N.2 2021 - Visioni, sogni, utopie: la biblioteca possibile e il mondo delle idee

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Il Rolex Learning Center: tra innovazione e utopia, al servizio della sua comunità

Lorenza Salvatori

Bibliothèque, École polytechnique fédérale de Lausanne lorenz.salvatori@gmail.com

Per tutti i siti web la data di ultima consultazione è il 30 ottobre 2021.

Si ringrazia Caroline Bosia, responsabile del settore Soutien au Pilotage et à l’Innovation della Bibliothèque de l’EPFL, per la preziosa rilettura, ricca di spunti e suggerimenti.

Abstract

Il Rolex Learning Center, iconico edificio progettato dagli architetti Kazuyo Sejima e Ryūe Nishizawa dello studio giapponese Sanaa, viene inaugurato a Losanna nel 2010. Un elemento visivamente dirompente si inserisce così all’interno del campus dell’École polytechnique fédérale de Lausanne (EPFL) con l’ambizione di innovare (non solo architettonicamente) l’offerta dell’EPFL alla sua comunità.

Partendo dalla descrizione del contesto in cui il Rolex si è integrato, l’articolo intende tracciare un primo bilancio, a dieci anni dall’apertura, rispetto all’obiettivo iniziale di avere una maison des étudiants che fosse anche un learning center.

English abstract

The Rolex Learning Center, an iconic building designed by Kazuyo Sejima and Ryūe Nishizawa of the Japanese architectural firm Sanaa, was inaugurated in Lausanne in 2010. A visually disruptive element is thus inserted into the campus of the École polytechnique fédérale de Lausanne (EPFL) with the ambition to innovate (not only architecturally) the offer of the EPFL to its community.

Starting from a description of the context in which the Rolex has been integrated, the article aims to draw a first balance, ten years after its opening, on the initial goal of having a maison des étudiants as learning center.

Premessa

Il Rolex Learning Center, iconico edificio progettato dagli architetti Kazuyo Sejima e Ryūe Nishizawa, fondatori dello studio giapponese Sanaa, viene inaugurato a Losanna nel 2010. Un elemento visivamente dirompente si inserisce così all’interno del campus dell’École polytechnique fédérale de Lausanne (EPFL) con l’ambizione di innovare (e non solo architettonicamente) l’offerta dell’EPFL alla sua comunità, e in primis ai suoi studenti.

Comunemente chiamato il Rolex, questo spazio nasce come progetto ambizioso: luogo ed edificio simbolico, biblioteca, spazio educativo e insieme di loisirs, interdisciplinare, fluido, interattivo e creativo, al contempo «pubblico e intimo» [Bouton - Kratz, 2018]. Ma a dieci anni dall’apertura possiamo dire che queste aspettative siano state rispettate? Che l’obiettivo prefissato, cioè di diventare la maison des étudiants, sia stato raggiunto?

Per provare a tracciare un bilancio, seppur sommario, è necessario definire il contesto in cui questo elemento si è integrato, quale visione voleva incarnare e in che modo è stato (se lo è stato) in grado di rispondere al bisogno delle comunità che ne avrebbero fatto uso.

Il campus e la comunità dell’EPFL

L’Ecole Polytechnique Fédérale de Lausanne viene ufficialmente fondata nel 1969, come naturale evoluzione di quella che nacque nel 1853 come Ecole Spéciale de Lausanne, ed è insieme alla sua omologa a Zurigo (Eidgenössische Technische Hochschule Zürich, ETHZ) uno dei due politecnici federali svizzeri.

Sviluppata su cinque facoltà e due collegi, e centrata sulle sue tre missioni – formazione, ricerca e innovazione – conta oggi una comunità di circa 18.000 persone, di cui oltre 11.000 studenti (triplicati nel corso degli ultimi 30 anni).

La tendenza alla crescita in termini di affiliati si è accompagnata a un progressivo aumento del suo cosmpolitismo. Il 40% degli studenti è infatti straniero (sono rappresentate oltre 120 nazionalità differenti) e questa percentuale aumenta al 60% se analizziamo i dati del corpo accademico.

Per rispondere a questa crescita importante, il campus dove si trova attualmente la scuola politecnica, e i cui primi edifici risalgono alla fine degli anni Settanta, si è parallelamente espanso nel corso degli anni, con un’accelerazione più marcata nell’ultimo decennio. Questa accelerazione ha visto, oltre alla crescita e allo sviluppo di nuove aree, anche l’inaugurazione di diversi edifici molto ambiziosi da un punto di vista architettonico. L’apertura del Rolex Learning Center nel 2010 è stata infatti seguita a breve distanza dall’inaugurazione del SwissTech Convention Center (2014) e dell’EPFL Pavilions (2016). Questa espansione ha varcato anche i confini del campus losannese con l’apertura dei cosiddetti campus associés in cinque altri cantoni svizzeri e di un distaccamento in Medio Oriente.

Figura 1 Ecole Polytechnique Fédérale de Lausanne (EPFL)

La Bibliothèque de l’EPFL

All’interno di questo microcosmo universitario, si integra fin da subito la biblioteca. Istituzione pubblica, ma con una vocazione spiccatamente accademica e al servizio del suo pubblico specifico, nasce con un polo centrale (Bibliothèque Centrale), avente come pubblico principale quello studentesco, affiancato da nove biblioteche disciplinari, con orientamento di ricerca.

La crescita progressiva dell’EPFL e i nuovi bisogni, dettati soprattutto dall’espansione delle risorse digitali e da un accesso sempre più massiccio a internet, hanno obbligato la biblioteca, agli inizi degli anni Duemila, a rivedere la sua offerta e la sua stessa struttura.

C’era bisogno da un lato di nuovi spazi, che fossero adeguati all’aumento costante della frequentazione, e che non fossero frammentati sul campus in dieci poli diversi. Dall’altro, era necessario un adeguamento dei servizi, con l’obiettivo di rispondere alle esigenze in costante mutazione del proprio pubblico, composto da studenti e ricercatori, ciascuno con un approccio diverso al digitale, con bisogni specifici rispetto alla documentazione e una necessità, in un caso molto forte e nell’altro pressoché inesistente, di un luogo fisico in cui poter lavorare.

Inoltre all’EPFL iniziano a innestarsi nuovi modelli di formazione e apprendimento, che favoriscono un approccio pedagogico più partecipativo. Immaginare uno spazio che favorisca il lavoro personale (tanto individuale che di gruppo), accompagnato dalla possibiltà di accedere a risorse e dati in modo proattivo, di sfruttarli, di lavorare su di essi con un approccio critico e collaborativo sembrava essere la logica conclusione di questo ripensamento. E un approccio di questo tipo non avrebbe potuto trovare adeguato spazio nelle biblioteche già esistenti sul campus, scollegate fra di loro e non predisposte a questo approccio.

Questo processo di cambiamento si inseriva perfettamente nella più ampia riflessione avviata nel 2003 all’interno dell’EPFL, avente come obiettivo la trasformazione della ‘scuola tecnica di ingegneri’ in una università capace di inserirsi ad alto livello nei ranking internazionali, con un campus adeguato, luogo non solo di studio e di ricerca, ma anche di vita sociale. Su chiara volontà dell’allora presidente Patrick Aebischer, in questo nuovo campus avrebbe dovuto trovare spazio la biblioteca del futuro, un learning center, adatto a servire al meglio la propria comunità scientifica [Rittmeyer - Aymonin - Joye, 2007] e capace di diventare la maison des étudiants, in cui gli studenti potessero trovare servizi di vario genere e livello, corrispondenti ai diversi momenti e bisogni del loro quotidiano (studio, ristorazione, svago, carriera, associazionismo).

Dall’espressione della volontà politica del presidente alla realizzazione del progetto, ci sono state diverse tappe: la definizione degli obiettivi, le visite ad altre realtà diverse a cui potersi ispirare, la costituzione di focus group per ascoltare le esigenze e le esperienze degli utenti (bibliotecari, studenti, ricercatori e dottorandi, professori e altri utenti). Grazie a questi lavori preparatori, vennero formalizzati specifiche e bisogni di questo nuovo edificio da mettere a disposizione degli studi di architettura che si sarebbero proposti per realizzare il progetto.

Figura 2 Rolex Learning Center

Il Rolex Learning Center

Il modello del learning center, nato nel Regno Unito agli inizi degli anni Duemila e divenuto molto popolare non solo nei paesi anglofoni (UK e Stati Uniti) ma anche in quelli francofoni nel decennio successivo, sembrava offrire una risposta per concretizzare quella che il presidente dell’EPFL aveva definito la biblioteca del futuro.

Pensati attorno all’elemento centrale della biblioteca, i learning center si propongono come luoghi di apprendimento e di vita, che offrono al contempo servizi e funzionalità culturali e sociali. Le biblioteche, che ne rappresentano il nucleo, sono portate quindi ad ampliare la propria palette di servizi, a mettere a disposizione apparecchiature informatiche in libero accesso per il pubblico, e creare degli spazi che siano accoglienti e che offrano condizioni propizie per un ‘soggiorno prolungato’ dei propri utenti. La funzione pedagogica, come indicato dal nome stesso, ne diventa inoltre una componente essenziale.

La qualità (anche estetica) dell’edificio deve essere elevata, e deve permettere una coabitazione equilibrata fra le zone di lavoro e quelle di socialità o relax. Inoltre, all’ampliata offerta di servizi, si deve aggiungere anche un’estensione importante degli orari di apertura.

Tra le caratteristiche del learning center, il mobilio deve essere diversificato per offrire ai suoi utenti modalità diverse di sfruttamento degli spazi (dal binomio classico sedia/tavolo si passa un’ampia varietà di sedute, come pouf, poltrone, divanetti). Gli spazi sono di frequente semi-aperti, così come i materiali utilizzati sono trasparenti, per offrire una separazione tra funzioni e servizi che non comporti necessariamente l’isolamento. La modularità e la multifunzionalità sono un altro elemento ricorrente, per rendere gli spazi adattabili a molteplici funzioni e bisogni.

Infine, questi edifici lasciano spesso un segno sul tessuto (urbano) circostante, per il loro consistente impatto architettonico, abbinato a un uso sapiente della trasparenza dei materiali capace di rendere più evidente e reale la compenetrazione e l’apertura sul contesto in cui si inseriscono.

La sfida diventa quindi costruire un equilibrio, delicato ma necessario, tra uno spazio fisico, delle collezioni cartacee e dei servizi dematerializzati [Roche, 2015].

Le caratteristiche così definite del learning center sembrano dunque offrire una risposta adeguata alle aspettative politiche e ai requisiti concreti individuati durante il lavoro preliminare fatto in vista del lancio del concorso per la costruzione del nuovo edificio.

Il concorso si apre nel 2004 e i progetti presentati sono oltre 180. Tra essi ne vengono selezionati 12 per il secondo turno. Quello dello studio giapponese Sanaa ha la meglio, proponendo un edificio concepito come un unico grande spazio aperto di circa 20.000 m2, con delle aree in piano, altre curvilinee, e dei patii a intervallare gli spazi. Queste peculiarità avrebbero permesso di separare, pur senza costruire muri, i diversi servizi al suo interno e al contempo di connetterli in modo armonioso e naturale.

I lavori di costruzione iniziano nel 2007 e il Rolex viene inaugurato al pubblico tre anni dopo, aprendo le sue porte sette giorni su sette, dalle sette del mattino fino alla mezzanotte, 363 giorni l’anno.

Da subito l’edificio diventa un simbolo, non soltanto del politecnico, ma della città di Losanna che lo ospita (è sempre presentato come flagship building nelle indicazioni turistiche), e anche per la Svizzera stessa (viene scelto, ad esempio, per siglare l’accordo sul nucleare tra Iran e Stati Uniti, i cui negoziati si erano tenuti a Losanna).

Nei 20.000 m2 del Rolex trovano spazio, oltre alla biblioteca e senza soluzione di continuità, numerosi altri servizi, quali l’Association générale des étudiantes, gli Alumni, il Center for Digital Education e la MOOC Factory, il Centre d’appui à l’enseignement, il Laboratoire d’ergonomie educative, il Centre de carrière, le EPFL Press, un auditorium da 600 posti, una libreria, dei punti di ristorazione, una banca e il parcheggio. Negli anni alcuni di questi servizi hanno chiuso (la mensa e l’agenzia di banca) e altri si sono trasferiti (l’associazione degli studenti, il centro di sostegno all’insegnamento e la MOOC Factory), e altri si sono inseriti, come ad esempio le postazioni di bookcrossing.

L’edificio lascia anche ampie aree vuote, per permettere agli utenti di appropriarsi degli spazi adattandoli all’uso che desiderano farne, e con la libertà di poter passare liberamente tra di essi.

La frequentazione del Rolex è intensa e continuativa, ma non esistono cifre relative agli ingressi nell’edificio nel suo complesso. Sappiamo invece (grazie ai portici che delimitano gli ingressi all’area dedicata specificamente alla biblioteca) che tra le 800.000 e il milione di persone varcano le porte della biblioteca ogni anno, con picchi di 6.000 persone al giorno durante le revisioni per gli esami. Si può quindi stimare che gli ingressi al Rolex che, come detto, offre ulteriori zone di lavoro, oltre che di relax, anche al di fuori del perimetro della biblioteca, siano ancora più consistenti. Queste cifre sono un chiaro indice del fatto che lo spazio a disposizione, esteticamente bello, calmo e luminoso, crea un quadro ideale perché gli utenti possano appropriarsene.

Nel Rolex Learning Center i posti a sedere disponibili (nelle aree della biblioteca) sono 860, divisi in zone silenziose e in zone calme e di lavoro collaborativo. Ci sono inoltre pouf e poltroncine che permettono di sfruttare gli spazi non soltanto per lo studio ma anche per il relax, in un continuum tra l’area della biblioteca propriamente detta e le altre zone. Per il lavoro in gruppo sono invece disponibili (su prenotazione) dieci piccole sale di riunione all’interno di ‘bolle’ trasparenti. A disposizione del pubblico, inoltre, ci sono stampanti multifunzione, delle flip chart, dei punti di ricarica mobili per telefoni e computer, un armadietto di ricarica per tablet e telefoni, e un help desk informatico che offre anche un servizio di prestito di computer portatili (i posti informatici fissi all’interno del Rolex sono stati ridotti all’essenziale).

La biblioteca occupa 5.100 m2 dell’intero edificio. Nel progetto ambizioso di costruzione del Rolex, un elemento fondamentale è stato rendere possibile, come detto, la fusione in uno spazio unico della biblioteca centrale e delle nove biblioteche specialistiche (per un totale di circa 400.000 documenti cartacei, tra monografie e periodici) e dei loro bibliotecari (50 persone).

Ancor più ambizioso è stato però centrare l’obiettivo di offrire quanto più spazio possibile agli utenti, riducendo quello delle collezioni cartacee da mettere a disposizione [Aymonin - Guignard, 2010]. Il lavoro dei bibliotecari è stato cruciale per realizzare questo passaggio. Un focus sui contenuti più pertinenti e un miglioramento della selezione del materiale sono stati affiancati da nuovi modelli di messa a disposizione delle collezioni, passando dal just in case al just on time [Guignard, 2013]. A tutto ciò si è aggiunto uno spostamento progressivo e costante verso lo sviluppo delle collezioni in formato elettronico [EPFL. Bibliothèque, 2015].

Anche a fronte di questo cambiamento, il ruolo delle risorse documentarie in formato cartaceo è rimasto comunque importante. Le opere di maggiore consultazione sono state suddivise per macroaree tematiche (“Sciences”, “Techniques et Mathematiques”, “Art et Architecture”, “Sciences et Societé”); una sezione speciale, e di certo la più consultata, è dedicata ai testi di riferimento indicati nei corsi di bachelor e master dell’EPFL. Grazie alla gestione dinamica delle collezioni viene inoltre effettuata una regolare analisi dell’uso dei volumi, in modo da poter eliminare cio che non viene consultato e collocare nel piano seminterrato all’interno dei compactus quelle di moderata consultazione.

Tutti i volumi (compresi quelli nel seminterrato) sono a scaffale aperto e gli utenti possono fare il prestito in autonomia attraverso le postazioni di self-checkout.

I bibliotecari, che hanno i loro uffici in un grande open space all’interno del Rolex, sono a disposizione degli utenti al banco al pubblico per prestiti, reference e informazioni, dal lunedi al venerdì, dalle otto del mattino alle otto di sera.

Nel corso degli anni, e alla luce dell’utilizzo del Rolex Learning Center, sono emerse diverse criticità e nel 2017 la biblioteca ha ricevuto il mandato di formulare delle proposte per migliorare lo spazio e i suoi utilizzi. Partendo da un lavoro di analisi tanto degli usi dell’edificio e dei suoi servizi, che dei bisogni dei suoi ‘abitanti’, sono stati individuati alcuni elementi importanti sui quali costruire delle proposte concrete e delle raccomandazioni.

Tra le analisi fatte, particolarmente interessante è stata quella del seating sweeps, che ha permesso di osservare le pratiche degli utenti rispetto all’uso degli spazi. Le aree della biblioteca (e in particolare le sue ‘zone silenzio’) sono sfruttate principalmente da chi lavora da solo; le ‘bolle’ trasparenti, gli spazi della ristorazione e tutte le aree informali (al di fuori del perimetro della biblioteca) sono invece il luogo d’elezione di chi lavora in gruppo o di chi ha bisogno di uno scambio continuo; le aree in pendenza – sulle cosiddette ‘colline’ del Rolex – sono invece utizzate come zona di relax, di riposo o per mangiare.

Questi elementi, combinati con il riscontro avuto dagli utenti tramite un sondaggio fatto tra gli studenti dell’EPFL e grazie agli incontri con rappresentanti della vita accademica e studentesca (associazioni studentesche, rappresentanti nell’assemblea del politecnico), hanno permesso al gruppo di lavoro della biblioteca di individuare i principali punti critici e i bisogni prioritari e da questi formulare delle proposte.

Per quanto riguarda gli spazi di lavoro individuali, oltre a una richiesta di incremento, è stato espresso un bisogno di potersi maggiormente isolare in modo efficace dagli altri utenti. Per far fronte a questa richiesta, la biblioteca ha integrato in varie zone delle postazioni di lavoro mobili (‘alcove’) capaci di isolare dall’ambiente circostante (individuali e per 2/4 persone).

Per gli spazi di lavoro in gruppo, nel Rolex Learning Center non sono presenti sufficienti aree dedicate e attrezzate, non ci sono aule e in generale gli spazi hanno una limitata, se non inesistente, modularità (causata, tra l’altro, dai vincoli architetturali come le pendenze). La biblioteca, per supplire a questa carenza, ha già riconvertito uno spazio espositivo (esterno al suo perimetro), utilizzato per mostre o per valorizzare il suo fondo antico, attrezzandolo per il lavoro di gruppo e ha in programma un progetto analogo su un’altra area all’interno dei suoi spazi. Per quanto riguarda infine le aree relax, sono state attrezzate due postazioni dedicate ai videogiochi e un angolo con divanetti e poltrone nell’area accanto alle riviste.

Il fatto che sia stata la biblioteca a prendere l’iniziativa e a sopperire, almeno parzialmente, a mancanze anche ‘strutturali’ nella messa a disposizione degli spazi, dimostra come le diverse dimensioni e funzioni che convivono nell’edificio siano rimaste fluide e interconnesse, come da progetto iniziale.

Quel che invece del progetto, malgrado l’ambizione iniziale, non si è realizzato è stata la sua missione pedagogica. Lo spazio fisico non ha saputo offrire un contesto adeguato a rendere il Rolex un learning center nel senso proprio del termine. La biblioteca, che negli anni ha incrementato il suo programma di formazione (rivolto, e adeguatamente profilato, a studenti, dottorandi e ricercatori), è dovuta uscire non solo dal suo perimetro ma, paradossalmente, anche dalle mura del learning center per trovare degli spazi adeguati a offrire i suoi corsi.

In conclusione, possiamo dire che il Rolex Learning Center si è creato uno spazio importante nell’immaginario collettivo, come edificio iconico, riconoscibile, innovativo da un punto di vista architettonico e spesso forse anche idealizzato rispetto alla sua reale quotidianità.

Il suo impatto visivo ha fornito ad esempio lo spunto ed è diventato lo sfondo (univocamente identificabile) per diverse campagne di comunicazione originali e non convenzionali ideate della biblioteca (come ad esempio le parodie di Star Wars) per informare gli studenti dei servizi di base o ricordare le regole per l’uso degli spazi.

Di certo è diventato un luogo centrale per la comunità studentesca losannese, capace di attirare non solo gli studenti dell’EPFL ma anche quelli della vicina Université de Lausanne, oltre che un pubblico non universitario. Se la comunità dei ricercatori ha sempre utilizzato in maniera prioritaria i servizi specifici di supporto alla ricerca proposti dalla biblioteca, piuttosto che gli spazi fisici del Rolex e le sue collezioni cartacee, gli studenti ne hanno invece fin da subito approfittato. Pur non essendo quindi diventato la maison des étudiants come da visione e progetto iniziale, con questa palette di servizi capace di rispondere ai bisogni degli studenti nelle loro diverse esigenze e sfaccettature, ha certamente consolidato il suo essere un punto di riferimento fondamentale per la comunità studentesca, che in esso ha trovato uno spazio accogliente di studio e di aggregazione.