Per una biblioteca sostenibile
Dipartimento di Scienze del patrimonio culturale, Università degli studi di Salerno gididomenico@unisa.it
Per tutti i siti web la data di ultima consultazione è 30 giugno 2021.
Proponiamo qui – per l’evidente contiguità con il tema monografico che il presente fascicolo affronta – gran parte del testo introduttivo con cui l’Autore apre il volume Il paradigma della biblioteca sostenibile, appena pubblicato presso Ledizioni di Milano, in cui sono raccolti scritti di Anna Bilotta, Maria Rosaria Califano, Paola Castellucci, Concetta Damiani, Sara Dinotola, Chiara Faggiolani, Simona Inserra, Rosa Parlavecchia, Margarita Pérez Pulido, Ma-ria Senatore Polisetti, Giuseppe Vitiello. Ringraziamo Giovanni Di Domenico e l’editore per la gentile concessione [NdR].
Abstract
I principii della sostenibilità e la prospettiva dello sviluppo sostenibile riescono oggi a collegare i temi ambientali cruciali che investono il presente e il futuro del pianeta con le altre grandi questioni sociali ed economiche del mondo contemporaneo.
Dopo una breve rassegna della letteratura biblioteconomica sul tema della sostenibilità, l'articolo individua dieci punti che permettono alle biblioteche di essere realmente sostenibili, analizzando poi il loro ruolo alla luce dei 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs) dell'ONU. Nell'ultima parte, l'articolo riflette sulla necessità delle biblioteche di rendere sostenibile il digital mettendolo al servizio dello sviluppo sostenibile, anche alla luce degli insegnamenti ricavati dalla pandemia da Covid-19.
English abstract
Today principles of sustainability and sustainable development link the crucial environmental issues affecting the present and future of the Earth with the other major social and economic issues of the contemporary world.
After a brief review of LIS literature on sustainability, the article identifies ten points that enable libraries to be truly sustainable, then analyzes the role of libraries considering the 17 UN Sustainable Development Goals (SDGs). In the last part, the article reflects on the need for libraries to make digital sustainable and put it at the service of sustainable development, also considering the lessons learned from the Covid-19 pandemic.
La biblioteconomia e la cultura della sostenibilità
I principii della sostenibilità e la prospettiva dello sviluppo sostenibile hanno fatto molta strada, mostrandosi capaci di collegare i temi cruciali che investono il presente e il futuro del pianeta, dell’umanità e di tutte le specie viventi (cambiamento climatico, minacce e catastrofi ambientali, perdita della biodiversità) con le altre grandi questioni del mondo contemporaneo: quelle sociali (povertà, fame, problematiche demografiche, migrazioni, disuguaglianze enormi e in aumento, crisi della democrazia e dei diritti), quelle economiche (crescita distorta, sistema produttivo che distrugge le risorse naturali, ingiustizia distributiva, disoccupazione).
In tal senso, l’Agenda ONU 2030 prefigura davvero un passaggio epocale, e molto confortano il deciso sostegno e il fattivo coinvolgimento di IFLA, Eblida, associazioni bibliotecarie nazionali: per l’Italia è attivo l’Osservatorio biblioteche e sviluppo sostenibile (Obiss) che l’Associazione italiana biblioteche ha istituito nel giugno 2020 e che ha sostituito il precedente Gruppo per l’attuazione di obiettivi dello sviluppo sostenibile dell’Agenda ONU (SDGs); l’AIB aderisce inoltre al Gruppo di lavoro trasversale Cultura per lo sviluppo sostenibile dell’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile (Asvis).
Dal canto suo, la letteratura LIS dedicata al rapporto delle biblioteche con i 17 obiettivi dello sviluppo sostenibile (SDGs) e con l’Agenda in generale è ormai piuttosto folta, né mancano gli studi e le rassegne che ne prendono in esame sedi, tendenze, argomenti specifici e anche riscontri bibliometrici [Meschede - Henkel, 2019; Khalid - Farid Malik - Mahmood, 2021; Meliti, 2020]. Tra le fonti forse più originali è da menzionare un recente articolo [Missingham, 2021] riguardante le biblioteche accademiche, ma di più esteso significato. La tesi di fondo di Missingham – bibliotecaria della Australian National University di Canberra – è che per comprendere appieno il ruolo delle biblioteche accademiche quali infrastrutture della conoscenza, per documentare il valore che esse creano a livello nazionale e internazionale non solo a beneficio dell’apprendimento e dell’eccellenza nella ricerca, sarebbe utile valutarne l’impatto in chiave anche economico-sociale, sfruttando a tal fine la cornice metodologica multidimensionale degli SDGs:
Libraries are a key element in the economic, social, and educational structure within nations. They deliver public, educational, health, and state services that enhance community well-being and economic outcomes. Expanding the understanding of the value of libraries through exploring the SDGS had become a significant activity by the library sector [Missingham, 2021, p. 391].
Missingham pensa, inoltre, che un approccio valutativo basato sugli SDGs, e perciò sulla teoria del cambiamento che sorregge l’Agenda, incoraggi la scoperta di nuovi obiettivi e attività per il settore.
Il libro [Di Domenico, 2021] da cui è tratto il presente contributo nasce da un bisogno non troppo dissimile: capire in che misura e in che modo l’idea di sostenibilità stia invogliando la biblioteconomia ad arricchire i propri interessi disciplinari e di ricerca, i propri cimenti valutativi e interpretativi, il proprio dialogo con le altre discipline.
Può rivelarsi fertile un confronto con le tesi di Luciano Floridi a proposito delle ‘scienze delle relazioni’:
In parole semplici: l’economia, la giurisprudenza, la sociologia e […] la filosofia politica sono reinterpretate come scienze delle relazioni – le quali costituiscono e connettono i relata (non solo le persone, ma tutte le cose, naturali e costruite, e quindi i loro ambienti ed ecosistemi) – ancor prima che come scienze delle azioni o dei comportamenti di quelle speciali entità che sono le persone fisiche e giuridiche intese come cose [Floridi, 2020, p. 55].
La biblioteconomia, pur non palesando tutti i caratteri e le esigenze delle scienze sociali, può ricavare da questo modello più di una sollecitazione a privilegiare a sua volta una concezione ‘relazionale’ e non tradizionalmente ‘cosale’ del suo ambito disciplinare. Vale a dire che essa dovrebbe collocare in cima alle proprie preoccupazioni l’analisi, la progettazione, la valutazione delle reti, dunque non le entità in sé (diciamo le biblioteche, le risorse e collezioni documentarie, i bibliotecari, gli utenti, gli enti e le comunità di appartenenza, i partner), ma i legami che stringono le une alle altre. Si tratterebbe di intervenire – per consolidarle, migliorarle, estenderle – soprattutto sulle relazioni fra i nodi della rete (le entità) prima ancora che sui nodi stessi. Aggiunge Floridi:
[…] in una politica relazionale e non cosale non è più il grado quantificabile di ‘performance’ delle cose a essere il principale parametro di valutazione, ma il grado di solidità e resilienza delle relazioni, che costituiscono le cose e le legano tra di loro [Floridi, 2020, p. 57].
Il background concettuale della sostenibilità (la capacità di durare, la resilienza, lo sguardo olistico) e la nozione ormai transdisciplinare di ‘ecosistema’ (naturale, umano, sociale, digitale, della conoscenza) si rivelano adatti ad accompagnare una simile propensione relazionale della biblioteconomia, suggerendole anche di rimodulare i propri indirizzi valutativi, per maggiormente orientarli verso gli outcome, l’impatto e il valore delle biblioteche nella sfera pubblica e nella più ampia dimensione della nostra vita, in parte analogica e in parte digitale, che ancora Floridi denomina ‘infosfera’ [Floridi, 2017].
D’altronde, l’interdipendenza delle questioni che riguardano infosfera e biosfera (l’attuale complessità e globalità dei processi e degli scenari in cui anche le biblioteche agiscono, a cominciare dal primato del digitale, delle reti e dei media sociali) reclama un’attitudine a respingere le semplificazioni dilaganti e a coltivare un pensiero a sua volta complesso e globale, capace di trasformare le informazioni sparse in conoscenze e di stabilire relazioni fra conoscenze separate e appiattite sul profilo solo ‘tecnico’ e ‘tecnologico’ dei problemi. Tale attitudine risponde a una vocazione che la biblioteconomia, sia teorica sia applicata, ha storicamente assecondato (con l’impulso delle tassonomie bibliografiche) e che deve esprimersi però in nuove forme nel mondo incerto, ‘granulare’ e ‘orizzontale’ dei saperi, delle culture e dei fenomeni che le sta oggi di fronte [Roncaglia, 2018; Solimine - Zanchini, 2020].
La biblioteca sostenibile in dieci punti
Parallelamente, c’è da capire se lo sviluppo sostenibile, così come è declinato dagli SDGs, possa aiutare le biblioteche a radicare in maniera più profonda la propria funzione e il proprio lavoro nelle sfide ambientali, sociali ed economiche della realtà contemporanea.
Il termine ‘paradigma’ nel titolo dato al volume intende, così, segnalare l’urgenza di un ragionamento che ci porti oltre l’adesione (ideologica, empirica, in qualche modo ‘implicita’) delle biblioteche allo sviluppo sostenibile e ci consenta di farne una scelta ‘strategica’. Si tratterebbe, allora, di investire di nuove responsabilità ora l’elaborazione teorico-metodologica della biblioteconomia gestionale e sociale ora la missione, l’organizzazione e l’azione delle biblioteche ora l’esercizio della professione bibliotecaria.
Ci spingono a intraprendere questo percorso proprio le caratteristiche innovative dell’Agenda 2030, messe in luce da Enrico Giovannini: universalità, partecipazione di tutti al cambiamento, visione integrata degli ostacoli da affrontare e delle cose da fare [Giovannini, 2018, p. 41]; consideriamo, con Ton van Vlimmeren e con Eblida, ‘falsi miti’ quelli che vedono gli SDGs distanti dalla missione principale della biblioteca o che riconducono i progetti della biblioteca sostenibile alla sola natura della green library, ritenendoli peraltro ininfluenti e circoscritti [Van Vlimmeren, 2020]. La biblioteca ci sembra invece sostenibile:
- se punta a determinare in tutte e tre le aree della sostenibilità effetti durevoli, di cui possano giovarsi la comunità di appartenenza e la collettività tutta, contribuendo a incanalarne lo sviluppo;
- se è capace di tradurre tale missione e tali priorità in sustainable policy e in programmi, progetti e azioni di medio e lungo periodo; se tutto ciò è parte di un sistema di rendicontazione sociale;
- se organizza e gestisce in ottica sostenibile offerta documentaria (analogica e digitale), accessi, servizi, spazi fisici, ambienti digitali: la gestione sostenibile della biblioteca si configura come stadio avanzato della gestione consapevole e della gestione responsabile;
- se sa costruire cooperazione, alleanze, partecipazione di utenti e comunità, reti di relazioni intorno al proprio impegno per la sostenibilità;
- se si propone come nodo di rete per l’educazione sostenibile e per la condivisione di valori, competenze e comportamenti sostenibili (che includono anche il rifiuto del razzismo, della violenza, delle manifestazioni d’odio verso le minoranze);
- se sa diventare presidio di sostenibilità culturale, e in un triplice senso:
- la biblioteca deve tutelare l’ecosistema culturale e della conoscenza registrata (la conservazione e disponibilità del patrimonio documentario a vantaggio delle generazioni presenti e future ha un lampante DNA ecologico);
- essa deve rafforzare la centralità della cultura nei processi di cambiamento orientati allo sviluppo sostenibile [Morriello, 2020, p. 87-90];
- negli ambienti digitali essa deve farsi guidare da intenti ecologici ed etici (controllo delle fonti, contrasto della post-verità, uso di dati aperti);
- se le sue relazioni, sottoposte a verifiche e interventi valutativi, sono resilienti e in grado di durare nel tempo;
- se (come mondo delle biblioteche) interpella l’etica pubblica, il sistema politico (polity) e la decisione politica (politics) sullo sviluppo sostenibile;
- se la sostenibilità è parte costitutiva della sua identità, (auto)narrazione, immagine sociale;
- se la sostenibilità diviene riferimento deontologico e abito professionale per i bibliotecari.
Sui traguardi fissati dall’Agenda ONU 2030 si registrano ovunque gravi ritardi, non ce lo nascondiamo. C’è però nel nostro campo, e non solo, la convinzione che le biblioteche possano e debbano fare la loro parte nella lotta contro le disuguaglianze (di condizione, disponibilità tecnologica, competenza e chance nell’accesso ai beni comuni della cultura e della conoscenza), che possano fare la loro parte, per quanto esigua, in difesa dell’ambiente e che possano concorrere a uno sviluppo economico diverso, più giusto, più verde, più inclusivo, sottratto alle illusioni di una crescita puramente quantitativa e disinvoltamente predatoria. Tutto ciò esige ricerca per l’innovazione, comunicazione scientifica aperta, capitale intellettuale diffuso, impegni ai quali le biblioteche garantiscono nelle università e altrove decisivo supporto, infrastrutture e valida collaborazione.
Biblioteche per gli SDGs: l’obiettivo 4
I progetti e le iniziative delle biblioteche sono spesso direttamente o indirettamente collegati a uno o più SDGs e relativi target: in sostanza, è l’intero spettro dell’Agenda a ricevere dal settore sensibilità, ascolto e risposte, sebbene con priorità che variano in ragione delle diverse tipologie bibliotecarie e delle diverse realtà in cui esse si esprimono.
Cionondimeno, è interessante individuare nella casistica e in letteratura le direzioni, i filoni maggiormente frequentati. Per esempio, è stato chiesto ai delegati del Global Council OCLC di indicare i primi cinque SDGs sui quali le biblioteche potrebbero avere un impatto. Nella parte alta della graduatoria finale troviamo, nell’ordine, Quality education (obiettivo 4), Decent work and economic growth (obiettivo 8), Peace, justice and strong institutions (obiettivo 16), Gender equality (obiettivo 5), Partnerships for the goals (obiettivo 17); a seguire, tutti con lo stesso numero di preferenze, abbiamo Industry, innovation and infrastructure (obiettivo 9), Reduced inequalities (obiettivo 10) e Sustainable cities and communities (obiettivo 11); poi Good health and well-being (obiettivo 3) e, distanziati, gli altri; agli ultimi tre posti figurano No poverty (obiettivo 1), Life below water (obiettivo 14), Life on land (obiettivo 15) [Cyr - Connaway, 2020]. Non stupisce l’educazione al primo posto; sorprendono un po’ la seconda e terza posizione degli obiettivi 8 e 16 rispetto a quelle un po’ più basse degli obiettivi 10, 11 e 3, nonché la scarsa fiducia nella possibilità di incidere sugli obiettivi più propriamente ecologici. Va peraltro precisato che ben 17 rispondenti dichiarano di avere nessuna o modesta familiarità con gli SDGs, a completare un quadro che appare segnato da esitazione e, forse, sottovalutazione di alcune potenzialità delle biblioteche.
Nella letteratura che negli ultimi due anni ha analizzato il rapporto fra biblioteche e SDGs, l’obiettivo 4 (educazione di qualità) torna frequentemente. In grande evidenza si pongono i temi dell’information literacy (nelle sue varie espressioni: digital literacy, scientific literacy ecc.) e della riduzione delle disuguaglianze nell’accesso alle risorse documentarie. Si insiste sulla riprogettazione e caratterizzazione delle biblioteche accademiche come learning center e delle biblioteche pubbliche come luoghi inclusivi, liberi, equi, in cui tutti possono acquisire e sviluppare conoscenze, abilità, capacità di esercitare il pensiero critico.
Alle biblioteche si assegna anche un ruolo di primo piano nell’attuazione di programmi e attività di educazione sostenibile, pur lamentando, talvolta, lacune e ritardi [Khalid - Farid Malik - Mahmood, 2021].
Se gli investimenti sull’educazione sono tra le leve più potenti dello sviluppo sostenibile, il riconoscimento del ruolo delle biblioteche (di tutte le biblioteche) nelle politiche e nei sistemi educativi è un tornante impervio ma ineludibile, che non porta soltanto a una giusta redistribuzione delle opportunità di accesso alla conoscenza e non soltanto a un rafforzamento dei livelli di istruzione e formazione di giovani e adulti. Il ruolo (che possiamo definire ‘facilitante’) delle biblioteche è decisivo per la diffusione di consapevolezza civile e sociale, perché tutti possano sviluppare le proprie competenze di vita, di relazione solidale con gli altri, di protagonismo responsabile nella sfera digitale, perché siano patrimonio condiviso sia il rispetto della dignità umana e dei diritti delle generazioni che verranno sia la sensibilità culturale per i destini inscindibili del mondo umano e del mondo naturale.
Le biblioteche possono positivamente spendersi anche per l’espansione dei diritti di cittadinanza scientifica, da annoverare fra quelli di primaria importanza nella società che ci siamo abituati a chiamare ‘dell’informazione e della conoscenza’:
Con la scienza che entra in maniera così vasta e sistematica nelle nostre vite, noi tutti abbiamo bisogno di informazione e conoscenza scientifica. Ne consegue che la comunicazione pubblica della scienza è diventata un bisogno sociale diffuso. Un elemento, primario appunto, della democrazia [Greco, 2020, p. 370].
Siamo invece tutti colpiti dalla vastità dei fenomeni contemporanei di appiattimento e rigetto dei saperi, di allontanamento del senso comune dal pensiero scientifico, fenomeni di cui web e social network globalizzano la portata e che sono esplosi nei mesi della pandemia di Covid-19, in forma di negazionismo, complottismo e campagne no-vax. La conoscenza scientifica resa disponibile e accessibile ai cittadini, la sua comunicazione trasparente, la partecipazione attiva dei cittadini stessi nei progetti di ricerca (per esempio, con la raccolta di dati sull’inquinamento ambientale) sono pilastri irrinunciabili della sostenibilità, anche perché generano ‘anticorpi’ che contrastano le derive ‘patologiche’ dell’ecosistema digitale e migliorano la qualità democratica delle relazioni nell’infosfera. In materia di cittadinanza scientifica (alludendo qui, con qualche forzatura, da un lato all’impatto della comunicazione scientifica aperta e diffusa, dall’altro al coinvolgimento dei cittadini) c’è una responsabilità che tutta la comunità della ricerca dovrebbe fare propria, evitando di arroccarsi nel fortino degli specialismi e della ‘separatezza’ accademica, dopodiché è altrettanto evidente che le biblioteche sono, o possono farsi, veicolo irrinunciabile di cultura scientifica e pratiche open ma anche dirette protagoniste dei progetti di citizen science.
Biblioteche per gli SDGs: gli altri obiettivi
Sono poi solitamente ritenuti rilevanti per il settore molti altri SDGs.
Per l’obiettivo 3 (salute e benessere) si valorizzano la selezione di fonti attendibili in materia sanitaria e gli accessi mirati che le biblioteche pubbliche assicurano ai cittadini.
Per l’obiettivo 5 (parità di genere) si menzionano la disponibilità di spazi equi e inclusivi per le donne e le ragazze, l’organizzazione di eventi e letture sui diritti femminili e sulla lotta contro la violenza sessuale e le molestie, i percorsi formativi dedicati (information literacy, uso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione), le agevolazioni nell’accesso alle risorse documentarie.
Per le prospettive di lavoro dignitoso e crescita economica (obiettivo 8) si segnalano le opportunità di accesso alle tecnologie e alla rete, nonché quelle formative per le professioni di cui le persone possono avvalersi in biblioteca, l’assistenza offerta a chi è in cerca di occupazione e più in generale l’influsso della biblioteca sulla vita economica locale.
All’ambito dell’obiettivo 9 (imprese, innovazione e infrastrutture) si associano due constatazioni: le biblioteche sono esse stesse componenti infrastrutturali (di tipo sociale, culturale, tecnologico); le biblioteche accademiche, soprattutto sostenendo l’open access, sono indispensabili alla ricerca e alla comunicazione scientifica.
L’obiettivo 10 (riduzione delle disuguaglianze) è riferito tanto alla presenza inclusiva, libera e civica dello spazio bibliotecario nelle comunità quanto agli accessi gratuiti e aperti all’informazione e ai servizi educativi e sociali.
Si osserva, inoltre, che per avere città e insediamenti umani inclusivi e sostenibili (obiettivo 11) occorre contare sugli sforzi che le biblioteche possono compiere in varie direzioni: costruzione di comunità resilienti, rafforzamento del capitale sociale, attenzione alle minoranze e ai gruppi sociali svantaggiati, rimozione delle barriere che ostacolano l’accesso alla conoscenza, conservazione e protezione del patrimonio e delle memorie culturali.
Ai traguardi collegati agli obiettivi 12 (consumo e produzione responsabili) e 13 (lotta contro il cambiamento climatico) è essenzialmente riconducibile la fisionomia della biblioteca ‘verde’: architettura e edilizia bibliotecaria green-oriented; comportamenti eco-compatibili nelle biblioteche (smaltimento mirato e riciclo dei materiali; risparmio di carta, acqua, energia; minor consumo di plastica ecc.); educazione ambientale (e dunque l’insieme di specifiche risorse fisiche e digitali organizzate, servizi, attività che concorrono a edificare comunità più sensibili e consapevoli rispetto ai danni arrecati all’ambiente dai comportamenti umani) [Hauke - Charney - Sahavirta, 2018; Di Domenico, 2020; Beutelspacher - Meschede, 2020].
Le mete dell’obiettivo 16 (pace, giustizia e istituzioni solide) sono proprie della biblioteca pubblica, della sua funzione inclusiva, democratica e di interazione sociale, del suo insediamento valoriale e operativo nel campo dei diritti umani e civili, del presidio che essa rappresenta per le libertà fondamentali e l’accesso pubblico alle informazioni [Chu, 2020].
Infine, a supporto dell’obiettivo 17 (partnership per gli obiettivi), è universalmente riconosciuto l’impegno IFLA.
La biblioteca sostenibile alla prova della pandemia di Covid-19
Dentro il frame sin qui abbozzato, la correlazione globale fra digitale e sostenibilità ha assunto un inevitabile significato, ora trasversale ora dialettico, investendo, su tutte, due problematiche, di cui le biblioteche stanno imparando a cogliere la portata: a) rendere sostenibile il digitale e b) mettere il digitale al servizio dello sviluppo sostenibile. È del resto difficile immaginare un futuro sostenibile che non sia anche un futuro digitale, che non poggi sull’alleanza virtuosa fra economia e cultura sostenibili ed economia e cultura digitali.
Il punto a) implica anche la definizione di modelli e prassi per la sostenibilità (ancora una volta ambientale, sociale ed economica) della biblioteca e delle collezioni digitali [Kempf 2020; Sardo, 2020; De Robbio, 2020]; il punto b) ci induce a ragionare su come la sostenibilità sorretta dal digitale possa diventare una componente primaria della cultura e dell’identità della biblioteca e anche aiutarla a rilanciare il proprio ruolo. Ciò potrà accadere se non ci si accontenterà di iniziative frammentarie e se affiorerà qualcosa di più: una visione peculiare, una narrazione conseguente, un nuovo collante organizzativo, un modo di progettare, erogare e comunicare i servizi digitali per lo sviluppo sostenibile che sia di vantaggio per gli enti di appartenenza e che generi effettivi e valutabili benefici per la comunità servita.
La correlazione globale fra digitale e sostenibilità dev’essere però riletta alla luce della crisi, anch’essa globale, originata dalla terribile e dolorosa pandemia di Covid-19:
[…] la radicale novità del Covid-19 sta nel fatto che è all’origine di una megacrisi, composta dall’insieme di crisi politiche, economiche, sociali, ecologiche, nazionali, planetarie che si sovrappongono le une alle altre, e hanno componenti, interazioni e indeterminazioni molteplici e interconnesse, in una parola complesse, nel senso originale del termine complexus, cioè ‘tessuto insieme’.
La prima rivelazione fulminante di questa crisi è che tutto ciò che sembrava separato in realtà è inseparabile [Morin, 2020, p. 23].
La pandemia è una moltiplicatrice di complessità: le emergenze globali e locali messe a fuoco dall’Agenda 2030 ne escono drammaticamente aggravate (aumento della povertà, delle disuguaglianze, della disoccupazione, della distanza tra le generazioni) o perlomeno imposte con inaudita forza di disvelamento e potente impatto cognitivo ed emozionale (ciò che lega la salute del pianeta a quella dei suoi abitanti, per esempio). Al tempo stesso, le risposte da affidare ai programmi dello sviluppo sostenibile si fanno da un lato più pressanti, dall’altro (ancora) più difficili.
E più difficile si fa il compito delle biblioteche, che pure hanno reagito, cercato e trovato rimedi, appreso non poche lezioni. In questo sofferto periodo di distanziamento, il digitale e il web sono stati al centro di una sorta di ‘sostenibilità contingente’ anche per le biblioteche, le quali hanno scommesso, più che in precedenza e con buoni risultati, sull’offerta di risorse, contenuti e servizi a distanza, sull’uso delle piattaforme di comunicazione e dello streaming, sulla possibilità di valorizzare gli spazi digitali in chiave di collaborazione, formazione, incontri, condivisione di esperienze.
La crisi innescata dalla pandemia ha impresso un’accelerazione a processi già avviati in precedenza, ne ha rallentati altri, ma la verità è che ha cambiato l’agenda delle biblioteche e ha intimato ripensamenti necessari, massimamente per ciò che attiene alla concezione e all’uso degli spazi e all’ibridazione dei servizi erogati nello spazio fisico e dei servizi accessibili in ambiente digitale. Alcune soluzioni rimarranno – è sensato ipotizzarlo – anche in futuro, quando finalmente potremo dare stabilità e forma compiuta a una nuova, e forse diversa, normalità.
Certo, la chiusura, anche solo parziale, dei servizi tradizionali e degli spazi fisici ha rischiato di travolgere i preesistenti modelli di comunicazione e di relazione tra biblioteche e comunità, anche là dove essi erano più forti e radicati (come nel caso delle biblioteche accademiche): un allarme, una spia rossa. Ma poi, la stessa opzione digitale reca in sé una contraddizione, trova un ostacolo nelle molteplici manifestazioni del digital divide (che adesso, più che mai, sconfina nel cultural divide), piuttosto pronunciate nelle recenti esperienze di didattica a distanza. Per trasformare la sostenibilità e la sua alleanza con il digitale da risorse di contrasto eccezionali a leve di progettazione del futuro, è su queste contraddizioni che occorre intervenire ed è della densità e qualità delle proprie relazioni che la biblioteca deve prendersi cura.
Nel rimandare al volume su Il paradigma della biblioteca sostenibile [Di Domenico, 2021], in cui vengono sviluppati i diversi spunti offerti dal tema, c’è forse spazio per un’ultima osservazione (oppure un quesito), che ha a che fare con il sostrato latamente ‘umanistico’ della sostenibilità. Non a caso, alle ragioni (e alle passioni) di un nuovo umanesimo, variamente prefigurato e interpretato ma in grado di abbracciare più culture, si rifanno alcuni degli autori che ho richiamato in precedenza: Ceruti e Bellusci parlano di «un’avventura nuova e ‘complessa’ dell’umano sotto il profilo non solo economico, ma etico, politico e antropologico» [Ceruti - Bellusci, 2020, p. 93]; Floridi disegna i contorni del «progetto umano per il secolo digitale» [Floridi, 2020, p. 254]; Giovannini auspica «un nuovo paradigma dello sviluppo umano, pienamente degno di questo nome e rispettoso dei limiti planetari» [Giovannini, 2018, p. X]; per Morin,
L’umanesimo è in crisi di fronte alle derive e ai ripiegamenti nazionalisti, ai nuovi fenomeni di razzismo e xenofobia, al primato dell’interesse economico su tutti gli altri. La coscienza della comunità di destino degli umani dovrebbe rigenerarlo e dare un carattere concreto al suo universalismo finora astratto; ciascuno potrà allora sentire la propria integrazione nell’avventura dell’umanità [Morin, 2020, p. 51].
Tentare di costruire un paradigma della biblioteca sostenibile significa chiedersi se questa avventura dell’umano, questo progetto, questo sviluppo (solo potenziali, non scontati) possano fare a meno delle biblioteche e se esse ambiscano a esserne protagoniste.