato il processo di reindirizzamento del budget delle biblioteche, il quale dovrà essere destinato in minima parte alle acquisizioni e alle sottoscrizioni di abbonamenti alle risorse elettroniche e in gran parte ai Publikationsfonds.
In un tale sistema nazionale ufficialmente impegnato a favore dell’accesso aperto è fondamentale che le biblioteche si inseriscano attivamente, come hanno iniziato a fare già da qualche anno. Infatti, nella maggior parte dei casi sono proprio le biblioteche a lavorare per rendere effettivamente disponibile un’offerta documentaria liberamente accessibile, gestendo i Publikationfonds, impegnandosi nell’implementazione e nel mantenimento dei depositi istituzionali, nonché fornendo assistenza nella creazione di riviste liberamente accessibili e di case editrici universitarie.
In aggiunta la promozione dell’Open Access, tramite la definizione di un’apposita policy in collaborazione con gli organi direttivi dell’istituzione, rappresenta un altro dei compiti centrali per le biblioteche di ricerca. Le prime università tedesche a elaborare delle risoluzioni sull’Open Access sono state l’Universität Bielefeld nel 2005, l’Universität Potsdam nel 2006, la Humbolt-Universität Berlin nello stesso anno, nonché la Freie Universität Berlin e la Frauenhofer-Gesellschaft nel 2008. A queste se ne sono aggiunte molte altre nel corso del tempo. Si tratta di raccomandazioni e incoraggiamenti a rendere liberamente disponibili i contenuti delle ricerche tramite diverse vie (gold e green), ma mai di obblighi, infatti in Germania – al contrario di quanto avviene in altri paesi – non si segue la strada delle politiche mandatarie istituzionali, cui si preferisce invece un capillare ed efficace sistema comunicativo che convinca gli autori ad aderire volontariamente all’Open Access.
Conclusioni
Alla luce della diffusione delle risorse elettroniche, a partire dalla seconda metà degli anni Novanta e in modo ancora più evidente nel corso dell’ultimo decennio, le biblioteche di ricerca tedesche hanno dovuto necessariamente riorganizzare il proprio modo di lavorare, partendo da un’importante consapevolezza: a causa dell’enorme mole di pubblicazioni in formato elettronico edite ogni anno e dei loro costi elevati, non bilanciati da un adeguato aumento dei fondi economici a disposizione, è ormai impossibile svolgere o tentare di svolgere sempre la Reservoir-Funktion sulla base della logica just in case, che aveva invece guidato per decenni il lavoro dei bibliotecari tedeschi. Tutto ciò, senza dubbio, sta portando a rinunciare, almeno in parte, alla pretesa di garantire l’esaustività delle collezioni, considerate nel loro complesso, delle wissenschaftliche Bibliotheken. Questo viene giudicato come un vero e proprio cambio di paradigma che sta suscitando un ampio dibattito in Germania e che trova il suo emblema più evidente nel già ricordato passaggio dal programma SSG a quello FID e nel ricorso sempre più frequente al pay-per-view e alla PDA. Spesso gli esperti si sono polarizzati intorno a due visioni opposte, una contraria e una a favore di tali nuove modalità, come emerge dai diversi contributi che illustrano efficacemente tale dicotomia.
La posizione ostile ai nuovi metodi di acquisizione e in particolare al piano FID è sostenuta da chi crede che essi determineranno nel tempo un declino dell’efficiente sistema tedesco di überregionale Literaturversorgung, ossia della fornitura documentaria a livello nazionale, uno dei cui capisaldi era rappresentato proprio dal progetto SSG. Inoltre, il FID e i business model fondati sulla domanda degli utenti sono giudicati come strumenti che non permettono di raggiungere l’esaustività delle raccolte: sul lungo periodo, dunque, i ricercatori e le altre biblioteche non potranno fare affidamento sulle wissenschaftliche Bibliotheken, in quanto esse non saranno più in grado di svolgere la cosiddetta funzione di quarto livello di cui parlava già il Bibliotheksplan ’73, ossia la Reservoir-Funktion per permettere l’accesso duraturo alla conoscenza.
Al contrario, i sostenitori del cambiamento in atto giudicano in modo positivo sia il passaggio dal programma SSG a quello FID sia l’utilizzo di pay-per-view e PDA, in quanto essi comporteranno nel corso di pochi anni un significativo miglioramento dell’intera infrastruttura della comunicazione scientifica, grazie a una maggiore flessibilità nel processo di acquisizione e a un suo maggiore orientamento all’utenza; il risultato finale sarà la costruzione di collezioni che punteranno meno alla quantità e maggiormente alla qualità, all’attualità e alla tempestività. Nonostante il perdurare di tale vivace dibattito tra i fautori della trasformazione e i difensori delle storiche funzioni delle wissenschaftliche Bibliotheken, dalle azioni concrete messe in atto da queste ultime e illustrate nelle pagine precedenti, si evince che in realtà non si può parlare di un’opposizione netta: le biblioteche non stanno rinunciando del tutto al primo orientamento a favore del secondo, piuttosto stanno agendo in modo ponderato, vagliando di volta in volta i diversi business model, cercando la soluzione migliore alla luce dei fondi economici disponibili e prestando una maggiore attenzione ai bisogni informativi degli utenti.
Come sottolineato da Hildegard Schäffler, per raggiungere questo scopo le istituzioni tendono a individuare tre livelli di bisogni informativo-documentari di cui sono portatori gli utenti e che vengono soddisfatti da risorse diverse, da acquisire scegliendo i modelli commerciali e le licenze di volta in volta più opportuni.
Entrando nel dettaglio, il primo bisogno è di carattere generale e trova risposta in una grande mole di documenti, che per tutte le biblioteche scientifiche e di ricerca assumono in fase di selezione una priorità alta o media. In tal senso, risultano fondamentali le Nationallizenzen finanziate, come detto, totalmente o in parte dalla DFG e che garantiscono un accesso ampio e permanente alle risorse sia per gli utenti istituzionali sia per i privati cittadini.
Al secondo livello si colloca un bisogno più specifico, soddisfatto da opere che, pur coprendo un importante segmento di mercato, vengono selezionate dalle biblioteche specializzate in determinati campi o discipline. L’acquisizione congiunta nell’ambito di consorzi transregionali, regionali o istituzionali si presenta in tale situazione come la scelta migliore, cui si può affiancare l’acquisto locale da parte della singola biblioteca. Qualunque siano i modelli commerciali seguiti, la possibilità di accesso ai contenuti è ristretta ai soli utenti istituzionali delle biblioteche che hanno effettuato la sottoscrizione.
Il terzo livello di bisogno, infine, è rappresentato da interessi ancora più specialistici, espressi da singoli ricercatori e soddisfatti da risorse che di conseguenza sono richieste in minor misura. Risulta quindi poco conveniente per le biblioteche acquisire in anticipo tali documenti secondo la logica del just in case; bisogna invece seguire quella del just in time, in base alla quale i materiali diventano accessibili solo nel momento in cui sono effettivamente richiesti dagli utenti. In tal caso, le biblioteche ricorrono al prestito interbibliotecario, al sistema denominato Subito, al servizio eBooks on Demand (EOD) oppure adottano modalità di acquisizione come il pay-per-view per gli articoli di riviste e per le banche dati e la PDA per le monografie.
In un sistema così articolato, che in Germania ha trovato piena affermazione negli ultimi anni, il punto chiave della trasformazione sembra dunque allontanarsi dall’opposizione netta tra just in case e just in time e concretizzarsi nella necessità di razionalizzare e rendere complementari i canali e i metodi attraverso cui ogni biblioteca di ricerca può acquisire e garantire l’accesso alle risorse elettroniche. All’interno di questo scenario si inserisce, come detto, la sempre più ampia diffusione del modello Open Access, il quale nel prossimo futuro potrà giocare un ruolo ancora più rilevante e contribuire a un’ulteriore trasformazione strategica e organizzativa che le wissenschaftliche Bibliotheken dovranno necessariamente affrontare in modo propositivo, evolvendo le proprie funzioni, le proprie collezioni e i propri servizi, per mantenere un ruolo centrale nella mediazione documentaria e nella costruzione di un sistema che possa permettere un accesso più ampio, più veloce e più sostenibile alla conoscenza.