Passato e presente della biblioteconomia comparata: scopi, approcci, ricerche
Dottorato di ricerca in Scienze documentarie, linguistiche e letterarie, Sapienza Università di Roma; annabilotta@outlook.it
Per tutti i siti web l’ultima consultazione è stata effettuata il 15 maggio 2018.
Abstract
Articolo a cura di Anna Bilotta.
La tendenza a valutare e spiegare somiglianze e differenze tra sistemi e società esiste da sempre, sin dalle prime forme di vita sociale organizzata.
Il metodo comparato trova le sue prime applicazioni sistematiche già a partire dall’ultimo decennio del diciottesimo secolo in diverse discipline, prime tra tutte l’anatomia e la biologia, per svilupparsi poi, in maniera crescente, durante tutto il diciannovesimo secolo e i primi decenni del Novecento nei più disparati campi della scienza e della cultura investendo, in particolare, letteratura, filologia, linguistica, storia, diritto, politica, religione, antropologia, sociologia, educazione.
Tradizionalmente utilizzato nelle scienze sociali (insieme a metodo sperimentale, statistico ed etnografico), ha l’obiettivo di spiegare in modo sistematico la varietà di forme che ogni fenomeno sociale può assumere in contesti sociali differenti.
In biblioteconomia un punto di riferimento importante per l’impiego del metodo comparato è costituito dagli studi di educazione comparata.
L’articolo, a partire dalle definizioni di biblioteconomia comparata e di biblioteconomia internazionale (troppo spesso confuse), vuole analizzare gli scopi della comparazione in ambito biblioteconomico, i problemi metodologici tipici e comuni alle scienze sociali, le fasi e i diversi approcci sviluppatisi nel corso del tempo, con esempi tratti dai primi studi e dalle ricerche più recenti di biblioteconomia comparata.
Biblioteconomia internazionale e biblioteconomia comparata: definizioni e confronti
L’interesse per le pratiche messe a punto in altri paesi contraddistingue da sempre il lavoro bibliotecario; si pensi, solo per citare alcuni classici e illustri esempi, all’Advis pour dresser une bibliothèque del 1627 di Gabriel Naudé o a Free town libraries, their formation, management and history: in Britain, France, Germany, and America del 1869 di Edward Edwards.
Le prime manifestazioni in biblioteconomia di studi comparati veri e propri sono però molto più recenti, risalendo ai primi anni Cinquanta del Novecento, e trovano una più matura sistematizzazione teorica nella letteratura professionale degli anni Settanta, anni in cui i paesi africani e asiatici decolonizzati si affacciano sulla scena mondiale, in cui gli studi biblioteconomici privilegiano i sistemi bibliotecari dei paesi in via di sviluppo, e in cui le scienze umane e sociali sono interessate da una generale spinta comparativa, riconosciuta utile a soddisfare curiosità ed esigenze di ricerca, soprattutto verso nuove società e culture.
I primi significativi studi di biblioteconomia comparata sono stati promossi da organismi internazionali (tra tutti Unesco e Commissione europea), che hanno spesso fatto precedere da indagini su larga scala sulle biblioteche i loro documenti programmatici. È anche per questa ragione se biblioteconomia comparata e biblioteconomia internazionale hanno mosso contemporaneamente i loro primi passi e sono state spesso considerate, anche se a torto, la stessa cosa.
Un esempio è rappresentato dalla prima apparizione a stampa del termine comparative librarianship, la cui definizione, nata in seguito a un convegno internazionale tenutosi nell’estate del 1953 all’University of Chicago nel quale furono presentate le situazioni bibliotecarie di diversi paesi, viene formalizzata l’anno successivo da Chase Dane, generalmente considerato il pioniere degli studi di biblioteconomia comparata:
It is a study of library development in many countries to discover what developments have been successful and can be copied elsewhere. It is an examination of the philosophies and policies of librarianship on an international scale to determine long-range trends, to appraise short-comings, and to uncover contradictions and inconsistencies between practice and theory. Above all it is the study of the cause and effect of library development throughout the world. Like comparative anthropology and comparative religion, comparative librarianship seeks to broaden our tolerance and deepen our understanding. It is one of the first steps toward international library cooperation.
Stephen Parker ha definito la biblioteconomia internazionale come l’insieme delle attività svolte presso o tra istituzioni governative o non governative, organizzazioni, gruppi o individui di due o più nazioni, per promuovere, stabilire, sviluppare, mantenere e valutare i servizi bibliotecari, documentali e affini, la biblioteconomia e la professione bibliotecaria in generale, in ogni parte del mondo.
John F. Harvey ha dato una definizione più articolata, intendendo per international library science quel termine generico in grado di coprire tutti i tipi di studi biblioteconomici che coinvolgono più di un paese e quindi tutto ciò che non è soltanto di interesse locale o nazionale, «a comprehensive term, an umbrella phrase, covers the entire field of library international relations and its studies of non-national library science». Questo termine generale comprende tre sottocategorie che egli definisce comparative library science, foreign library science e international institutional library science.
Per foreign library science Harvey intende gli studi biblioteconomici condotti in uno o più paesi diversi da quello del ricercatore, senza però che questo comporti dei confronti sistematici tra contesti diversi, nel qual caso si parla di comparative library science. Harvey definisce anche quattro sottotipi di foreign library science: area studies, case studies, systematic approach studies, topical approach studies.
Gli studi di area sono descrizioni semplici e superficiali che riguardano biblioteche di nazioni confinanti o di un’area omogenea all’interno di uno stesso paese. Questi tipi di studi sono descrittivi e solitamente prendono in considerazione molte variabili, per queste ragioni possono fornire i dati grezzi da poter utilizzare successivamente in uno studio comparato più complesso.
Il caso di studio si concentra su un solo paese, senza confronti extranazionali, e seleziona un argomento specifico, di cui viene fornita una descrizione storica e informale più che scientifica. Anche se possono essere interessanti, Harvey mette in guardia dalla loro affidabilità.
Gli studi biblioteconomici che seguono un approccio sistematico o tematico coinvolgono due o più paesi. Gli studi sistematici solitamente analizzano molte variabili in pochi paesi o poche variabili in molti paesi; gli studi tematici analizzano un unico argomento o una sola variabile in molti paesi.
Harvey definisce poi l’international institutional library science come quel ramo della biblioteconomia internazionale specializzato nello studio delle attività di biblioteche, organizzazioni, istituzioni e associazioni dal respiro internazionale, ad esempio Unesco, FID, IFLA, ISO.
Per comparative library science Harvey intende infine «the objective and systematic comparison and contrast of libraries in two or more countries on a specific topic in order to reach conclusions useful in understanding them».
Se in comune c’è la ricerca di somiglianze e differenze tra le fisionomie bibliotecarie così come esse si presentano in culture, nazioni, società, a differenza della biblioteconomia internazionale che spesso si limita a presentare e a giustapporre sistemi nelle singole nazioni, la biblioteconomia comparata ricerca una spiegazione causale tra fenomeni osservati in biblioteche appartenenti a culture e società differenti, e non necessariamente ed esclusivamente a nazioni differenti; di conseguenza le indagini che si limitino a presentare ordinatamente sistemi o politiche bibliotecarie di diversi paesi senza individuarvi una concatenazione logica non possono essere propriamente considerati studi comparati.
Secondo Periam Danton uno studio di biblioteconomia comparata deve includere tre elementi fondamentali: un elemento trasversale a diverse società o culture, che non necessariamente coincidono con distinte nazioni; confronti reali, che siano più della semplice giustapposizione di dati riguardanti le due o più società studiate; la spiegazione, o almeno la discussione, delle somiglianze e delle differenze osservate.
His task, therefore, is not the making of descriptive studies, however useful or necessary they may be as steps toward the end product. So even though the data from descriptive, case, area, or other studies are placed in juxtaposition, the result falls short of being a comparative study until or unless the patterns, the similarities and differences that the two sets of data are made to reveal are analyzed and their probable causes determined.
Danton introduce quindi due elementi fondamentali: che uno studio comparato debba attraversare i confini geografici o sociali (cross-geographical/cross-societal studies) e debba effettuare dei confronti, senza limitarsi a elencare o descrivere.
Secondo Miles Jackson biblioteconomia comparata e biblioteconomia internazionale non sono la stessa cosa, né esiste una relazione di subordinazione della prima alla seconda come sostenuto da Harvey:
International librarianship is strictly limited to those activities that involve librarianship and all of its aspects across national boundaries. This, of course would exclude comparisons, but include such items as exchange of librarians, books, ideas, and the study of library systems in different countries. Comparative librarianship should lean on the tradition of other comparative sciences such as those found in political science, government and law. In other words, comparative librarianship should be intellectually rigorous, utilizing both quantitative and qualitative methodologies. Yet, comparative librarianship must be pragmatic and have more than academic importance. It should respond to application-it should be usable.
Nella definizione curata da Dorothy Collings per l’Encyclopedia of Library and Information Science vengono formalizzati alcuni aspetti ancora oggi indispensabili per gli studi biblioteconomici comparati: la sistematicità, l’analisi dei contesti e delle circostanze (non esclusivamente nazionali), l’influenza degli aspetti storici, politici, economici, culturali:
Comparative librarianship may be defined as the systematic analysis of library development, practices, or problems as they occur under different circumstances (most usually in different countries), considered in the context of the relevant historical, geographic, political, economic, social, cultural, and other determinant background factors found in the situations under study. Essentially, it constitutes an important approach to the search for cause and effect in library development, and to the understanding of library problems.
La biblioteconomia comparata, in sintesi, esamina strutture, servizi, pratiche e funzioni delle biblioteche per evidenziarne aspetti e peculiarità sviluppatisi all’interno di un contesto di riferimento (storico, sociale, culturale, politico, economico) ben definito, mettendo in relazione realtà diverse, con l’obiettivo di analizzare cause ed effetti delle specificità emerse e di valutare come contesti e politiche bibliotecarie ne abbiano influenzato e ne influenzino lo sviluppo.
Come metodo di indagine, la biblioteconomia comparata necessita un’affermazione chiara dell’ambito di ricerca e dei suoi confini, la formulazione di ipotesi di lavoro ragionevoli, la raccolta, la verifica e l’interpretazione dei dati sulla base di osservazioni dirette, contatti personali, analisi dei documenti, con la massima cura, giudizio e obiettività.
Come già accennato è a partire dagli anni Settanta che cresce l’interesse per la biblioteconomia comparata e si definiscono le sue forme e i suoi approcci in maniera scientifica e rigorosa. Questo sviluppo può essere ricondotto a diversi fattori, dalla promozione della cooperazione internazionale da parte di Unesco e altri enti internazionali ai programmi di sostegno alle biblioteche forniti dai governi (specialmente nei paesi in via di sviluppo, desiderosi di realizzare al più presto un sistema bibliotecario efficace), dalla sempre maggiore importanza attribuita alla pianificazione dei servizi bibliotecari nazionali all’interno della più generale pianificazione dello sviluppo economico e sociale all’attività delle associazioni bibliotecarie, dalle nuove e numerose opportunità per i bibliotecari di viaggiare, studiare, lavorare in altri paesi all’aumento negli stessi anni del numero di corsi di formazione in biblioteconomia comparata nelle scuole preposte alla formazione professionale dei bibliotecari, soprattutto nei paesi di cultura anglosassone.
Uno dei primi e più rilevanti contributi per la sistematizzazione teorica e metodologica è senz’altro il testo di Sylva Simsova e Monique MacKee A handbook of comparative librarianship, pubblicato per la prima volta nel 1970, con una seconda edizione nel 1975.
In particolare per Simsova qualsiasi studio di biblioteconomia condotto in maniera sistematica e scientifica che confronti più paesi alla ricerca di somiglianze e differenze si può definire comparato. Se le biblioteche sono quelle istituzioni che più di altre dipendono dal contesto sociale e culturale, in biblioteconomia niente può essere studiato e comparato isolatamente dall’ambiente di riferimento. La biblioteconomia comparata è dunque lo strumento che aiuta i bibliotecari ad andare oltre la propria esperienza e il proprio sistema di valori, attraverso la conoscenza diretta di contesti diversi; ciò permette di sviluppare capacità critiche (anche mettendo in discussione il proprio contesto di appartenenza), di raccogliere dati (prevalentemente quantitativi) rispetto alle variabili studiate, e quindi di ricercare cause, correlazioni, spiegazioni attendibili di eventuali analogie e differenze, in maniera obiettiva.
Agli stessi anni risale la definizione di Douglas Foskett, generalmente riconosciuta tra le più complete:
Comparative Librarianship is that branch of Library and Information Science in which a number of systems – their structure, functions and techniques – are examined in order to place their characteristic features within a frame of reference applicable to all of them; to study the role which each of these features has played in the development of the system, and to assess its significance in relation both to the other features of the same system and to the other systems; the aim being to evaluate causes and effects, and from this, where appropriate, to formulate hypotheses as to the best ways in which one, or more, of these systems may develop in the future.
Lo studioso definisce quindi la biblioteconomia comparata come una branca della biblioteconomia, che esamina sistemi per definirne gli aspetti caratteristici, studiare il ruolo che questi aspetti hanno avuto nello sviluppo dei sistemi, valutarne il significato in relazione alle altre caratteristiche dello stesso sistema o di altri sistemi. L’obiettivo è quindi valutare cause ed effetti di questi aspetti caratteristici per formulare ipotesi sulle possibili evoluzioni dei sistemi stessi. Risulta evidente quindi per Foskett la differenza con la biblioteconomia internazionale, l’obiettivo infatti non è condurre studi descrittivi (per quanto importanti), ma analizzare i dati raccolti per capire perché le cose stanno in un certo modo, per identificare cause ed effetti dei fenomeni studiati e per metterli in relazione con altri contesti. Ma, come osserva Giuseppe Vitiello,
Anche su questa definizione così complessa si potrebbe appuntare qualche spillo e obiettare che, a rigore, essa corrisponde né più né meno che a quella di biblioteconomia. Per converso, va detto che apre orizzonti di ricerca assai suggestivi e ha il merito di importare all’interno del campo proprio biblioteconomico istanze e concetti comuni a sfere disciplinari limitrofe, nonché di rendere conto dell’influenza dell’ambiente esterno sulle biblioteche.
Lo stesso Vitiello ha evidenziato alcune importanti conseguenze che discendono da questa definizione. Innanzitutto Foskett introduce il concetto di sistema, cioè un insieme di elementi legati tra loro in una specifica struttura relazionale il cui valore complessivo è maggiore della semplice somma delle parti. Il secondo elemento sta nell’approccio dichiaratamente interpretativo, la scelta infatti delle unità da comparare e l’importanza data ad alcuni elementi rispetto ad altri presuppone necessariamente una valutazione. Il terzo e ultimo aspetto è poi costituito dalle finalità dichiaratamente pratiche della comparazione, alla ricerca delle migliori soluzioni ai problemi delle situazioni reali e quotidiane, anche in relazione alla possibile evoluzione futura dei sistemi bibliotecari.
In una sua più recente definizione, Peter Lor ha in qualche modo sintetizzato le diverse posizioni fin qui esposte:
International (or cross-national), cross-cultural and cross-societal studies in librarianship: the area of scholarly study that analyses and explicitly compares library phenomena in two or more countries or in significantly different cultural or societal environments, in terms of contextual factors (social, economic, political, cultural, etc.), in order to distinguish and understand underlying similarities and differences and arrive at valid insights and generalisations.
In questo modo lo studioso tiene dentro l’aspetto culturale e sociale della comparazione, l’influenza dei fattori contestuali, la necessità di veri e approfonditi confronti e quindi l’emergere di somiglianze e differenze, la possibilità di generalizzazione.
Scopi della comparazione
Ma perché comparare? Come già accennato Foskett sostiene che la disciplina ha finalità eminentemente pratiche e orientate alla soluzione dei problemi. Collings argomenta in maniera più dettagliata questo ruolo pratico, elencando sette obiettivi della biblioteconomia comparata:
- fornire linee guida per una nuova pianificazione delle biblioteche nel proprio paese o in altri paesi;
- contribuire all’analisi critica e alla soluzione di problemi riscontrati nei diversi contesti;
- stimolare e sostenere possibili trasferimenti e adattamenti di pratiche e soluzioni da un’area all’altra, evitando l’emulazione indiscriminata;
- fornire ai bibliotecari informazioni di contesto per usufruire di incarichi di lavoro all’estero, visite di studio, consulti, programmi di aiuto;
- facilitare gli scambi di materiale bibliotecario e di informazioni tra paesi diversi;
- rafforzare l’educazione e la formazione dei bibliotecari, attraverso la comprensione degli sviluppi e dei problemi nei diversi contesti culturali;
- contribuire al progresso di un’intesa e di una cooperazione internazionale più ampia ed efficace nella pianificazione e nello sviluppo delle biblioteche.
Naturalmente la maggior parte degli studi di biblioteconomia comparata vuole raggiungere contemporaneamente più di un obiettivo tra quelli citati.
- analizzare la natura della biblioteconomia;
- comparare i processi biblioteconomici nello stesso paese;
- comparare i processi biblioteconomici nelle diverse regioni del mondo;
- formulare generalizzazioni;
- applicare le lezioni della biblioteconomia comparata a un particolare problema;
- dare agli studiosi l’opportunità di confrontarsi tra loro rispetto alla situazione bibliotecaria dei rispettivi paesi;
- fornire informazioni di contesto di una particolare regione del mondo per chi intenda esercitarvi la professione;
- formulare suggerimenti per lo sviluppo di una biblioteconomia globale, che soddisfi i bisogni informativi dell’umanità tutta e non esclusivamente necessità nazionali o regionali.
Queste indicazioni, seppur utili dal punto di vista applicativo, sottendono però, nella loro generalità, una precisa idea di fondo: la riduzione della varietà di pratiche bibliotecarie esistenti a un concetto di biblioteca valido per tutti, dalla precisa fisionomia istituzionale e funzionale e con una precisa missione educativa, culturale e informativa. A questo proposito Vitiello, a cui si devono i pochissimi ma autorevoli contributi italiani sull’impiego della comparazione in biblioteconomia, ha criticato questa visione tipicamente anglosassone che appiattisce le specificità locali e assorbe le situazioni più originali, enunciando leggi astratte comuni e generalizzanti, che è stata ed è di grande ispirazione, soprattutto in ambito europeo, e che domina la ricerca biblioteconomica escludendo la varietà delle pratiche locali ed elaborando modelli biblioteconomici standardizzati e applicabili in qualsiasi contesto:
L’enunciazione comparativa in biblioteconomia sottintende, per coloro che la sostengono, un tipo di biblioteca che è per tutti valida e a cui l’intera comunità di bibliotecari deve tendere. La riduzione monistica e monolineare delle pratiche multiformi di biblioteca permette inoltre alla ricerca scientifica sovranazionale e all’iniziativa internazionale di affermare all’interno del campo bibliotecario la loro posizione egemonica e la presunzione di estendibilità dei risultati ottenuti. Per la ricerca ciò significa mantenere un nucleo puro di scienza biblioteconomica, a partire dal quale è possibile derivare ipotesi e modelli operativi validi per ogni tipo di nazione e per ogni livello di sviluppo bibliotecario.
Il tentativo di Vitiello consiste proprio nel «dimostrare che è scienza non solo la costruzione della norma, la ricerca a tavolino della sua elaborazione, ma anche la sua versione pratica, ritagliata secondo le esigenze e il costume (amministrativo, culturale, politico, mentale) locale, insomma, la sua espressione modulata nel vincolo della sua realizzazione concreta». Applicare il metodo comparato in biblioteconomia non significa per lo studioso limitarsi a contrapporre sistemi bibliotecari evoluti e meno evoluti ma passare da un approccio prescrittivo a un approccio descrittivo, per verificare come concetti maturati altrove possano trovare terreno fertile anche in contesti apparentemente marginali che siano però in grado di considerare i bisogni e le esigenze territoriali. Secondo Vitiello la comparazione offre alla biblioteconomia una lezione magistrale:
Il carattere scientifico della disciplina non risiede esclusivamente nell’associazione con le scienze esatte, di cui essa non può che rimanere un terreno occasionale di applicazione. Ma è appunto esplorando le pratiche multiformi di biblioteca, studiando le condizioni di attuazione dei princìpi teorici e delle generalizzazioni, che la biblioteconomia riesce a perdere il suo tenore di materia astratta e lontana dalle esigenze degli operatori e assurgere così a un più condivisibile paradigma di scienza “normale”.
Principali problemi metodologici
Il ricercatore che voglia condurre uno studio biblioteconomico comparato può incorrere in diversi problemi di ordine metodologico. Innanzitutto il primo passo consiste, esattamente come avviene negli studi comparati condotti da altre discipline, nel definire le unità di analisi e quindi le entità da comparare. Il primo problema quindi ha a che fare con la necessità di individuare sufficienti somiglianze tra i sistemi bibliotecari che si sceglie di analizzare, ragion per cui sono preliminari la classificazione e la categorizzazione dei fenomeni osservati. Le unità di analisi potranno essere interi sistemi bibliotecari di uno specifico contesto nazionale o culturale, oppure singole biblioteche, ma anche singole pratiche, tecniche, servizi, purché quindi ci sia un’esatta equivalenza concettuale tra le entità da comparare e quindi anche un’esatta equivalenza linguistica (tra la definizione ad esempio di biblioteca pubblica, accademica o scolastica, in un contesto rispetto a un altro).
A questo proposito Danton ha individuato cinque elementi essenziali: i fenomeni indagati devono avere somiglianze fondamentali (non possono essere completamente diversi); i fenomeni non devono essere completamente identici; le caratteristiche delle biblioteche prese in considerazione devono essere assolutamente chiare (il che richiede un’attenta definizione e classificazione); devono essere descritte e analizzate somiglianze e differenze tra le unità di analisi; le differenze devono essere ben illustrate.
La scelta di quanti e quali casi inserire nella ricerca costituisce la dimensione orizzontale della comparazione, lo spazio, legata indissolubilmente alla definizione delle variabili che si decide di analizzare e alla dimensione longitudinale, ovvero al periodo di tempo considerato. Rispetto a quest’ultimo elemento, se si sceglie di comparare casi diversi nello stesso periodo di tempo si avrà comparazione sincronica, se si decide di analizzare lo stesso caso o casi diversi in momenti diversi si avrà comparazione diacronica.
Per quanto riguarda la scelta delle variabili, esse potranno essere misurate da dati quantitativi (e quindi configurarsi come variabili in senso proprio) o definite da dati qualitativi. Un altro problema, quindi, consiste nella misurazione dei fenomeni che si vogliono comparare, sia per la difficoltà a concettualizzare in maniera precisa cosa sia una variabile e cosa intenda rappresentare ma anche per la scarsità di dati ricavabili in maniera accurata dall’osservazione empirica. Un ultimo problema riguarda poi l’esatta corrispondenza del campione di entità, più o meno rappresentativo, selezionato nei diversi contesti. Complessivamente quindi si tratta di prendere in considerazione quegli aspetti considerati fondamentali in tutti i campi disciplinari in cui si utilizza la comparazione.
Una volta definite le unità di analisi e il campione e verificatane l’equivalenza linguistica e concettuale, per affrontare la sua ricerca in maniera seria e rigorosa lo studioso ha bisogno di utilizzare un corpus consistente di letteratura professionale. Le fonti a disposizione del ricercatore possono essere, come in ogni altro campo, primarie o secondarie e anche molto varie nella forma e nell’oggetto. Alla prima categoria appartengono i colloqui personali, gli incontri faccia a faccia, le interviste, le osservazioni dirette, le corrispondenze, ma anche le relazioni annuali prodotte dalle biblioteche che forniscono molte informazioni originali su utenti, servizi, staff, cambiamenti e innovazioni introdotti, i rapporti e le statistiche (anche questi spesso annuali) prodotti da governi, ministeri o organismi internazionali, la legislazione bibliotecaria emanata nei diversi paesi; della seconda categoria fanno parte gli articoli e le monografie prodotti da altri ricercatori, che si presentano come testi descrittivi utili quando il ricercatore ha difficoltà a condurre l’indagine sul campo e quindi in prima persona.
Infine nel relazionare i diversi sistemi bibliotecari al contesto sociale e culturale di riferimento, il ricercatore potrà avere bisogno, a seconda dell’argomento di ricerca e dell’approccio seguito, anche di altre tipologie di fonti che raccolgano, ad esempio, i dati sulla crescita e la distribuzione della popolazione, sulla struttura governativa, sulla pianificazione e sullo sviluppo economico, sull’istruzione e la formazione di giovani e adulti, sulla produzione editoriale, e su tutti quegli altri fattori di contesto ritenuti rilevanti.
I diversi approcci alla comparazione
Le tipologie di ricerche comparate in biblioteconomia sono state variamente classificate. Collings, ad esempio, ne individua tre:
- studi di area (area studies), che forniscono una sintesi descrittiva e un’analisi critica dello sviluppo delle biblioteche in un dato paese o regione del mondo, tenendo in debito conto l’influenza dei fattori contestuali;
- studi transnazionali o transculturali (cross-national/cross-cultural studies), che esaminano un aspetto bibliotecario o un problema tecnico in più paesi o in contesti diversi dello stesso paese, ad esempio la classificazione, l’automazione, la gestione degli acquisti;
- studi di caso (case studies), che offrono un’analisi approfondita di una tipologia di biblioteca o di un fattore chiave per lo sviluppo delle biblioteche, come la formazione bibliotecaria, l’alfabetizzazione o la produzione dei libri, in un determinato paese.
Collings scrive negli anni Settanta, anni in cui gli studi di area dominano la letteratura, sia in termini quantitativi che qualitativi, i quali, si crede, sono in grado di fornire visioni illuminanti e valutazioni rigorose dei sistemi bibliotecari analizzati per tutti o solo per alcuni aspetti, inclusi quei fattori che possono favorire o impedire ulteriori sviluppi, i problemi riscontrati e le soluzioni trovate, tentate o proposte. Anche gli studi di caso sono importanti per la profondità della ricerca e per il loro valore in un certo senso suggestivo ma vanno utilizzati con cautela proprio perché si limitano allo studio di un solo caso.
Krzys e Litton conservano le tipologie degli studi di area e degli studi di caso definite da Collings e introducono come terza categoria quella della comparazione totale (total analysis). In questa tripartizione le prime due categorie sono considerate preparatorie e descrittive, mentre l’analisi totale è quella più complessa che vuole analizzare l’impatto globale delle biblioteche sulla società nel suo complesso.
Foskett ha proposto invece una tassonomia più astratta, che tiene conto delle finalità degli studi comparati. Il primo filone di indagine è quello che definisce delle storie di casi (case histories), cioè delle sintesi descrittive di sistemi bibliotecari nazionali. Le storie di casi forniscono quindi i dati grezzi derivati da fonti primarie o secondarie, che possono essere utilizzati come base di partenza da approfondire successivamente in una prospettiva comparata propriamente detta.
Il secondo filone è quello dell’analisi delle tendenze (trend analysis), che consiste nell’esame critico degli sviluppi in atto nel mondo delle biblioteche tenendo conto dell’influenza dei fattori esterni e interni a questo mondo; non si limita quindi a presentare i dati, ma ne interpreta anche il significato, separando le cause dagli effetti e distinguendo i fattori principali di influenza da quelli secondari.
L’ultimo filone individuato da Foskett è quello per problemi (problem approach), che analizza i problemi tecnici che si presentano in biblioteconomia o i problemi socio-culturali determinati dal particolare contesto in cui opera il sistema bibliotecario.
Si parte quindi dal dato, dal “come” si presentano uno o più sistemi per arrivare a definire il “perché” si manifestano in questo modo:
The beginning of comparative studies, then, is the collection of data; but we do not collect these data for their own sake. Case histories provide a great deal of data, but we are not concerned here with library history. What we are trying to do, in comparative studies, is to unravel the strands that go to make up a certain pattern, to assess these strands against those that make up other, different, patterns, and to try to form estimates of the relative values of each.
E ancora
Case histories may provide all the detail needed for comparison and explanation, yet make no attempt to go beyond description. But their value consists of this: that by enumerating all the elements of different systems and their networks of interrelations, they bring to light the difficulties of making useful comparisons where the structural and functional bases of the systems vary in some fundamental aspects. This leads us inexorably to examine the basic variations themselves, and it is through this process that we come to ask the important question, “Why should this be so?”.
Una sintesi di quanto detto finora si può ritrovare nei due approcci, dapprima definiti in sociologia da Charles Ragin e David Zaret (che i due studiosi fanno risalire rispettivamente alla tradizione durkheimiana e alla tradizione weberiana), e a cui oggi si fa tradizionalmente riferimento anche in biblioteconomia comparata: l’approccio per variabili (variable-based approach, o approccio statistico) e l’approccio per studi di caso (case-based approach, o approccio storico). Il primo approccio non usa necessariamente tecniche statistiche di trattamento dei dati e l’aggettivo “statistico” si riferisce alla logica che è alla base di questo tipo di ricerca in cui i fenomeni sociali osservati sono scomposti in un insieme di variabili, quantitativamente misurate, che fungono da indicatori per determinare le relazioni tra i fenomeni osservati. Il secondo approccio tende invece ad analizzare le caratteristiche di un fenomeno nel suo complesso in diversi contesti nazionali, sociali o culturali e a verificarne l’andamento, negando, nelle sue punte estreme, l’esistenza di modelli teorici di riferimento generalizzabili.
L’utilizzo di variabili sembrerebbe conferire maggiore scientificità e possibilità di generalizzazione e allontanare dal rischio di cadere in ipotesi particolaristiche; lo studio di caso d’altra parte si configura come tentativo di comprensione profonda e non preconcetta della realtà, un modo di avvicinarsi ai fatti senza ricercarvi tendenze generali.
In biblioteconomia comparata la preferenza di approccio è innanzitutto frutto di una serie di scelte che riguardano le ipotesi di ricerca che si vogliono verificare e le metodologie da impiegare, nonché la risoluzione dei già citati problemi metodologici che la comparazione implica. L’identificazione della domanda di ricerca è il primo e fondamentale passo che condiziona l’approccio seguito; la definizione delle dimensioni spaziale e temporale della comparazione permette di individuare quanti e quali casi inserire nella ricerca e se analizzarli nello stesso momento storico (comparazione sincronica) o in momenti diversi (comparazione diacronica). I fenomeni che si vogliono analizzare, siano essi variabili in senso proprio (quindi misurabili in termini quantitativi) o descrivibili mediante dati qualitativi, vanno ben definiti all’interno dei contesti in cui si sono formati e in cui permangono e nelle loro relazioni.
Detto questo l’approccio per variabili è spesso utilizzato in indagini biblioteconomiche a largo spettro in cui venga analizzato un ampio ventaglio di variabili e in cui le risorse umane e finanziarie impiegate siano tali da permettere di raccogliere la massa critica di dati necessaria per poter generalizzare i risultati; è questo il caso dei recenti studi di biblioteconomia comparata, a matrice prevalentemente nordeuropea e statunitense, sviluppatisi nell’ambito della valutazione d’impatto delle biblioteche pubbliche, allo scopo di confrontare le preferenze d’uso degli utenti e la loro percezione dei benefici derivanti dalla frequentazione delle biblioteche, mediante l’impiego dello stesso approccio metodologico in contesti geografici e culturali simili ma anche molto diversi tra loro. Gli studi di caso invece si rendono necessari quando non si dispone di una quantità di dati sufficiente per porre i fenomeni in una determinata prospettiva teorica ma anche quando un contesto si allontana dalle teorie e dai modelli di riferimento esistenti costituendo in qualche modo un unicum.
Comparazione statistica e comparazione storica non si escludono a vicenda: «la disponibilità di buone comparazioni statistiche è una condizione che accresce le probabilità di buone comparazioni storiche. […] Lo scopo finale però non sarà semplicemente quello di controllare la veridicità di una proposizione generale (come accade quando ci si limita a utilizzare la comparazione detta statistica) ma quello di spiegare specifici fenomeni storico-politici indentificandone i meccanismi causali».
Le fasi della comparazione
La biblioteconomia comparata è di natura fortemente interdisciplinare, in quanto attinge molti dei dati e delle informazioni che le sono necessari da altre scienze sociali, come la sociologia, la storia, la geografia, la politica, l’economia. D’altra parte la biblioteconomia è spesso associata all’educazione, in vista anche dello stretto rapporto tra sistemi scolastici e sistemi bibliotecari e per gli scopi comuni a entrambe della formazione e dell’alfabetizzazione. È per questo che numerosi studiosi hanno auspicato in biblioteconomia comparata l’acquisizione della metodologia, più antica e meglio sviluppata, dell’educazione comparata. In particolare, il principale punto di riferimento è rappresentato dagli studi dei primi anni Sessanta di George Zygmunt Fijalkowski Bereday, che ha individuato quattro fasi della comparazione (descrizione, interpretazione, giustapposizione, comparazione) che sono state di volta in volta adattate all’ambito delle biblioteche.
La prima fase, quella della descrizione, consiste nella raccolta sistematica e completa di dati e informazioni sulle variabili precedentemente individuate in uno o più sistemi bibliotecari. Nella fase dell’interpretazione i dati raccolti sono analizzati in accordo con i principi e i metodi delle scienze sociali, sono ricercate e spiegate le relazioni tra variabili e tra fattori esterni e interni al mondo delle biblioteche (fattori storici, politici, economici, geografici, demografici, educativi, culturali), per giungere a generalizzazioni. La giustapposizione consiste nel confrontare in maniera simultanea ma solo superficiale i dati raccolti in contesti diversi che vengono quindi classificati per renderli comparabili, con l’obiettivo di identificare le somiglianze e le differenze tra dati confrontati e di formulare una o più ipotesi rispetto a cosa i dati raccolti e classificati potrebbero permettere di provare; lo scopo della giustapposizione infatti non è trarre conclusioni comparative, ma determinare se il confronto sia possibile. La giustapposizione permette quindi una formulazione provvisoria di leggi, che verranno testate successivamente con un confronto completo nella quarta e ultima fase, quella propriamente detta della comparazione, in cui vengono analizzati simultaneamente e nel dettaglio i diversi sistemi bibliotecari a cui nella fase precedente era stato dato uno sguardo solo superficiale, per giungere alla formulazione di teorie o leggi della biblioteconomia e alla comprensione totale delle relazioni tra fenomeni; questa fase presenta naturalmente delle criticità:
This illustration of the comparison phase of the comparative method indicates its usefulness as an approach to creating new knowledge in the field of world study in librarianship while making obvious its weaknesses: the hypotheses formulated are merely tested in the study itself and cannot be accepted as valid until they have been verified in the arena of librarianship throughout the world.
Si tratta quindi di teorie e di leggi in senso lato, è chiaro infatti come difficilmente gli studi comparati, anche se condotti su larga scala e con un approccio per variabili, possano condurre a generalizzazioni assolute senza scontrarsi con l’empirismo delle situazioni concrete. È anche vero però che quanto appreso nei contesti locali può servire da lezione in altri; lo scopo ultimo della comparazione, infatti, può essere visto proprio nell’esaltazione della tensione tra teorie e soluzioni operative, attraverso l’analisi del modo in cui le lezioni straniere si conciliano con le specificità locali:
No community is ever static, and the lessons learnt from the successes and disappointments of one system are always of potential value in solving the problems of another. Not for nothing did Ranganathan state that “A library is a growing organism” is the final law of library science; it is the law which derives from all the others, and by studying it in operation over a number of systems we can aspire to a more profound understanding of its practical implications for each of us.
Studi e ricerche di biblioteconomia comparata
Gli studi di biblioteconomia comparata, dopo le prime sistematizzazioni a partire dagli anni Cinquanta e la crescita esponenziale tra gli anni Sessanta e i primi anni Ottanta (grazie ai già citati lavori di Simsova e MacKee, Collings, Danton, Harvey, Foskett) hanno vissuto un periodo di declino, intervallato da qualche sporadico tentativo di riflessione.
Nel caso italiano poi il filone della biblioteconomia comparata ha avuto scarsissima fortuna; dal punto di vista concettuale e metodologico va ricordato il già noto e fondamentale contributo alla disciplina nel nostro paese di Giuseppe Vitiello (unico italiano citato dagli altri studiosi) che ha il merito di averne definito e “tradotto” i principi, gli scopi, le forme, attingendo alla più nota letteratura internazionale, tanto che i suoi testi, più volte citati in queste pagine, non possono che rappresentare un punto di riferimento obbligato, data anche la ricchezza dei riferimenti bibliografici.
Non caratterizza soltanto l’Italia, invece, il generale calo di interesse per gli studi comparati nella biblioteconomia degli ultimi decenni. Come osserva Peter Lor, la maggior parte della letteratura più recente è priva di riferimenti teorici strutturati e si basa sulla forma più ingenua di empirismo, a differenza di quanto accaduto nelle altre scienze sociali: «The profession initially had high expectations that comparative librarianship would provide theoretical insights into library phenomena. A considerable investment was made in developing a theoretical and methodological basis for the field, but comparative LIS has failed to develop as was initially expected». Lor sottolinea come la letteratura professionale si sia pressoché esaurita a partire dagli anni Ottanta, ragion per cui, con alcune eccezioni, la maggior parte dei contributi che sono seguiti possono essere considerati delle semplici rielaborazioni di studi precedenti che hanno, in effetti, aggiunto poca sostanza all’argomento.
Poche volte gli studiosi di biblioteconomia prestano attenzione ai fattori sociali, culturali, e a tutti gli altri fattori contestuali, limitandosi a confrontare le biblioteche di paesi diversi sulle singole funzioni, i processi e le attività e quindi più sul piano gestionale e ai fini del benchmarking, senza una comparazione reale.
Lor suggerisce come paradossalmente, nonostante i numerosi sforzi fatti per distinguere campi di studio e metodologie della biblioteconomia internazionale e della biblioteconomia comparata, la maggior parte degli studi più recenti, pur definendosi comparati, finiscano quindi per ricadere più precisamente nella sfera degli studi internazionali perché ricchi di dati provenienti da contesti diversi ma senza una comparazione esplicita tra somiglianze e differenze dei sistemi bibliotecari.
A questo va aggiunto come anche le ricerche più metodologicamente fondate difficilmente riescano a fare scuola per altri ricercatori, palesando, a differenza di quanto è accaduto e accade in altri campi disciplinari (uno fra tutti l’educazione comparata), una certa difficoltà per la disciplina a sviluppare una solida base concettuale.
In riferimento al già accennato interesse per i sistemi bibliotecari dei paesi emergenti, è proprio fino agli anni Ottanta che la letteratura offre gli esempi più interessanti di analisi macro-strutturale di difformità e analogie con i paesi occidentali. Una delle possibili ragioni del successivo calo di interesse per gli studi comparati potrebbe quindi consistere, dopo la fase euforica iniziale, proprio nella fisiologica e generale riduzione di attenzione nei confronti dei paesi in via di sviluppo, anche in termini di finanziamenti istituzionali ridotti per viaggi, missioni, studi di area.
In effetti, anche soltanto dal punto di vista quantitativo, il periodo qui preso in considerazione è quello di maggiore fermento anche per gli studi comparati che riguardano l’Occidente; le indagini di largo respiro sono piuttosto rare mentre si predilige l’analisi di aspetti particolari e tendenze di uno o più sistemi bibliotecari o di problemi tecnici legati al lavoro di biblioteca.
Lor attribuisce principalmente il deficit di interesse degli ultimi trent’anni all’avvento della globalizzazione e di quelli che definisce trans-border processes che avrebbero messo in dubbio, in generale in tutte le scienze sociali, la validità dei più tradizionali approcci agli studi internazionali e comparati, che assumono principalmente come unità di analisi stati, aree, nazioni, dai precisi confini geografici. Tuttavia, a parere di chi scrive, un approccio per così dire “globale” potrebbe e dovrebbe solo che favorire gli studi comparati nel momento in cui, trascendendo i confini nazionali, contribuisse ad analizzare e confrontare i sistemi bibliotecari alla luce di influenze e tendenze più ampie e generali.
Per meglio palesare la differenza tra i primi contributi e quelli più recenti (che vedono nella comparazione uno degli strumenti di valutazione dell’impatto delle biblioteche), è interessante analizzare l’indagine storica sullo sviluppo comparato delle biblioteche pubbliche in Francia, Regno Unito e Stati Uniti nella seconda metà del diciannovesimo secolo, pubblicata nel 1967 da Jean Hassenforder. Mediante questo confronto lo studioso è stato in grado di dimostrare che, nonostante le diverse identità sociali e culturali dei paesi considerati, in quel preciso periodo storico vi furono una serie di variabili che condizionarono pesantemente l’atteggiamento e la considerazione data alle biblioteche e più in generale al libro, che persistono ancora ben oltre la metà del ventesimo secolo, quando egli scrive.
La domanda a cui l’autore cerca di rispondere è perché le biblioteche pubbliche si siano sviluppate più lentamente in Francia che in altri paesi e cosa è necessario fare per poter recuperare terreno. Non a caso il periodo scelto da Hassenforder, dal 1850 al 1914, è esattamente quello in cui il divario si è sviluppato, senza che si sia riusciti successivamente a colmarlo, nonostante gli sforzi.
Nel Regno Unito e negli Stati Uniti a partire dal 1850 (anno non a caso dell’approvazione da parte del parlamento britannico del Public Libraries Act) cresce in maniera esponenziale il numero di biblioteche finanziate con fondi pubblici; tra le prime vanno ricordate la public library di Manchester aperta nel 1852 e quella di Boston nel 1854. Le caratteristiche di queste biblioteche, che verranno sempre più potenziate e che Hassenforder maggiormente sottolinea, sono la disponibilità di una sala di lettura per la consultazione in sede, il servizio di prestito, il rivolgersi alla totalità dei cittadini (alle masse come agli eruditi), la nascita di succursali per raggiungere i lettori più lontani, i servizi per bambini e ragazzi.
La situazione francese è invece molto diversa. Se è vero che già nel 1850 sono molte le biblioteche municipali esistenti, la loro funzione principale consiste nel conservare le raccolte librarie, spesso rare e di pregio, che la Rivoluzione francese ha lasciato in loro custodia, in seguito alla soppressione delle corporazione religiose e alla nazionalizzazione dei loro beni; data la natura delle raccolte non stupisce che i principali utenti di queste biblioteche siano uomini di lettere e studiosi. A partire dagli anni Sessanta dell’Ottocento si sviluppano in Francia anche le prime biblioteche popolari e nascono le biblioteche scolastiche, a uso dei bambini e delle loro famiglie. In entrambi i casi però si tratta di biblioteche di piccole dimensioni, spesso prive di sale di lettura, con risorse limitate e senza personale qualificato. Agli inizi del Novecento la situazione francese non migliora; le biblioteche municipali continuano a trovare ospitalità in edifici vecchi e inadeguati e per mancanza di fondi gli acquisti di nuovi libri sono insignificanti.
In quegli stessi anni negli Stati Uniti e nel Regno Unito le biblioteche pubbliche sono ormai istituzioni radicate; un dato molto interessante riportato da Hassenforder ci dice che intorno al 1910 i prestiti delle biblioteche pubbliche britanniche sono di circa 2,5 libri all’anno per cittadino e quelli delle biblioteche pubbliche americane di circa 2 libri per cittadino nelle città più grandi. In Francia i prestiti delle biblioteche popolari nelle province, nello stesso periodo, sono in media di un libro all’anno ogni dieci abitanti, mentre a Parigi, dove sono meglio organizzate, il numero annuale di libri prestati supera appena i 0,7 punti pro capite.
Definito lo stato dell’arte, per Hassenforder diventa fondamentale capire le ragioni del diverso sviluppo delle biblioteche pubbliche nei paesi considerati, perciò seleziona per ciascuno dei tre paesi una serie di variabili: lo sviluppo economico, la politica e le sue istituzioni, la vita sociale e religiosa, l’aumento della scolarizzazione e il progresso dell’educazione degli adulti, l’organizzazione tecnica delle biblioteche e l’approccio dei bibliotecari al lavoro. Il processo di Hassenforder è dichiaratamente interpretativo, egli infatti confronta i dati raccolti per ciascun paese per verificare se e quanto l’influenza delle variabili sia analoga.
Innanzitutto l’autore è certo che sviluppo economico, progresso delle idee democratiche e aumento della frequenza scolastica siano tra i fattori favorevoli alla crescita delle biblioteche pubbliche. Le differenze nell’evoluzione delle stesse sono quindi da additare alla diversa mentalità dei cittadini e della società tutta. La Francia della fine del diciannovesimo secolo è una società divisa, dove spirito d’associazione e iniziativa locale sono meno sviluppati di Regno Unito e Stati Uniti, il centralismo burocratico è paralizzante, gli sforzi fatti rispetto all’educazione permanente degli adulti sono meno intensi ed è forte l’influenza dei metodi scolastici tradizionali che poco incoraggiano la ricerca e lo sviluppo individuale delle competenze. Ma le divergenze rilevate da Hassenforder sono riconducibili naturalmente anche a fattori interni al mondo delle biblioteche; come già accennato negli Stati Uniti e nel Regno Unito le biblioteche pubbliche sono istituzioni nuove destinate a tutta la popolazione mentre in Francia persiste la netta distinzione tra biblioteche popolari per il grande pubblico e biblioteche municipali frequentate dall’élite. Il compito principale delle biblioteche municipali rimane la conservazione, per cui ogni tentativo di apertura alle esigenze attuali si scontra con la necessità di preservazione e con il timore che le collezioni possano essere danneggiate.
I punti di forza della public library anglosassone sono evincibili per lo studioso sin dalle origini: varietà ed efficacia dei servizi, risposta ai bisogni di tutta la comunità, sostegno economico costante da parte della comunità locale. La condizione essenziale, però, resta una:
However, whatever form the development process may take, there is one essential condition: the national leadership, the political and administrative authorities, must be won over to the cause of public libraries and must understand the usefulness and the need for them. Otherwise the libraries will remain minor institutions doomed to vegetate, for lack of facilities and funds, in relative isolation. At the outset, no doubt, the attitude of the leaders will vary with the country: this is an important factor which must be allowed for.
Naturalmente Hassenforder è consapevole del continuo cambiamento delle società per cui la sua è un’analisi di processi più che di stati. Di conseguenza gli ostacoli al progresso delle biblioteche pubbliche francesi possono essere superati; lo studioso si chiede quindi se la società francese attuale (ricordiamo che scrive negli anni Sessanta) presenti la stessa resistenza che in passato. La Francia contemporanea a Hassenforder vive un accelerato sviluppo economico e una forte espansione della frequenza scolastica, così come acquisisce maggiore importanza l’educazione degli adulti; in qualche modo egli vede che le premesse della maggior parte dei problemi individuati per il periodo precedente sono cambiate in maniera favorevole allo sviluppo delle biblioteche, elementi questi che vanno combinati con l’interesse crescente da parte delle autorità. Detto questo però le biblioteche pubbliche contemporanee continuano a essere meno attive ed efficaci delle loro omologhe inglesi, americane, scandinave.
Al di là dei pur interessanti contenuti e conclusioni di Hassenforder, colpisce la fiducia nel metodo comparato che, nell’illustrare in maniera rigorosa la complessità delle strategie adottate nei diversi paesi, i loro vantaggi e svantaggi, le loro aspirazioni e i loro bisogni, diventa lo strumento per capire quali siano stati e quali siano ancora gli ostacoli alla diffusione e allo sviluppo della biblioteca pubblica in contesti diversi da quello anglosassone di origine, ostacoli difficili da superare anche per la Francia, che lo studioso definisce tra le maggiori società europee. L’obiettivo ultimo di questo studio comparato è quindi, una volta scoperte le ragioni del ritardo francese, quello di rendere chiare le azioni possibili e necessarie da compiere per porre rimedio a questo ritardo.
Rifacendoci alle classificazioni di Collings e di Krzys e Litton questo di Hassenforder potrebbe essere considerato un esempio di area studies, in quanto fornisce un’analisi dello sviluppo di una determinata tipologia di biblioteca, quella pubblica, in più paesi, in maniera critica e con la debita considerazione di tutti i fattori di contesto. D’altra parte l’approccio utilizzato non è facilmente riconducibile a quello per variabili o a quello per studi di caso; infatti se del primo condivide l’identificazione chiara delle variabili (anche se non tutte misurabili quantitativamente), del secondo ha la profondità. I fenomeni relativi alle biblioteche pubbliche e alla società nel suo complesso nei tre paesi considerati sono sì scomposti in variabili per esigenze di semplificazione, misurazione e generalizzazione, ma restano evidenti l’unità di fondo e le reciproche influenze che Hassenforder riporta continuamente alla luce in un resoconto descrittivo, perché basato sui dati, e al tempo stesso interpretativo e quindi veramente comparativo, perché intreccia questi dati alla ricerca di connessioni causali, di spiegazioni logiche, di previsioni e soluzioni per il futuro.
Se si sposta l’attenzione da questi primi contributi alla letteratura professionale più recente, sono diversi gli studi biblioteconomici che adottano una prospettiva comparata, anche quando non apertamente dichiarato. In particolare l’approccio più utilizzato è quello per variabili, soprattutto quando le risorse umane e finanziarie a disposizione della ricerca sono così notevoli da permettere di raccogliere una mole consistente di dati. In area anglosassone e nordeuropea sono stati realizzati studi che, servendosi di un ampio ventaglio di variabili misurate in diversi contesti geografici, culturali, sociali, vogliono valutare l’impatto delle biblioteche, gli outcome, e quindi i benefici che esse possono produrre nella vita delle persone e la percezione di questi stessi benefici.
La valutazione d’impatto è, infatti, tra i filoni di studio di maggiore e recente interesse in ambito biblioteconomico, che si intreccia sempre più spesso con il dibattito sulla funzione sociale delle biblioteche (soprattutto delle biblioteche pubbliche) e quindi con la crisi di senso e di legittimazione che le ha investite.
Gli studi di tipo comparativo a cui si fa riferimento hanno, in particolare, lo scopo di confrontare le preferenze d’uso degli utenti e la loro percezione dei benefici associati ai servizi delle biblioteche pubbliche in diversi paesi, simili tra loro o anche molto diversi, con l’impiego di un comune approccio metodologico.
Tra il 2012 e il 2014 gli studiosi finlandesi Pertti Vakkari e Sami Serola hanno presentato i risultati di un’indagine svolta con la somministrazione via posta di un questionario su un campione di popolazione finlandese adulta (sono state ottenute 1.000 risposte), con lo scopo di far emergere i fattori che incidono sulla percezione dei benefici derivanti dalla frequentazione delle biblioteche pubbliche finlandesi. Per farlo hanno individuato 22 benefici potenziali, detti “aree di vita”, raggruppabili a loro volta in tre categorie: benefici per le attività quotidiane, benefici per gli interessi culturali e benefici professionali. Questo stesso modello è stato successivamente adattato per un’indagine sulla percezione dei benefici delle biblioteche pubbliche statunitensi e in due progetti in cui Vakkari ha collaborato con ricercatori di altri paesi per comparare la percezione dei benefici in contesti diversi.
Il primo di questi due ultimi studi confronta tre paesi dell’Europa settentrionale con caratteristiche simili in termini di dimensioni, welfare e sistemi bibliotecari avanzati, Finlandia, Norvegia e Olanda, riutilizzando i dati finlandesi raccolti nello studio precedente e somministrando questionari online negli altri due paesi, così da ottenere circa mille rispondenti anche per Olanda e Norvegia. Questo studio, che si autodefinisce «the first across-country comparison observing perceived benefits of public libraries across major areas of life», nasce con l’obiettivo di rispondere a tre interrogativi: con quale frequenza le persone percepiscono i benefici associati ai servizi delle biblioteche pubbliche nei tre paesi; se la struttura dei benefici percepiti varia tra i paesi; quali fattori influenzano le possibili variazioni.
Il secondo studio estende il confronto a tre tra Finlandia, Olanda e Norvegia, anche a Stati Uniti e Corea del Sud, paesi decisamente diversi da quelli nordeuropei, sotto il profilo culturale, politico, economico, oltre che rispetto alle politiche bibliotecarie. Ancora una volta i dati relativi ai due nuovi paesi sono stati raccolti attraverso un’indagine online, nel tentativo di rispondere agli stessi interrogativi di cui sopra, questa volta proponendosi come «the first across-country study comparing and explaining tha patterns of perceived benefits between culturally different countries».
Negli studi citati, nazionali e comparati, è stata impiegata l’analisi della regressione multipla, tecnica statistica che permette di evidenziare eventuali relazioni tra una variabile dipendente, in questo caso i benefici potenziali, e una o più variabili indipendenti (sesso, età, istruzione, professione, paese di residenza, lettura di libri, uso della biblioteca per le attività quotidiane, per gli interessi culturali e per la carriera, uso di Internet per le attività quotidiane, per gli interessi culturali e per la carriera); tra le risultanze più interessanti e immediate vi è l’evidente rapporto tra quantità e qualità dei servizi erogati.
Un’altra indagine comparativa, ancora a più largo spettro, sull’impatto dei servizi bibliotecari pubblici sulla vita dei cittadini europei è stata realizzata tra il 2012 e il 2013 per conto della Bill & Melinda Gates Foundation dall’istituto di ricerca TNS. Sono stati coinvolti 17 paesi dell’Unione europea, per verificare quanto le biblioteche pubbliche possano integrarsi e supportare le strategie del programma Europa 2020 per la crescita intelligente, sostenibile e inclusiva. Il progetto è stato articolato in diverse fasi, per raccogliere dati quantitativi (circa mille interviste somministrate a un campione di popolazione adulta in ciascun paese; indagini nelle biblioteche a utenti PAC, cioè che accedono ai computer e a Internet nelle biblioteche, e non PAC) ed evidenze qualitative (focus group con gli utenti e interviste in profondità a responsabili di biblioteca). Tra i moltissimi elementi di riflessione emergono l’utilizzo delle biblioteche pubbliche europee da parte di un adulto su quattro, servizi PAC frequentati, in media, solo dal 4% della popolazione adulta, ancora una volta il rapporto di proporzionalità diretta tra investimenti sulle biblioteche e livelli di fruizione, così come tra gli indici di utilizzo e la percezione dell’efficacia.
In generale quindi, nonostante le dovute differenze tra paesi, sia rispetto ai fattori contestuali che ai fattori interni alle biblioteche, i risultati confermano l’esistenza di un rapporto diretto tra livello di servizio e benefici percepiti: «Un’altra costante è nella correlazione fra quadro politico-legislativo, spesa e livelli di servizio, fra livelli di servizio e tassi d’uso, fra tassi d’uso e benefici percepiti: dove c’è una cultura di governo disposta a legittimare la funzione delle biblioteche pubbliche, i risultati si vedono».
Conclusioni
Il quadro di riferimento teorico e metodologico delineato in queste pagine ed esemplificato dagli studi citati rende evidente il vantaggio di condurre ricerche di biblioteconomia comparata. In particolare, la scelta dell’approccio si rivela particolarmente felice, a parere di chi scrive, nell’analisi e nel confronto dei modelli funzionali di biblioteca.
Il frangente storico in cui le biblioteche si trovano, in particolare quelle pubbliche, impone la necessità di trovare nuove soluzioni per rispondere in maniera adeguata alla complessità del mondo contemporaneo, il che però non significa necessariamente ricorrere a soluzioni preconfezionate a cui attribuire presunte capacità predittive o proporre modelli che rompano in maniera radicale con il passato mettendone in discussione la specifica vocazione, ma approntare modelli che rispondano con flessibilità al cambiamento e in cui convivano tradizione e innovazione.
Analizzare i modelli non significa esclusivamente studiarli dal punto di vista ideale e concettuale ma verificare anche i singoli casi concreti nei quali essi siano stati proposti e applicati. Se questo è vero prediligere un approccio comparato ha un duplice vantaggio: se da una parte comparazione e confronto tra sistemi bibliotecari permettono di individuare elementi riconducibili a un comune modello di riferimento, dall’altra evidenziano le singolarità dei casi analizzati che rispondono a bisogni ed esigenze particolari e che testano la presunta capacità di adattamento del modello stesso.
La prospettiva comparata, applicata ai modelli, dovrebbe servire a evitare quello che Vitiello definisce «l’appiattimento delle singolarità regionali o nazionali e l’assorbimento delle situazioni anomale entro un’omogenea e rettilinea scala del progresso bibliotecario».
Nel voler richiamare le fasi della comparazione, i modelli precedentemente descritti, interpretati, giustapposti, devono essere comparati per una comprensione che sia veramente profonda e totale e che permetta di individuare quelle relazioni, quelle somiglianze e quelle differenze che li rendono oggetti per loro natura non cristallizzati ma in fieri.
A questo proposito non stupisce che la biblioteconomia comparata abbia trovato sin dalle sue origini delle applicazioni pratiche: se è vero che essa permette di verificare – sul piano concettuale – l’evoluzione di modelli di biblioteca (frutto di determinati e mutevoli fattori contestuali) e i più o meno riusciti tentativi di esportazione, al tempo stesso permette di misurare – sul piano pratico e operativo – servizi e pratiche delle biblioteche da intendersi come realizzazioni concrete di quei modelli, e di valutare di conseguenza, come dimostrano gli esempi più recenti, impatto, benefici, funzione sociale delle biblioteche stesse.