Vol. 5 n°1 - Valutare la biblioteca
Articoli
Roberta Montepeloso, Tommaso Paiano
Ruolo e valore sociale di una biblioteca pubblica: il caso di Senigallia
Camilla Fusetti , Enrico Tagliani
Analizzare per innovare: uno studio sull’usabilità dei cataloghi Discovery NG con strumenti di web analytics
Maurizio Vedaldi , Beatrice Catinella
Valutazione dei costi delle attività delle biblioteche di un sistema bibliotecario di ateneo: metodologia e possibili sviluppi
Domenico Ciccarello
Biblioteche accademiche, comunicazione scientifica e valutazione della ricerca: nuovi ruoli e sfide per i bibliotecari delle università
Mauro Guerrini
La biblioteca integrata: nuovi modelli, nuove tecniche, alcune esperienze europee e italiane
Editoriale
«Dobbiamo sempre guardare le cose da angolazioni diverse»
«La valutazione è un processo con il quale si stimano l’efficacia, l’efficienza, l’utilità e la rilevanza di un servizio o di una struttura»: il presente fascicolo della rivista si apre con queste parole di Giovanni Di Domenico, ricavate dallo standard ISO 11620 (Library performance indicators).
In questa definizione ritroviamo emblematicamente tutto il percorso che gli studi sulla valutazione hanno compiuto − anche nel nostro paese, a partire dagli anni Novanta del XX secolo – nel tentativo di comprendere, prima ancora che di misurare e valutare, il senso dei servizi bibliotecari. Perché valutare è un modo per conoscere una struttura, non soltanto un modo per metterla in condizione di operare meglio e per accrescerne la qualità.
Cominciammo – uso la prima persona plurale perché ho avuto la fortuna di far parte di quella generazione di bibliotecari e biblioteconomi che in anni ormai lontani si è accostata a questa materia di studio e che ha provato a introdurla nella pratica professionale italiana – col distinguere tra la valutazione dell’offerta di servizi (in cui andavamo a ricercare l’efficacia) e quella del funzionamento interno della biblioteca (e qui provammo a individuare alcuni indicatori di efficienza). Grazie anche alle prime esperienze maturate sul campo e all’attenzione che la comunità dei bibliotecari italiani mostrò nei confronti di questi primi tentativi, prudenti e a volte un po’ goffi, il discorso si è poi allargato e, con il coinvolgimento di una nuova generazione di colleghi, si è cominciato a parlare di metodi qualitativi e di valutazione d’impatto: qui direi che va ricercata l’utilità e la rilevanza della biblioteca.
Nelle pagine che seguono il lettore troverà un ventaglio, a volte solo un assaggio, di questi diversi approcci e modi di osservare le biblioteche, e quindi di intendere la valutazione e il monitoraggio delle biblioteche, del modo in cui utilizzano le risorse disponibili, della loro interazione con gli utenti, del loro rapporto col territorio e col contesto in cui operano.
Leggeremo, per esempio, un contributo dedicato ai “fondamentali”: come altrimenti potremmo classificare la ricerca sull’interazione tra l’OPAC e mezzo milione di utenti della Rete bibliotecaria bresciana? Ma valutare un’attività ha sempre lo scopo di migliorarla, ed ecco che quello studio si propone di far evolvere il catalogo. Far conoscere le buone pratiche serve anche a renderle replicabili, e in questo caso mi sembra apprezzabile il fatto che quel processo valutativo si sia avvalso di strumenti molto potenti ma liberamente accessibili.
In un altro articolo si discute di un’applicazione delle metodologie di valutazione al monitoraggio dei costi di gestione di un sistema bibliotecario di ateneo: rapportare l’efficienza dei processi e le azioni organizzative poste in essere al livello di soddisfazione dell’utenza ci conferma che difficilmente avremo buoni risultati all’esterno se prima non avremo messo ordine all’interno. Una biblioteca efficiente può non essere efficace, per tante ragioni, ma è improbabile che una biblioteca possa essere efficace se non si è anche e prima ancora posto l’obiettivo di essere efficiente.
Sempre restando sulle biblioteche accademiche, in un altro contributo vediamo come si è andato ampliando col tempo il loro raggio d’azione e come esse debbano oggi fronteggiare la sfida che le vede al centro di un ecosistema della comunicazione scientifica e della valutazione della ricerca. In molte realtà i bibliotecari delle università svolgono a tutto campo un’azione di supporto al lavoro scientifico di docenti e ricercatori.
Ma questo non è il solo fronte innovativo di cui troviamo traccia in questo fascicolo. Il caso della ricerca condotta a Senigallia utilizzando congiuntamente fonti, metodi e strumenti di monitoraggio diversificati (dati statistici, indicatori, questionari, interviste) rappresenta un buon esempio di come si può stimare il beneficio che una biblioteca è capace di produrre all’interno della comunità di riferimento e di come i cittadini ne percepiscono l’azione.
L’attività di valutazione è in progress e si arricchisce continuamente di sguardi nuovi, di stimoli inediti, di esperienze che progressivamente aprono prospettive di grande interesse e suscettibili di sviluppi importanti. Ne abbiamo conferma dal contributo ospitato nella rubrica “Lavori in corso”, che collega il tema della valutazione dei servizi bibliotecari ai 17 obiettivi di sviluppo sostenibile (Sustainable Development Goals – SDGs) dell’Agenda 2030, al cui interno viene riservato un ruolo centrale e di primissimo piano all’accesso all’informazione. Vi si accenna anche all’uso dei metodi narrativi per misurare l’impatto sociale delle biblioteche.
Come dice il protagonista del film L’attimo fuggente - prendo in prestito questa citazione dal contributo di Chiara Faggiolani - «Dobbiamo sempre guardare le cose da angolazioni diverse». È proprio vero.
Giovanni Solimine