Non dare mai nulla per scontato
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Quando si è fortemente - forse ‘troppo’, oserei dire - convinti della bontà della causa in cui crediamo si corre il pericolo di dare per scontate tante cose e di non porsi il problema di come gli ‘altri’ percepiscono le cose che facciamo.
Vale anche per le biblioteche. Per la comunità che si riconosce nelle pagine di questa rivista – vale per gli autori e per chi contribuisce a produrne i fascicoli, ma anche per chi la legge – è ovvia la certezza della utilità sociale delle biblioteche e spesso rischiamo di non chiarire più neppure a noi stessi le ragioni su cui si fonda questa certezza. Ma siamo proprio sicuri che sia così per tutti, per chi le biblioteche le frequenta (o dovrebbe frequentarle), per chi – con maggiore o minore consapevolezza – è portatore di bisogni che nelle biblioteche potrebbero trovare soddisfazione, e, cosa forse più importante ancora, per chi dovrebbe istituirle e finanziarle, affidando loro un compito preciso per la crescita, la formazione e il benessere degli individui e della società?
I cittadini stanno trasferendo i propri stili di vita e le proprie pratiche culturali in uno scenario diverso, che in molti casi non prevede l'esistenza delle biblioteche. In un'epoca contrassegnata da transizioni rapide e radicali basta poco per ritrovarsi ‘fuori mercato’, ai margini dei circuiti di produzione e circolazione della conoscenza.
Di fronte alle trasformazioni che si sono susseguite nel primo quarto di questo XXI secolo – e ci riferiamo non solo alla rivoluzione digitale e alle sue conseguenze ma anche a eventi tragici come la pandemia e agli effetti che ha prodotto nei comportamenti umani – assistiamo a fenomeni contraddittori: da una parte un generalizzato calo dei frequentatori delle biblioteche e la tendenza al loro definanziamento, cui fanno riscontro però ingenti investimenti per la realizzazione di nuove e importanti istituzioni bibliotecarie un po' ovunque, perfino in un paese come il nostro che non si è mai distinto in questo ambito. Queste realizzazioni sono soltanto il frutto della testardaggine di qualche bibliotecario o di pochi amministratori, oppure c’era un ‘bisogno di biblioteca’ che i promotori e i progettisti di questi nuovi istituti hanno ritenuto di dover intercettare?
Sono interrogativi che si sono manifestati a noi in modo prepotente e che abbiamo voluto condividere. Ventidue autori hanno risposto al quesito che abbiamo posto: il risultato che ne emerge non è tanto un florilegio di ipotesi e previsioni, ma un ventaglio di indicazioni sulle iniziative che potrebbero e dovrebbero essere messe in campo per mantenere e rafforzare il radicamento delle biblioteche, arricchendone l’offerta.